Scienza. Inquinamento "eterno", ecco la mappa interattiva della contaminazione europea

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Queste sostanze tossiche, presenti in innumerevoli prodotti d’uso quotidiano, persistono nell’ambiente per lunghissimo tempo. Un’ampia indagine internazionale ha individuato oltre 2000 siti europei in cui la loro concentrazione è considerata pericolosa per la salute.

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Dopo una raccolta di dati su scala senza precedenti, questa mappa è la prima a illustrare la diffusa contaminazione europea da sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS), composti tossici e persistenti che si trovano in una quantità innumerevole di prodotti d’uso quotidiano: abiti, saponi, strumenti sanitari, confezioni di cibo, bicchieri in carta riciclabile, padelle antiaderenti, vernici, finestre, biciclette e molti altri ancora. I PFAS sono ovunque e si sono diffusi anche là dove non avremmo voluto, nell’acqua, nel cibo, nel sangue, nell’ambiente. I PFAS possono essere considerati come un velo che si è adagiato per sempre sul nostro pianeta.

La mappa dell’inquinamento eterno è stata creata da “Le Monde” e dai 17 partner dell’inchiesta giornalistica transfrontaliera Forever Pollution Project. “Le Scienze” ha lavorato in sinergia con i colleghi europei per fornire una pubblicazione unica. Il risultato è la prima mappa che mostra l’entità della contaminazione dell’Europa da sostanze per- e polifluoroalchiliche (PFAS). Queste “sostanze chimiche eterne” accompagneranno l’umanità per centinaia di anni, forse migliaia.

I risultati della mappa
La nostra mappa mostra gli impianti di produzione di PFAS, alcuni siti in cui vengono utilizzate queste sostanze, nonché i siti in cui è stata rilevata una contaminazione e i luoghi che potrebbero essere contaminati.

Alla fine di un’indagine durata più di un anno, è stato possibile individuare 20 impianti di produzione, che lavorano per sintetizzare i PFAS che poi vengono usati in una moltitudine di settori.

In oltre 17.000 siti è stata rilevata la contaminazione da PFAS. Ognuno di questi siti è stato sottoposto ad attività di campionamento da parte di gruppi scientifici e agenzie ambientali con il fine di individuare la presenza di PFAS nell’acqua, nel suolo o negli organismi viventi tra il 2003 e il 2023. Queste misure hanno rilevato PFAS a livelli pari o superiori a dieci nanogrammi per litro (ng/L). L’indagine ha evidenziato l’attività di 232 utilizzatori di PFAS. Queste realtà industriali usano i PFAS per produrre plastiche “ad alte prestazioni”, pitture e vernici, pesticidi, tessuti impermeabili e altri prodotti chimici. In oltre 21.000 siti si intravedono tutti gli elementi che portano a indicare questi luoghi come “presuntivamente contaminati”. Si tratta di aree con presenza di attività industriali in corso o dismesse di cui sono documentati l’utilizzo e l’emissione di PFAS. Le basi militari, per esempio, sono i principali utilizzatori di schiume antincendio “AFFF”, contenenti PFAS. Allo stesso tempo, la produzione di alcuni fluoropolimeri richiede l’uso di PFAS. Si tratta, è bene ribadirlo, di luoghi di contaminazione presuntiva. Sebbene la contaminazione di questi siti sia probabile, non è stato condotto alcun campionamento ambientale per confermarlo.

L’inchiesta ha permesso di individuare 2100 hot-spot d’inquinamento. È una definizione usata quando la concentrazione di PFAS raggiunge un livello che gli esperti considerano pericoloso per la salute, pari a 100 ng/L. Il problema è che decine, a volte centinaia di campioni vengono prelevati dalle autorità intorno a un luogo identificato come “epicentro” della contaminazione: è il caso dello stabilimento 3M di Zwijndrecht (Belgio) e di quello Chemours di Dordrecht (Paesi Bassi). Per ridurre il più possibile il numero di questi possibili “falsi positivi”, abbiamo raggruppato i punti geograficamente vicini in specifici “cluster“. Questo metodo ci ha portato a stimare il numero di hot-spot in più di 2100 in tutta Europa.

Per costruire la nostra mappa, abbiamo raccolto e organizzato dati provenienti da diverse fonti, alcune delle quali non erano pubbliche. Questi dati ci hanno permesso di localizzare le contaminazioni accertate. Per identificare i siti di contaminazione presunta, invece, abbiamo adattato la metodologia di un gruppo di ricercatori che ha svolto un lavoro simile per mappare la contaminazione negli Stati Uniti: il PFAS Project Lab (Boston) e la loro PFAS Sites and Community Resources Map. Come nostre guide e consulenti, sette esperti ci hanno accompagnato in questo esperimento senza precedenti di giornalismo peer-reviewed per realizzare questa indagine del tutto inedita.

È importante sottolineare che gli autori hanno sistematicamente adottato l’approccio più conservativo possibile. Inoltre, vi è una mancanza di dati e di campionamenti completi in ciascuno dei paesi europei. Pertanto, per quanto impressionante, il numero di siti contaminati e di presunta contaminazione indicato nella nostra mappa è notevolmente sottostimato.

Questa mappa, sviluppata da Stéphane Horel e da “Le Monde”, non sarebbe stata possibile senza il contributo dei nostri colleghi Sarah Pilz (Germania), Catharina Felke (NDR, Germania), Nadja Tausche (“Süddeutsche Zeitung”, Germania), Leana Hosea e Rachel Salvidge (Watershed Investigations, Regno Unito). Gianluca Liva, parte del gruppo di sviluppo della mappa, si è occupato a sua volta della raccolta e dell’armonizzazione dei dati.

La metodologia completa è disponibile a questo link.

Il Forever Pollution Project è stato inizialmente sviluppato da “Le Monde” (Francia), NDR, WDR e “Süddeutsche Zeitung” (Germania), “RADAR Magazine” e “Le Scienze” (Italia), “The Investigative Desk” e NRC (Paesi Bassi) con il sostegno finanziario di Journalismfund.eu e Investigative Journalism for Europe (IJ4EU); ulteriormente approfondito e pubblicato da “Knack” (Belgio), “Denik Referendum” (Cechia), “Politiken” (Danimarca), YLE (Finlandia), “Reporters United” (Grecia), SRF (Svizzera), Datadista / el Diario.es (Spagna), Watershed Investigations / “The Guardian” (Regno Unito); e sostenuto da Arena for Journalism in Europe per una collaborazione transfrontaliera.

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