Zō Centro Culture Contemporanee, domenica 21 maggio arriva “Rubbish Rabbit”, lo spettacolo pazzo, diverso e libero di Tony Clifton Circus

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Domenica 21 maggio, da Zō Centro culture contemporanee di Catania il terzo e ultimo
appuntamento di “Cirque”, il festival internazionale di circo contemporaneo. In scena il fortunato spettacolo, a livello europeo, della compagnia creata da Nicola Danesi de Luca e Iacopo Fulgi: «Nel nostro spettacolo vogliamo essere bambini, fare quello che ci passa per la testa senza preoccuparci del perché!».

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Domenica 21 maggio, alle ore 18.30, Zo Centro culture contemporanee di Catania ospita il terzo e ultimo appuntamento dell’edizione 2023 di Cirque, il festival internazionale di circo contemporaneo. In scena “Rubbish Rabbit”, uno degli spettacoli più fortunati a livello europeo di Tony Clifton Circus, compagnia creata dagli attori Nicola Danesi de Luca e Iacopo Fulgi, quest’ultimo ormai cittadino francese di Marsiglia. Lo spettacolo è consigliato per bambini dai 6 anni in su.

Nato nel 2001 il Tony Clifton Circus vuole essere un’insegna luminosa, con lampadine colorate e ad intermittenza, utile a segnalare la presenza di qualcosa di inatteso. Il progetto nasce da una causa scatenante, l’incontro con Anthony Jerome Clifton, un artista più o meno sconosciuto, italoamericano, la cui estetica può ridursi a quattro parole “la vita è strana”.

Trovare una poetica, una linea di ricerca costante al lavoro del Tony Clifton Circus non è facile, quello che cercano di mettere in scena è la stranezza, l’anomalia; amano far ridere ma ancor più amano far strozzare la risata in gola allo spettatore. Vogliono essere riconosciuti ed apprezzati ma pensano che la strada migliore per farlo sia non essere accomodanti, non assecondare le voglie del pubblico. I loro spettacoli sono esperimenti di estremismo comico, nei quali amano mischiare la più elementare demenzialità alla sottile eleganza poetica.

Con “Rubbish Rabbit” Tony Clifton Circus sono diventati i clown “più odiati” dalle mamme italiane: «Abbiamo vissuto per anni facendo ridere le persone e ci è sempre sembrato il lavoro più bello che potessimo fare. Noi ci divertivamo, le persone che ci incontravano si divertivano e per di più eravamo pagati. Poi abbiamo cominciato a non divertirci più, essere clown è diventato mestiere, ed è stato inevitabile chiederci… perché continuiamo? La nostra frustrazione è aumentata nel vedere che per il pubblico, gli organizzatori, i colleghi andava tutto bene, i vecchi trucchi, le vecchie magie, le vecchie battute, le routine ripetute migliaia di volte… E poi, è assurdo chiedere ad un clown sicurezza, un clown non è un orsacchiotto di peluche, un clown è un pazzo, un diverso, un libero».

«Così cerchiamo di essere in “Rubbish Rabbit” pazzi, diversi, liberi – proseguono i protagonisti della compagnia -. In questa ansia di cambiare abbiamo trovato, inconsciamente, dei modelli eccezionali: i bambini. Loro sono pazzi, diversi, liberi, almeno prima di essere trasformati in piccoli e stressati consumatori teledipendenti. E cosa fanno i bambini se lasciati soli: casino, rumore, distruzione. Nel nostro spettacolo questo vogliamo: essere bambini, fare quello che ci passa per la testa senza preoccuparci del perché! Per questo in “Rubbish Rabbit” rompiamo la maggior parte delle cose che ci passano per le mani, ci spariamo, ci buttiamo per terra, balliamo, facciamo la lotta con il nostro peluche gigante. Semplicemente perché è la cosa che ci fa divertire di più. E una cosa è certa: vedercelo fare non sarà per nulla rassicurante».

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