Nel quadro macroeconomico rivisto nella Nota di aggiornamento al DEF 2022 varata dal Governo lo scorso 4 novembre la crescita del PIL nel 2022 arriva al 3,7%, migliorando sia il +3,3% previsto dal Governo a fine settembre che il +3,2% indicato dal Fondo monetario internazionale lo scorso 11 ottobre, mentre nel 2023 la crescita tendenziale, a legislazione vigente, si ferma al +0,3%.
L’analisi della resilienza dell’economia italiana nel corso del 2022, del rallentamento nell’ultima parte dell’anno e e delle scelte di politica economica condizionate da inflazione a caro energia è proposta nell’articolo Numeri della crisi/ I segnali di rallentamento che arrivano dal mondo delle imprese a firma di Enrico Quintavalle, pubblicato oggi su IlSussidiario.net.
L’economia italiana ha mostrato una marcata resilienza nel corso dei primi mesi di guerra. Nell’arco tra il primo e il terzo trimestre del 2022 il PIL in Italia sale dell’1,6%, ampiamente superiore al +0,9% dell’Ue, al +0,7% della Francia e al +0,4% della Germania.
Una forte segnale di reazione arriva anche dal mercato del lavoro: tra febbraio e settembre 2022, gli occupati sono saliti di 146mila unità, grazie all’apporto di 145mila dipendenti in più, trainati dalla componente a tempo indeterminato che cresce di 210mila unità mentre la componente a tempo determinato diminuisce di 65mila unità e gli indipendenti risultano stabili.
Purtroppo, dopo la straordinaria crescita dei primi tre trimestri, si apre una stagione fredda, per il clima e per l’economia. Nel sentiero delineato nella Nota di aggiornamento, si delinea nell’ultimo trimestre dell’anno un calo del PIL di circa sei-sette decimi di punto. Nel caso di una interruzione delle forniture di energia da parte della Russia, nel 2023 si registrerebbe calo del PIL di circa l’1,5% del PIL.
Il primo segnale recessivo arriva dall’accelerazione dei prezzi: ad ottobre l’inflazione in Italia sale al 12,8%, superando di 2,1 punti il +10,7% della media dell’Eurozona, mentre il tasso di inflazione energetica balza al 73,9%, rispetto al 45,0% di settembre, collocandosi trentadue punti sopra al +41,9% dell’Eurozona.
Il prezzo dell’energia elettrica in Italia ad ottobre sale del 199,1% rispetto un anno prima, mentre quello del gas segna un aumento del 99,5% (un dato che potrebbe essere limato dopo il calo del 12,9% ad ottobre della spesa del gas in tutela pubblicato da Arera il 3 novembre).
Nella seconda metà dell’anno si intensificano i segnali di rallentamento dell’attività delle imprese, che mutano lo scenario economico con grande rapidità. Ad ottobre l’indice di fiducia delle imprese diminuisce per il quarto mese consecutivo, raggiungendo il valore più basso da aprile 2021. La bufera abbattutasi sui prezzi dell’energia si sintetizza in un aumento della bolletta energetica, in soli dodici mesi, di 3,2 punti di PIL. La produzione manifatturiera tiene su base annua (+1,1% nei primi nove mesi del 2022), ma segna ‘crescita zero’ nel trimestre luglio-settembre 2022 rispetto al precedente; in calo i settori energy intensive di gomma, materie plastiche e altri prodotti della lavorazione di minerali non metalliferi (-2,7%), legno, della carta e stampa (-2,9%), metallurgia e prodotti in metallo (-3,3%), raffinazione (-5,4%) e chimica (-7,0%). Si diffondono i casi di lockdown energetico: nei primi nove mesi dell’anno i consumi di gas delle imprese manifatturiere scendono del 12% su base annua. Nei comparti manifatturieri con una più elevata intensità energetica – vetro, cemento, ceramica, carta, metallurgia, chimica, tessile, gomma e plastica e alimentari – operano 100 mila imprese con 1 milione 146mila addetti. Nel trimestre giugno-agosto 2022 la produzione nelle costruzioni scende del 3,6%, mentre nel periodo luglio-settembre 2022 il volume delle vendite al dettaglio diminuisce dello 0,5 rispetto il trimestre precedente. Nei primi otto mesi del 2022 il volume delle esportazioni sale di un limitato 1,0%, mentre quello delle importazioni sale del 3,2%. Al buon andamento del mercato del lavoro contribuiscono le micro e piccole imprese che, negli ultimi dodici mesi, a giugno 2022, determinano il 71% delle posizioni lavorative (assunzioni al netto delle cessazioni), pur in un contesto in cui ad ottobre è di difficile reperimento il 52,0% delle assunzioni di operai specializzati, 7,8 punti in più di un anno prima. Più incerto il profilo della domanda nei prossimi mesi: le previsioni di assunzioni delle imprese tra ottobre e dicembre 2022 sono in flessione del 10,4% rispetto allo stesso periodo del 2021.
La demografia d’impresa, dopo quasi due anni di crescita, da giugno 2022 registra un tasso di variazione negativo dello stock di imprese iscritte, con una progressiva accentuazione fino al -0,8% di settembre 2022.
Sulla finanza d’impresa gravano gli effetti della stretta monetaria. A fronte di un tasso d’inflazione arrivato alla doppia cifra, lo scorso 27 ottobre il Consiglio direttivo della Banca centrale europea (BCE) ha definito un rialzo di 75 punti base dei tassi di interesse ufficiali, dopo un incremento di 50 punti a luglio e di 75 punti a settembre: nel complesso 200 punti base in più nell’arco di 98 giorni. E non è finita: la BCE “prevede di aumentare ulteriormente i tassi di interesse per assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2% a medio termine”. Negli Stati Uniti la Fed, con sei rialzi tra marzo e novembre, ha fatto salire i tassi di 375 punti base in 231 giorni.
Sale la domanda di credito, a costi crescenti, determinata dei pagamenti delle forniture di materie prime e delle bollette di elettricità e gas. La marcata risalita dei tassi sui mutui, già in essere da inizio 2022, rallenta il settore immobiliare e quello delle costruzioni, comparti che hanno integralmente sostenuto la ripresa post-pandemia. È in forte ascesa la percentuale netta di imprese che riportano difficoltà di accesso al credito, che si colloca sui precedenti massimi del 2015, mentre, secondo l’Osservatorio rischio imprese di Cerved, il 16,1% delle imprese presenta un grado di rischio finanziario elevato, con una ridotta capacità di far fronte agli impegni, anche a breve termine. Sulla finanza aziendale pesa il termine del periodo di preammortamento a due anni dall’attivazione dei prestiti garantiti, per i quali rimane ancora ampio lo stock in essere, valutato al 30 giugno 2022 pari al 9,5% del PIL.
L’impatto dei costi dell’energia sta condizionando le scelte di politica fiscale. L’intervento fiscale espansivo delineato dalla Nota di aggiornamento è di oltre 9 miliardi di euro per quest’anno e a circa 21 miliardi nel 2023. Questi 30 miliardi di euro – se destinati interamente a contrastare il caro energia come preannunciato – si sommano agli interventi già adottati per 5,5 miliardi sul 2021 e per 57,6 miliardi per il 2022, portando a circa 93 miliardi di euro le risorse impegnate nell’arco di 22 mesi per contrastare lo shock energetico. Come ha delineato in audizione l’Ufficio parlamentare di bilancio vi è il “rischio di dover disporre interventi aggiuntivi contro il caro energia, dal momento che le misure inserite nella manovra riguarderebbero solo i primi tre-quattro mesi del 2023”. L’intervento espansivo della manovra fornisce nel 2023 un impulso alla crescita di 0,3 punti di PIL – differenza tra il tasso di crescita programmatico (+0,6%) e quello tendenziale (+0,3%) – mantenendo in una zona di sicurezza il sentiero di riduzione del rapporto tra debito e PIL, che dopo la discesa di 4,6 punti quest’anno, vede un calo di 1,1 punti nel 2023, di 2,3 punti nel 2024 e di 1,1 punti nel 2025.