È vero la politica non è fatta solo di rose e fiori, ci sono anche le spine. Fuor di metafora c’è una politica buona e una politica cattiva. Quella buona ha una visione del futuro, fa prevalere sempre gli interessi generali del Paese, si occupa di trovare soluzioni e dare risposte concrete ai problemi dei cittadini e non si arrocca mai su posizioni personali. Quella cattiva, invece, è fatta di alchimie, di interessi di parte, e di ciurlare nel manico: vale a dire, di rinviare sempre i problemi lasciando, di conseguenza, la gente all’asciutto di risposte.
Quindi di fronte alla crisi di governo c’è da augurarsi che prevalga la buona politica, negli interessi dell’Italia tutta, dei cittadini, delle imprese e dei soggetti maggiormente esposti ai colpi della pandemia.
Come accade all’indomani di ogni crisi di governo (e quella dell’esecutivo Conte non fa eccezione) inizia il giro di consultazioni del Presidente della Repubblica, si rincorrono voci e si disegnano scenari, spesso fantasiosi, circolano ipotesi di possibili nuove maggioranze, guidate da tizio o da caio.
Ecco perché dopo le dimissioni del presidente del consiglio si parla di Conte-ter, di governo di unità nazionale o di salute pubblica, di governo Ursula (formato da PD- 5/Stelle- Forza Italia, vale a dire dalle forze politiche che hanno votato a Bruxelles per eleggere alla presidenza della Commissione europea la signora Ursula Von der Layen).
Restano sullo sfondo le elezioni politiche anticipate, invocate dal centro destra. A prescindere dal giudizio su chi le chiede, sarebbero una iattura, un disastro, un’avventura politica per il Paese. Ciò perché si rischierebbe: un ritardo di almeno sei mesi del varo del Recovery Plan; un’incertezza radicale sullo svolgimento del grande piano vaccinale che coinvolgerà nei prossimi mesi l’intero Paese; e infine la rimessa in discussione della grande svolta europeista operata dal governo Conte bis.
Ai cittadini già angustiati dagli effetti sanitari ed economici della pandemia non interessano le formule, le alchimie, i personalismi, le chiacchiere che riempiono le pagine dei giornali. Agli italiani interessa avere un governo dotato di un programma innovativo e di una maggioranza solida in grado di affrontare i grandi nodi irrisolti del paese. Dalla crisi economica causata dalla pandemia, passando per le difficoltà e i rallentamenti della campagna di vaccinazione, per finire alla “confusione” attorno alla destinazione dei fondi del Piano europeo per la ripresa (Recovery Plan).
A chi cerca di non ammalarsi, a chi fa i conti ogni giorno con le restrizioni e con una profonda recessione e fa i salti mortali per tenere alzata la saracinesca non interessa un governo traballante, un governicchio costretto a mendicare, di volta in volta, il voto di qualche senatore alla ricerca di un momento di notorietà o di alcuni favori da girare a qualche questuante.
Poiché nessuno, di fatto, vuole realmente andare alle elezioni politiche anticipate (visto che con la norma sul taglio dei parlamentari molti degli attuali parlamentari non rientrerebbero) e, considerato che il centrodestra è ostile a un’ipotesi di un governo di unità nazionale, se si vuole dare vita a un nuovo governo, presieduto da Conte, non resta che la riedizione della disciolta maggioranza, allargata possibilmente ai centristi.
Dunque, piaccia o non piaccia, non si può prescindere da Italia Viva.
Non è facile per il PD, per i 5/Stelle e soprattutto per Conte sedersi di nuovo con il senatore Renzi, vale a dire con chi ha scatenato una crisi inopportuna e irresponsabile, ma se si vuole dare un governo autorevole con una maggioranza solida, presieduto ancora da Conte, occorre sedersi anche con il leader di Italia Viva.
Sbaglierò, ma insistere nella ricerca dei “responsabili “, o pensare di spaccare Italia viva e arruolare così qualche fuoriuscito da questo movimento per raggiungere i 161 senatori necessari alla maggioranza assoluta mi sembra un tentativo disperato di scambiare la politica con l’aritmetica.
Un modo maldestro per dare l’addio al presidente Conte. Il senatore di Rignano va sfidato sui contenuti, sul programma, sulle cose da fare, non sulla matematica. Questo, a mio giudizio, è l’unico modo per capire se a questo signore stanno a cuore gli interessi del Paese o quelli suoi personali. E gli interessi dell’Italia oggi sono:
a) accelerare sull’assegno universale per i figli, una misura per la quale sono già state stanziate le risorse finanziarie nella Legge di Bilancio (3 miliardi aggiuntivi per il 2021);
b) evitare gli effetti del venir meno dell’attuale blocco dei licenziamenti (con il Decreto Ristori dovrebbe estere approvata una deroga selettiva);
c ) definire la riforma del fisco nel corso di quest’anno per diventare operativa nel 2022;
d ) procedere senza indugi sulle riforme, a cominciare da quella sulla pubblica amministrazione e sulla giustizia;
e ) stringere i tempi per portare a termine la stesura del Piano nazionale di ripresa e resilienza nei tempi previsti, con il livello di dettaglio e di precisione anche quantitativa richiesta dall’Unione europea.
Ecco, di fronte a queste urgenze che riguardano il presente e il futuro degli italiani, occorre, da parte di tutti i contendenti, accantonare l’aritmetica e smetterla con gli arroccamenti personali e con i risentimenti. Perché, diceva Pietro Nenni, “la politica si fa con i sentimenti non con i risentimenti “.