Resoconto del congresso medico: “Ansia e somatizzazioni, appropriatezza terapeutica”

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“Proprio per questa sempre maggiore incidenza di ansia, insonnia e somatizzazioni, si è reso necessario un ripensamento delle strategie terapeutiche da adeguarsi, chiaramente, ai tempi che, chiaramente, sono cambiati. Anche per questo abbiamo deciso di organizzare un convegno multidisciplinare, che è la parte fondamentale di questa giornata di lavoro”. 

Così Roberto Fiorito ha spiegato i motivi che hanno portato l’organizzazione del congresso, che si è tenuto sabato 12 ottobre all’Hotel Nettuno di Catania, dedicato all’ansia e alle somatizzazioni. Convegno promosso da Sc Pharma e coordinato da Antonella Marinaro, responsabile del Sert di Gravina, con la collaborazione di Alessandro Carbonaro, cardiologo al Policlinico di Catania, Maria Castorina, farmacologa, Lucia DanielaRapisarda, fisiatra al Cannizzaro di Catania, e Franca Tiralosi, psicoterapeuta all’Asp di Catania.

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Una giornata di lavoro in cui si è discusso e dibattuto anche sull’utilizzo degli integratori al posto delle benzodiazepine. Tra questi enorme riscontro tra gli specialisti ha avuto il Keryne.

“Abbiamo avuto grande riscontro da tanti medici, ospedalieri, specialisti, ma anche dal medico di famiglia. Tutti  – prosegue Roberto Fiorito – ci riferiscono quotidianamente la buonissima efficacia di questo composto, che effettivamente, ed è la grande novità, può veramente sostituire in tanti casi l’ansiolitico tradizionale, con un grande vantaggio anche in termini di tollerabilità”. 

Numerosi gli interventi che si sono susseguiti durante i lavori del congresso moderato da Luciano Sfogliano, responsabile dell’unità funzionale di medicina del Presidio Morgagni. “L’ansia – ha detto Sfogliano – può essere un sintomo positivo nell’affrontare delle situazioni, ma diventa una vera e propria patologia quando diventa un’ansia endogena che si procrastina. Alla fine degli anni 50 lhanno scoperto le benzodiazepine che sono state e sembravano essere il toccasana dell’ansia. ma tutte le benzodiazepine hanno una durata di terapia abbastanza breve. Anche le case farmaceutiche per evitare l’assuefazione e la dipendenza ne raccomandano l’utilizzo per brevi periodi. Anche per questo è stato fondamentale rivedere il concetto della terapia dell’ansia, portando alla luce altre sostanze che possono essere utilizzate a livello terapeutico e tra queste ci sono certamente gli integratori”.

“Ansia, somatizzazioni e depressione sono in netto aumento nell’ultimo periodo sia in Italia, sia in altri paesi europei – ha detto la farmacologa Maria Castorina – questo a causa della freneticità della vita, dello stress. del logorio. La cosa che preoccupa è il fatto che questi disturbi vengano per la maggior parte autogestiti e mal autogestiti perché si utilizzano delle
molecole che hanno delle potenzialità purtroppo insogene. Se l’ansia diventa bisogna rivolgersi allo specialista e quindi seguire un percorso che sia appunto appropriato. Da sottolineare i dati sulla popolazione giovanile, dati estrapolati dai rapporti del dipartimento delle politiche antidroga: la popolazione di ragazzi dai 15 ai 19 anni purtroppo utilizza psicofarmaci, farmaci per dormire in grande quantità, senza prescrizione medica e questa è l’allarme che bisogna dare alla popolazione generale per far capire che questi farmaci devono essere utilizzati in un determinato modo appunto appropriati ma soprattutto sotto prescrizione medica”.

Numerose le patologie che innescano o si correlano all’ansia, tra queste anche l’insufficienza respiratoria: “E’ una patologia cronica invalidante – spiega Lucia Rapisarda, fisiatra del Cannizzaro di Catania – che determina una grossissima ripercussione sulla qualità della vita, quindi poi anche sulla possibilità di dormire serenamente, sulla qualità del sonno e determina un’importante frustrazione legata alla riduzione dell’abilità.L’ansia è sempre stata gestita storicamente con l’utilizzo delle benzodiazepine, però per il paziente respiratorio non sono esattamente la molecola più indicata, perché ci sono delle ripercussioni a livello respiratorio, di depressione dei centri respiratori, che quindi possono peggiorare poi la problematica ventilatoria di base. Quando parliamo di integratori dobbiamo fare riferimento alla nutracetica di livello perché di integratori ne è pieno il mondo, però bisogna anche avere delle armi che siano un po’ farmaco-like, che siano comunque altamente dosate, che siano comunque sintetizzate nella maniera più corretta possibile”. 

Quando si parla di ansia, poi, non si può non fare riferimento al paziente avanti con gli anni. “Il trattamento dell’ansia nell’anziano – spiega Dario Cannavò, psichiatra dell’Asp di Catania – richiede particolare attenzione. Parliamo di pazienti, di soggetti che sono fragili e il rischio di interazioni farmacologiche o di eventi avversi è assolutamente alto. Ci sono molti warning sulle benzodiazepine nel trattamento degli anziani per gli effetti secondari che possono avere questi farmaci: sedazione eccessiva, riduzione delle performance psicomotoriche cognitive, rischio di cadute, confusione mentale e soprattutto un peggioramento del declino cognitivo e quindi anche con l’evoluzione verso una demenza. E quindi diventano importanti in questi soggetti anche delle terapie alternative che possono garantire anche un livello di sicurezza maggiore rispetto agli altri farmaci e quindi gli integratori hanno un ruolo fondamentale nella gestione dell’ansia nell’anziano sempre sotto il controllo medico”. 

Altro argomento ricco di spunti e assolutamente delicato, ma soprattutto di grande attualità, è l’ansia e le somatizzazioni nell’età evolutiva. Un vero e proprio problema sociale. “C’è una dipendenza enorme dal telefonino – spiega la psicoterapeuta Franca Tiralosi – parliamo di bambini sul passeggino la cui la famiglia sta a mangiare comodamente la pizza mentre loro si trovano col cellulare. In questo senso abbiamo visto un danneggiamento importante del sistema nervoso centrale con una riduzione dell’intelligenza e dello sviluppo dell’intelligenza. La canalizzazione e l’uso di questi strumenti polarizza il funzionamento cerebrale e diminuisce così il funzionamento a 360 gradi perché se sono concentrati su uno strumento non hanno attenzione ad esplorare tutto ciò che lì circonda”. 

Tra gli interventi del congresso anche quello dedicato alla correlazione tra ansia e problemi cardiaci. “Ho sempre creduto – dice Alessandro Carbonaro, cardiologo al Policlinico di Catania –  nell’evoluzione psicosomatica delle cose. Io credo che un sintomo come la palpitazione, il tuffo, il dolore toracico rappresentano il cervello che ci parla. Il cervello in fondo non ha un linguaggio suo ben preciso. Diciamo molto spesso che l’apparato gastrointestinale è l’organo bersaglio del cervello, ma lo è anche il cuore. Il cuore inteso non come malattia cardiaca ma come il cuore che ha una sua espressione di linguaggio. È un modo di parlarci e molto spesso noi non siamo preparati culturalmente ad ascoltare il nostro cuore. E questo quindi ci porta inevitabilmente a creare questa situazione di somatizzazione. Sono malato di cuore, ho una patologia al cuore, devo andare da un cardiologo. Ben vengano questi prodotti come il Karyne di cui parliamo, che riescono a calmierare senza avere però gli effetti collaterali. 

Eliana Battaglia, invece, si è soffermata sui disturbi dell’adattamento: “Quando parliamo di disturbi dell’adattamento il nostro integratore aiuta tanto perché spesso nell’ambito del disturbo  rientrano anche tutti quei soggetti che hanno delle comorbidità anche di tipo organico. Quindi non pensiamo solo al soggetto che ha una patologia psichiatrica o un disagio, diciamo psicologico, ma molto spesso la difficoltà nell’adattamento deriva dal fatto che c’è anche una disabilità fisica nell’affrontare delle difficoltà e quindi l’utilizzo anche di un nutraceutico, come in questo caso il Keryne ci dà il vantaggio di agire con una massima tollerabilità, una maneggevolezza estrema”.

Delicatissimo l’intervento di Antonino D’Agostino, riguardante la comunicazione della cattiva notizia in ambito oncologico: “Il problema è appunto la comunicazione, il comunicare una cattiva notizia. Bisogna anche essere preparati, bisogna saperlo fare. Perché su questo poi modulerà tutto il percorso del paziente in futuro. La cosa importante è non farsi sentire estranei, ma creare collaborazione, cioè restare a disposizione del paziente, creare collaborazione”. 

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