Elezioni nazionali e regionali: “habemus liste”… e non solo! – "Comu veni si cunta #31"

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Buonasera e ben ritrovati nella rubrica di Hashtag Sicilia ”Comu Veni Si Cunta”.

Come tutti sappiamo il momento del voto si avvicina, quindi questa sera vi parlerò delle liste che i partiti hanno presentato per le elezioni nazionali, e che si accingono a presentare per le elezioni regionali.

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Liste che sono frutto di un parto particolarmente laborioso, sia per il centrosinistra che per il centrodestra. Infatti per trovare la cosiddetta quadra hanno avuto l’esigenza di utilizzare tutto il tempo a disposizione.

Insomma, le liste per le elezioni nazionali sono state presentate all’ultimo minuto utile, e anche le liste per le regionali verranno presentate solo dopo aver sfruttato tutto il tempo a disposizione.

Trovare la quadra non è stato, né sarà facile, per nessuna forza politica.

Non solo perché le poltrone da assegnare sono meno della volta precedente (a causa della legge sul taglio dei parlamentari), ma anche perché non è semplice per nessuno dire dei no e trovare un giusto punto di equilibrio tra il vecchio da mantenere e il nuovo da promuovere.

Infatti in questi giorni abbiamo registrato – provenienti da entrambi gli schieramenti – rumori di porte sbattute, veleni, mugugni, abbandoni indignati e addii ai partiti di appartenenza da parte di importanti personalità.

Abbiamo assistito anche a ritiri sdegnati e, a distanza di meno di ventiquattrore, a ritorni clamorosi dettati forse dalla promessa di qualche strapuntino o da un impeto di dignità.

Un vero e proprio psicodramma che non ha risparmiato nessuno.

A questo proposito qualcuno dirà: niente di nuovo sotto il sole, visto che queste stesse reazioni si sono registrate anche nei precedenti appuntamenti elettorali.

Vi chiederete: ma cosa hanno partorito questa volta i partiti in Sicilia?

Ecco, sfogliando le liste depositate entro le 20.00 di ieri si leggono i nomi:

  • di tante persone per bene e di qualche stimato professionista;
  • di persone assolutamente sconosciute, prive di storia politica e con una biografia che a definire troppo povera o scarna non si fa peccato;
  • di qualche ex parlamentare che non si rassegna a godersi la pensione, né tanto meno di dedicarsi ad altro e pensa a una rentréé. Un ritorno dettato magari dalla convinzione che il vuoto lasciato in Parlamento non possa essere colmato da nessun altro se non da lui; o come sostiene qualche maligno, dalla nostalgia di riavere la ricca indennità parlamentare e i tanti privilegi connessi alla carica.Qualcuno di questi signori riparte da dove ha lasciato e qualche altro, invece, è il caso dell’onorevole Giuseppe Castiglione, dopo aver transitato in due o tre partiti diversi, riparte con Calenda, con il Messia dei Parioli.

E costoro, con tutto il rispetto che si deve alle loro persone, si ricandidano udite, udite: senza paracadute e per puro spirito di servizio, quasi a voler dire: l’ha chiesto il popolo! Ci vuole il popolo! E al popolo, si sa, non possiamo dire di no.

Naturalmente, come accade in queste circostanze, spulciando ancora le liste si notano i nomi di tanti personaggi con le facce cadenti e incartapecorite che siedono da 20-30-40 anni ininterrottamente in Parlamento, alla Camera o al Senato.

Persone che non intendono schiodarsi da quelle poltrone, come se l’Italia non potesse fare a meno di loro o, per dirla tutta, come se Gesù Cristo avesse benedetto per quella carica solo loro e nessun altro!

Nelle liste c’è anche l’onorevole Nello Musumeci, che si è dimesso da presidente della Regione dichiarando ai quattro venti che sarebbe tornato a fare il militante e, invece, lo troviamo candidato in più collegi, per curarsi – come si dice in salute – vale a dire per essere sicuro di essere eletto.

Capita ancora, spulciando le liste, di scorgere nella testa di serie gente che si trova in lista a sua insaputa (come quel parlamentare che si trovò proprietario di un appartamento a Roma con vista sul Colosseo senza aver scucito un centesimo); e gente sconosciuta da tutti, anche da quelli a cui spettava il compito di indicare o suggerire il nome.

Persone che si trovano in una posizione di assoluto privilegio, cioè con la quasi certezza di essere eletta, grazie alla benedizione del leader nazionale o di uno dei capi bastone che domina il campo a livello nazionale.

Insomma nelle liste c’è di tutto: il diavolo e l’acqua santa. Ci sono mogli o compagne di capi partito, come la “compagna“ di Berlusconi, fratelli e sorelle schierati su fronti contrapposti (Stefania e Bobo Craxi per fare un esempio), nipoti di uomini potenti, voltagabbana e leccaculi.

Scavando ulteriormente sulle liste per le elezioni regionali (ancora aperte visto che si possono presentare sino a venerdì) non si scopre solo che due persone perbene come Angelo Villari e Luigi Bosco hanno ritirato la propria candidatura (stanchi di essere presentati come “impresentabili“ e di non essere stati difesi); ma si scopre anche che l’onorevole Caterina Chinnici è stata ad un passo da ritirare la sua candidatura alla presidenza della regione, a causa – sostengono i vertici regionali e nazionali del PD – del tradimento dei 5/Stelle.

Che i 5/Stelle siano poco affidabili non stupisce nessuno, se non altro perché durante la legislatura che volge ormai al termine hanno rinnegato battaglie da loro stessi ritenute identitarie e cambiato tante volte posizione alla velocità del fulmine. Sorprende, invece, a questo proposito, che “grandi strateghi” come gli onorevoli  Letta e Barbagallo non l’abbiano messo in conto.

Avrebbero dovuto metterlo in conto anche perché non si può dire, come hanno fatto loro, un giorno sì e l’altro pure, che con i 5/Stelle la partita è chiusa definitivamente perché hanno provocato la caduta del governo e si sono macchiati nei confronti di Draghi del reato di lesa maestà. Sostenere a Roma, a ogni pie sospinto, che mai e poi mai potrà esserci in futuro un rapporto di collaborazione tra PD e 5/Stelle, e poi pretendere il rispetto degli accordi in Sicilia, vale a dire senza pagare pegno, mi sembra quando meno un’ingenuità.

Ma tornando un attimo sulla questione degli “impresentabili“, a prescindere dalle valutazioni sulle scelte che questi riterranno di fare in questi giorni o in futuro, chiedo umilmente: qualcuno può spiegarmi perché alcuni candidati vengono indotti a ritirare la loro candidatura e altri che si trovano nella medesima situazione, come la dottoressa Valentina Scialfa Chinnici, accusata dello stesso identico reato, non susciti neppure una discussione, un confronto?

Nelle liste mancano ovviamente, come accade ormai da troppo tempo, artigiani, commercianti, agricoltori, giovani disoccupati, eppure si tratta di soggetti molto significativi della società italiana che avrebbero tanto da dire e da proporre in Parlamento, se non altro perché vivono sulla loro pelle tantissimi problemi e sono quindi in grado, più di tanti altri, di individuare le soluzioni possibili.

Pensate: in Italia ci sono 8,2 milioni di partite Iva, di cui attive oltre 6,3 milioni: si tratta di artigiani, commercianti, agricoltori, pescatori, piccoli lavoratori autonomi, gente che conosce la fatica del vivere quotidiano, di fare impresa, che combatte ogni giorno contro mille cavilli burocratici, che si danna l’anima per avere credito, per mantenere gli impegni con maestranze e fornitori.

E ancora nel Belpaese ci sono oltre tre milioni di giovani disoccupati che spesso per le innumerevoli delusioni cui sono andati incontro, e per il  fatto di non veder riconosciuto il merito, hanno perso la voglia di cercare un lavoro e di studiare.

Un esercito quindi di quasi 10 milioni di persone in carne ed ossa che a causa delle scelte operate dai partiti non avrà nessuna rappresentanza in Parlamento.

Una vera e propria vergogna che spiega, meglio di tante parole, perché molti cittadini non vanno più a votare.

Qualcuno obietterà, rispetto a questo ragionamento, che un artigiano, un commerciante, un agricoltore o un giovane disoccupato da solo in Parlamento non serve a niente, perché come suoi dirsi “una rondine non fa primavera“, o per dirla in siciliano “na nuci sula intra un sacco nu scrusci”.

Ma se tutto questo può essere  vero, è soprattutto vero che se nel sacco non si mette mai nulla non si potrà pretendere che scuotendolo si possa sentire un qualche scrusciu”.

Comunque, archiviate le faide e le notti dei lunghi coltelli, finalizzate ad assicurare un posto al sole anche a paraculi e voltagabbana, c’è da augurarsi che adesso almeno si cominci a parlare di programmi, di cose da fare.

In questo senso i leader dei partiti farebbero bene a parlare di cose concrete, piuttosto che continuare con il giochino della delegittimazione e della legittimazione reciproca, e di continuare ad agitare ipotetici interessi o pressioni dall’estero, russi o cinesi che siano (che non sono comunque una novità perché ci sono sempre stati solo che talvolta cambiano gli attori stranieri, nel senso che a tentare di immischiarsi nelle vicende interne del nostro Paese storicamente ci sono stati qualche volta anche gli americani).

Dico questo perché, a mio giudizio, questi giochi e questi argomenti hanno un impatto quasi nullo sull’orientamento degli elettori.

Gli elettori, siano essi artigiani, commercianti, agricoltori, pescatori, albergatori, macellai, ceramisti, che hanno subito nell’arco di sei mesi aumenti dell’energia elettrica (di oltre il 300 per cento) e del costo del gas, dei concimi e dei mangimi e fanno sempre più fatica a rifornirsi delle materie prime, secondo me non sono interessati dalla politica estera.

Imprese e famiglie sono interessate oggi ai temi del lavoro, della sicurezza, della sanità, dell’inflazione che erode risparmi, pensioni e stipendi, dello sviluppo e della stangata che si annuncia e che tutti dicono arriverà in autunno.

Ecco perché i partiti farebbero bene a dire cosa fare rispetto a questi problemi, come risolvere queste questioni, dove prendere le risorse necessarie e attraverso quali tempi concretizzare gli impegni che eventualmente  assumeranno.

Solo così si potrà sperare di suscitare l’interesse degli elettori a partecipare alla contesa politica e convincerli a recarsi alle urne.

Continuare a pestare l’acqua nel mortaio, come stanno facendo sinora i partiti, equivale ad alimentare la disaffezione nella politica e l’astensionismo.

Due aspetti questi assolutamente deleteri per la democrazia del nostro Paese che occorre assolutamente sconfiggere.

Di tutto questo, e altro ancora, ho parlato nel video di questa sera. Appuntamento alle ore 21 sui nostri social, non mancate!

Salvatore Bonura

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