Riapre la Cappella Bonajuto con due fine settimana all’insegna del teatro. Salvatore Bonajuto: «Un’ottima ripartenza per noi e per la città»

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14/15 e 27/28 settembre in scena una compagnia tunisina e una egiziana

CATANIA – Finalmente una buona notizia per Catania: riaprono le porte della Cappella Bonajuto. E ne saranno felici non solo gli amanti della cultura e dell’arte, che potranno assistere a spettacoli, concerti e mostre, ma anche gli assetati di novità e i tanti giovani alla ricerca di un posto nuovo dove trascorrere il proprio tempo.

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Tanti eventi in programma, a cominciare proprio dal teatro, fiore all’occhiello dell’offerta culturale catanese. Due weekend – 14/15 e 27/28 settembre – quattro appuntamenti per riaccendere i riflettori su uno dei gioielli della nostra città che sempre ben volentieri apre le porte alla cultura. E lo fa, anche questa volta, con il teatro firmato da Orazio Torrisi, che mette in scena due spettacoli del circuito Festival Mediterrartè con una compagnia egiziana e una tunisina.

«Il teatro proposto da Orazio Torrisi in Cappella è molto pertinente – spiega il padrone di casa, Salvatore Bonajuto -. Sono lavori di pochi elementi, dove l’atmosfera concentrica della cappella esalta moltissimo la recitazione. Sono felice che si inauguri con due compagnie straniere – continua Bonajuto – perché la Cappella è un tempio bizantino la cui architettura è ispirata da tante culture del Mediterraneo. Il suo palcoscenico nero ed essenziale si incastona benissimo in una delle tre absidi della Chiesa».

Tre gli spettacoli in programma, che andranno in scena per due fine settimana.

A cominciare da mercoledì 14 e giovedì 15 settembre, alle 21, con HOW DID I END UP IN THIS PLACE بعيد عن العين، بعيد عنالقلب  ? di e con Hend Elbalouty – prima nazionale per la compagnia egiziana che in un’ora mette in scena una performance tra danza contemporanea e parola. Lo spettacolo è ambientato in una discoteca underground egiziana in cui si indaga il desiderio, attraverso una sfida all’idea di corpo femminile. Le parole fluttuano tra l’arabo, l’inglese e i sovra titoli in italiano, parte integrante dello spettacolo, mettendosi in relazione con la potenzialità del corpo. Nessuna traduzione è diretta ma mediata dall’esperienza di ciò che ogni linguaggio ci consente di esprimere e percepire in termini di sentimenti ed emozioni.

Mercoledì 27 e giovedì 28, alle 19 e alle 21, sarà la volta della Tunisia, che porterà in scena il monodramma IO SONO DONNA, con la regia di Hafedh Khalifa, di e con Nadia Talish ed EMIGRANTI, di Slawomir Mrozek, con traduzione e adattamento in arabo di Lassad Ben Hsin e la regia di HafedhKhalifa, con Sleh Msaddak e Mohamed Taoufik Khalfaoui.

Il primo racconta di una donna che dialoga con se stessa e si mobilita per non soccombere alle pressioni della realtà, dell’ambiente, dello sguardo della società e degli altri nei suoi confronti. Un monologo interattivo, sperimentale, in cui il pubblico è coinvolto nel gioco drammatico con l’attrice ed entra nella vita della donna.

Emigranti, invece, è uno spettacolo di prosa prodotto in Tunisia nel 2022 da un testo polacco del 1975. Due mondi che sembrano lontani, che la compagnia mette insieme per ritrovare l’umanità di una condizione, quella di straniero, che ci accompagna nel tempo e accomuna tutti. Uno spettacolo che richiama con asprezza, ma anche con ironia, i temi della patria lontana, delle radici, della fatica, dell’impossibile ritorno, della solitudine dell’incomunicabilità, giocando sapientemente con i registri culturali e sociali dei personaggi: un contadino e un intellettuale.

Dopo gli spettacoli del 27 e 28 – della durata di 30 minuti – sarà possibile sorseggiare un buon calice di vino offerto da Marc De Grazia, che con la sua azienda rappresenta oltre cinquanta piccole aziende provenienti da dodici regioni vinicole italiane con un’enfasi su terroir significativi e una preferenza per le varietà autoctone.

«Mi sembra un bell’inizio – aggiunge Salvatore Bonajuto – dopo il lungo lockdown e dopo il dispiacere che ci siamo presi per la cancellazione del murales dello street artist Gomez, che aveva realizzato un angelo che proiettava la sacralità all’esterno -distrutto per rifare la facciata del palazzo che lo ospitava – ci sembra un bel modo per ripartire e un bel messaggio che mandiamo alla città».

 

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