A proposito della possibile apertura, da parte dell’Unione Europea, di una procedura di infrazione per debito eccessivo nei confronti del nostro Paese, parafrasando una delle più citate frasi del pensiero politico, si potrebbe dire: “Uno spettro si aggira per l’Italia: la procedura di infrazione”.
Contro questo fantasma è schierato – con toni diversi – tutto il Governo gialloverde. Ma nonostante da mesi questo spettro agiti il sonno di politici, imprenditori, rappresentanti delle più importanti Istituzioni e sia oggetto di qualificati commenti dei più prestigiosi media, italiani e stranieri, ancora oggi molti cittadini si chiedono perché l’Italia dovrebbe rischiare di essere sanzionata, quali sarebbero le conseguenze per gli italiani e per il Paese e cosa fare per evitare una tale prospettiva.
Non è facile rispondere in modo esaustivo – con una nota succinta – a tutte queste domande. Ci provo dicendo in premessa che sarebbe la prima volta nella storia dell’Unione Europea che un Paese membro possa subire l’onta di una procedura di infrazione per debito eccessivo. Nel merito – a scanso di equivoci – occorre dire che la procedura di infrazione ė regolata dall’articolo 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea che l’Istituzione è chiamata ad attivare quando un Paese membro viola due principi.
Il primo consiste nel divieto a superare il 3% di deficit di bilancio pubblico, vale a dire che le uscite di uno Stato non devono superare le entrate di oltre 3 punti percentuali; il secondo principio consiste nel fatto che il debito pubblico non deve superare il 60% del Prodotto Interno lordo.
Vi chiederete a questo punto: ma cos’è il debito pubblico? È il debito che l’Italia contrae con tutti quei soggetti (piccoli investitori, banche, altre Nazioni ) che acquistano i nostri Titoli di stato. Quindi, in base alle regole europee sulla stabilità di bilancio, il debito di uno Stato deve diminuire ogni anno di un ventesimo o quantomeno avvicinarsi anno dopo anno al 60% anzidetto.
In Italia, purtroppo, il debito nel 2018 ė aumentato di 0,8 punti percentuali, raggiungendo la soglia del 132,2% (2.300 miliardi di euro ), mentre nel 2019 si attesterà al 133,7% e nel 2020 si prevede che raggiungerà il 135,20%. Con riferimento al deficit – che è l’altro parametro che permette di capire l’andamento economico di un Paese – l’Italia ha disatteso la promessa di migliorare il rapporto tra quanto spende e quanto incassa. Ecco perché, se il Governo italiano non rivedrà il piano di investimenti pubblici e non rinuncerà ad alcune promesse elettorali in modo da ridurre il disavanzo, l’Italia diventerà una sorta di “sorvegliato speciale“.
Il passo successivo nei confronti del “sorvegliato speciale” – accertate le violazioni dei due principi prima richiamati – sarà l’apertura della procedura di infrazione per debito eccessivo.
Trascorsi massimo sei mesi dall’apertura della procedura e se – nel contempo – non sono state messe in campo azioni efficaci per adeguarsi ai principi europei scatteranno le sanzioni che sarebbero devastanti per l’impatto che avrebbero sulle imprese, sui cittadini e sull’intero Paese.
Tre sono le sanzioni che rischia il Belpaese :
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- una multa pari allo 0,5% del Prodotto Interno lordo, che in valori assoluti raggiunge un importo pari a 9 miliardi di euro;
- il congelamento dei Fondi Strutturali, vale a dire dei finanziamenti che l’Unione Europea concede agli Stati membri da destinare a investimenti per la crescita economica e occupazionale ( che fino al 2020 ammontano a circa 73 miliardi di euro);
- la fine dei prestiti della Banca Centrale Europea che in concreto significherebbe la cessazione dei prestiti concessi per gli investimenti e, nel contempo, l’uscita dal programma di acquisto di Titoli di Stato della Banca centrale europea.
La Commissione europea nella riunione di domani 2 luglio e il Consiglio dell’Ecofin che si terrà il 7 luglio pronunceranno la “sentenza“ definitiva che può essere di condanna (ipotesi per la quale propendono la quasi totalità dei Governi europei), di assoluzione o anche di rinvio in autunno.
Gioca a favore dell’Italia la condizione di oggettiva debolezza nella quale si trova la Commissione, in considerazione del fatto che a seguito delle Elezioni europee è alla fine del suo mandato.
Il Presidente del consiglio Conte e il Ministro delle Finanze Tria in questi giorni sono impegnati in un difficile negoziato con l’Europa che rischia purtroppo di non produrre risultati positivi, a causa di alcune proposte che gli organismi europei giudicano quantomeno fantasiose (per esempio i “mini-bond”) e di alcune decisioni che vengono ritenute dagli stessi organismi europei incompatibili con gli equilibri di bilancio, come la Flat Tax.
Le frecce che hanno nell’arco il presidente Conte e il ministro Tria sono: i 3 miliardi risparmiati grazie alla minor spesa per il Reddito di cittadinanza e Quota 100; le maggiori entrate IVA (6%) e gli introiti derivanti dalla Cassa depositi e prestiti, che se utilizzati per abbattere il rapporto deficit-Pil (che scenderebbe al 2,1% rispetto al 2,4 programmato), potrebbero centrare il bersaglio di evitare la procedura di infrazione per debito eccessivo.
Quindi, nell’interesse dei cittadini, delle imprese e dell’Italia, ė auspicabile che il negoziato si concluda senza provvedimenti negativi per il nostro Paese.