E si, ci risiamo! Di nuovo a casa in DAD. Ma, se la prima volta, vivevo tutto nella più assoluta incredulità, stavolta sono proprio arrabbiato e deluso. In primavera ci hanno fatto stare per settimane interminabili a casa, con immagini da film apocalittici che scorrevano in Tv: camion militari che nella notte, lasciandoci in eredità immagini tristissime, trasportavano i cadaveri dei morti di COVID; bollettini quotidiani con numeri che continuavano a crescere; gente sui balconi che cantava inneggiando all’Italia; striscioni con su scritto “ce la faremo”.
Abbiamo chiuso l’anno scolastico salutandoci da casa certi che a settembre sarebbe stato tutto diverso. E, in realtà, i messaggi sono cambiati. Si parlava già di una seconda ondata in autunno ma, state tutti tranquilli, si sarebbe fatto tutto quello che si doveva per non farsi trovare impreparati: potenziata la sanità, comprati i banchi a rotelle, emanati tutti i protocolli che, dalla scuola allo sport, avrebbero regolato la nostra sana convivenza insieme. Tutti liberi per l’estate anche se, magari, mettiamola una mascherina, non si sa mai!
E adesso? Cosa ci raccontano adesso?
Siamo ritornati a scuola felici di poter rivivere la nostra “nuova normalità”. Ci siamo adeguati a tutto e abbiamo accettato tutto pur di essere lì, tra i nostri banchi, con i nostri compagni, nella nostra scuola dove tutto era organizzato alla perfezione: percorsi di ingresso e di uscita diversificati per classe, banchi – senza rotelle! – perfettamente distanziati, aule spaziose e luminose sanificate, gel detergenti ovunque…
Ma siamo di nuovo a casa in attesa dei codici per collegarci alle varie lezioni.
E sono stanco anche di sentir dire che, tanto per cambiare, la colpa è di noi giovani. Certo che vogliamo stare insieme, che ci piace divertirci, che c’è di strano? Strano sarebbe il contrario. Ma NOI abbiamo fatto il nostro dovere, abbiamo rispettato proprio quelle regole che, per non tornare a vivere isolati, ci sono state imposte da chi, forse, il proprio dovere per il nostro bene non lo ha fatto.
di Pietro Oberto
Liceo Classico della Comunicazione – San Francesco di Sales Catania