Film "Le ali della libertà", recensione a cura di Gioia Lomasti ed Alessandro Spina

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Cosa vuol dire sognare di sentirsi liberi e poi passare all’azione per realizzare determinati desideri?

Questo è ciò che racconta il film Le Ali della Libertà (anno 1994), opera cinematografica cult, con la regia di Frank Darabont, tratto dal racconto di Stephen KingRita Hayworth e la redenzione di Shawshank, pubblicato nella raccolta Stagioni diverse, che oggi più che mai entra nella memoria collettiva, per quella voglia di non avere più restrizioni attorno a noi.

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Andy Dufresne (interpretato egregiamente da Tim Robbins) è il bancario prigioniero, che risultava davvero innocente, per non aver commesso il fatto, incastrato da Elmo Blatch (interpretato da Bill Bolender), che entra nell’immaginario di tutti coloro che vogliono sentirsi definitivamente liberi e “non solo per poco tempo“.

L’amicizia, che all’interno del carcere Andy Dufresne stringe con Ellis Boyd ‘Red’ Redding, (interpretato dal mostro sacro Morgan Freeman), diventa una chiave di svolta per permettere il piano di evasione, dove quest’ultimo diviene il suo miglior amico ed alleato.

In apparenza istituzionalizzato, che sottovalutava le sue capacità, Red all’inizio, non fu consapevole del piano ventennale, che poi conquistò con la fiducia a pieno titolo “per gentile concessione dell’aguzzino più spietato che abbia mai messo piede a Shawshank“, il cui sogno era di fuggire dalle grinfie di una cella.

Col passare degli anni la prigionia è diventata sempre più soffocante, anche perché una volta scoperto di non aver commesso il fatto, grazie alla confessione di Tommy Williams, (interpretato da Gil Bellows), non voleva più saperne di rimanere dietro a quelle sbarre e scontare una pena per un delitto mai effettuato, solo perchè era diventato l’uomo fondamentale per gli affari sporchi, fatto di soldi riciclati messi in atto dal direttore del carcere Samuel Norton, (interpretato da Bob Gunton), uomo spietato ed egoista, che pensava a rimpinguare di malaffari il suo patrimonio per godersi una pensione da milionario.

L’essere divenuto da “uomo onesto e dritto come una freccia a diavolo”, al fine stesso di raggiungere con una certa personalità i propri desideri, anche ricorrendo a qualche stratagemma geniale, lo rende la figura nella quale un po’ tutti desiderano apparire.

Nel caso di Dufresne, consisteva nel costruirsi un tunnel utilizzando un martello da roccia; la buca per camuffarla, veniva coperta da un grande poster. Per liberarsi dalle catene bisogna elaborare un piano, delineando i punti deboli e attorniarsi delle persone giuste, come racconta questo film, rapportandosi nell’umana realtà.

La speranza, che a molti può far paura, deve veicolare i nostri sogni per renderli reali, perché “o fai di tutto per vivere o fai di tutto per morire“.

Oggi menti libere e pensanti possono fare molto comodo a questa società, per rimanere vivi e consapevoli su come raggiungere determinati obiettivi e riempirci di grandi soddisfazioni, non solo per un periodo limitato. Ognuno di noi, specie in tempi odierni, è in cerca della sua Zihuatanejo (Mexico), pur di tornare di nuovo a vivere.

Titolo originale: The Shawshank Redemption
Regia: Frank Darabont
Soggetto Stephen King (racconto)
Sceneggiatura: Frank Darabont
Produttore: Niki Marvin
Lingua originale: inglese
Anno: 1994
Genere:  drammatico

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