Nella stanza dello psicologo. Chemsex, drogarsi per amare

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Chemsex è un termine coniato circa venticinque anni fa dallo scrittore londinese David Stuart, per descrivere una pratica molto diffusa, che consisteva nell’assunzione di droghe prima dell’attività sessuale al fine di migliorarne le prestazioni. All’epoca, il termine, veniva ricondotto al Party-n-Play (PNP), per indicare una sessualità promiscua che uomini gay e bisessuali praticavano sotto l’effetto di droghe.

Nonostante siano passati molti anni, il chemsex risulta ancora una pratica trasgressiva molto diffusa tra i giovanissimi. Di tale fenomeno, recentemente sono stati anche condotti da Will Law e altri interessanti studi pubblicati sull’International Society for Sexual Medicine, per esplorare l’uso di sostanze lecite e illecite in combinazione con il sesso, in un campione di uomini e donne eterosessuali, omosessuali e bisessuali. Da questo studio emergono che le sostanze più utilizzate nella pratica del chemsex sono: alcool, cannabis, farmaci (viagra e cialis), MDMA e GHB (droga dello stupro), conosciuta negli USA come “G”, “Juice”, “Liquid X” o “Liquid E”.

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Da un mio punto di vista, il chemsex fotografa la società in cui viviamo, dove l’Ideale è stato divorato da un Godimento mortifero senza limiti, dove tutto si può fare, e dove l’unico pensiero è quello di andare alla ricerca del piacere e del godimento. Una società che esige la prestazione, la forza, la virilità. Una società dove non c’è più tempo per i preliminari, dove si deve avere tutto e subito, e dove la pornografia lancia modelli da seguire. E per farlo, bisogna ricorrere all’oggetto droga prestazionale, non è un caso che la cocaina sia la droga più utilizzata del momento.

E così, nei rapporti sessuali, il piacere lascia il posto al godimento, i preliminari lasciano il posto ai farmaci, e il rapporto sessuale diventa una performance fisica che incute tremende ansie da prestazione. Rapporti sessuali che non accettano nessuna defaillances, e l’unico modo per essere all’altezza del compito richiesto, è quello di ricorrere alla sostanza, per avere un sempre un fallo-baionetta pronto all’uso. Ma in tutto questo carnaio, il rischio è quello di una dissociazione tra mente e corpo, e del contagio di malattie sessualmente trasmissibili. Inoltre queste nuove droghe danno l’illusione a chi le utilizza, che si può smettere di farne uso quando si vuole. Il soggetto che le utilizza s’illude quindi che può avere il controllo della situazione, che può usarle solo per una festa, o all’occorrenza, o quando ci si deve divertire. Ma questa è solo pura illusione, e più ci si convince di poter smettere quando se ne ha voglia, più il rischio di entrare nella dipendenza aumenta.

Per ulteriori approfondimenti relativi alla tematica del chemsex e delle dipendenze, puoi scrivere una mail, o chiedere un consulto al seguente indirizzo: Dr. Silvestro Lo Cascio, psicologo e psicoterapeuta, mail: siloc14@yahoo.it

Immagine tratta dal web

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