Operazione "Gisella": fatta luce nei rapporti tra mafia e potere politico. Arrestato anche un carabiniere

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CATANIA – E’ anche grazie a un pezzino, oltre che alle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Luciano Cavallaro, che 28 anni dopo si è potuta fare luce sull’omicidio del consigliere comunale Paolo Arena, uomo di spicco della DC, ucciso a Misterbianco il 28 settembre 1991. Arena era l’elemento di congiunzione tra la politica e la mafia permettendo a quest’ultima di intervenire in affari lucrosi e in appalti miliardari.

E’ quanto emerge dall’operazione “Gisella” portata avanti dai carabinieri e che ha permesso di arrestare 26 esponenti affiliati al sodalizio criminale denominato dei Tuppi, operante nel territorio dei Comuni di Misterbianco e Motta Sant’Anastasia, attualmente confederato alla famiglia mafiosa dei Mazzei, storicamente affiliata a “Cosa Nostra”, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione di tipo mafioso, omicidio, estorsione in concorso, furto, ricettazione e riciclaggio in concorso, detenzione e porto illegale di arma clandestina, trasferimento fraudolento di valori e corruzione, con l’aggravante del metodo mafioso.

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Tra gli arrestati anche un carabiniere infedele di Motta Sant’Anastasia: il militare, in cambio di denaro, forniva informazioni utili ai clan. Il carabiniere è stato arrestato e sospeso dal servizio.

 

Paolo Arena, membro della direzione provinciale della Dc, fu ucciso con colpi di fucile caricati a pallettoni davanti al Municipio di Misterbianco in pieno giorno. Era molto conosciuto e apprezzato a Misterbianco: da lui dipendevano molte decisioni ed era sempre lui che pare indirizzasse molti affari che coinvolgano anche i clan. A uccidere Arena, secondo le indagini condotte dai militari dell’Arma, è stato il “pentito” Luciano Cavallaro, che si è autoaccusato del delitto chiamando in gioco un altro esecutore materiale del delitto e il boss Gaetano Nicotra, di 68 anni, tra gli arrestati, e il fratello di Mario, capo storico del gruppo ucciso nella faida mafiosa tra i clan dei “Tuppi” e Pulvirenti.

«Già pochi anni dopo l’omicidio di Paolo Arena – ha detto il procuratore Zuccaro – si è individuato come movente il tradimento che il clan Nicotra, egemone a Misterbianco, addebitava a Paolo Arena segretario della Dc locale per avergli voltato le spalle e dato il suo appoggio nella concessione degli appalti del Comune al gruppo dei Pulvirenti. All’epoca tutte le gare erano monopolizzate dalla mafia con l’apporto del funzionario corrotto e infedele che dava le dritte giuste per potersele aggiudicare. È grazie alla collaborazione del pentito Luciano Cavallaro – ha spiegato Zuccaro – che siamo riusciti ad avere la certezza processuale sul mandante: fu Gaetano Nicotra, fratello del boss Mario».

«Un’indicazione sul movente delle indagini – ha rivelato il comandante provinciale dei carabinieri di Catania, il colonello Raffaele Covetti – era giunta dal ritrovamento in casa di Gaetano Nicotra di un “pizzino”, con la dicitura ‘I traditorì, che riportava una lista di nomi, compreso quello di Arena».

 

L’ordinanza ha disposto il sequestro di conti correnti, beni immobili e attività commerciali per un valore complessivo di oltre € 1.500.000.  

 

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