CATANIA – Più di 30 gli arrestati grazie all’Operazione “Sangue Blu” condotta da oltre 250 Carabinieri del Comando Provinciale di Catania: gli arresti sono stati eseguiti nelle provincie di Catania, Prato, L’Aquila, Enna, Perugia, Vibo Valentia, Palermo, Benevento, Siracusa e Avellino.
Le indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Catania, hanno consentito di portare alla luce le recenti evoluzioni delle dinamiche associative della famiglia di Cosa Nostra etnea “Santapaola-Ercolano”, individuandone gli elementi apicali.
Gli indagati sono accusati di “associazione di tipo mafioso e concorso esterno”, “estorsione”, “traffico di sostanze stupefacenti”, “detenzione illegale di armi e munizioni” e “concorso in trasferimento fraudolento di valori”, reati aggravati dal metodo mafioso.
L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia etnea ed eseguita alle prime luci dell’alba di oggi dai Carabinieri di Catania, ha permesso di assicurare alla giustizia anche l’attuale “responsabile provinciale” della famiglia mafiosa “Santapaola – Ercolano”.
Dall’indagine sono emersi un vasto giro di estorsioni ai danni di imprenditori catanesi, un fiorente traffico di stupefacenti, il recupero crediti attraverso prestiti ad usura e l’intestazione fittizia di attività economiche. I proventi delle attività illecite venivano utilizzati sia per il mantenimento delle famiglie degli affiliati detenuti, sia reinvestiti in altre attività imprenditoriali infiltrando il tessuto economico catanese.
Sequestrati beni per un valore complessivo di oltre 4 milioni di euro.
A capo di tutto Francesco Napoli che già in carcere era stato designato come colui che avrebbe guidato una volta uscito di prigione, scarcerazione avvenuta nel 2019: per eludere le forze dell’ordine usava sim per il cellulare intestate a ignari cittadini extracomunitari, teneva il telefono spesso spento per non essere localizzato, faceva la strada più volte per accertarsi di non essere seguito, usava nomi in codice oltre che per indicare le persone anche per i luoghi dove poi si svolgevano riunioni e affari.
Tra gli arrestati anche un dipendente pubblico, esattamente un impiegato dell’Amts che si vantava delle conoscenze con il clan e del “sangue blu”.