CATANIA – La giornata siciliana di Matteo Renzi inizia a Roma, con l’intervento in Senato sul decretone del Governo su reddito di cittadinanza e quota cento. “Voi non fate paura a noi, state facendo paura agli italiani!”, arringa il senatore del Partito democratico comunicando il voto contrario del suo gruppo. Poi il volo in direzione Palermo, per la prima tappa del mini-tour isolano di presentazione del libro “Un’altra strada”.
Come quella che l’ex premier tenta di imboccare dopo il micidiale uno-due subito col Referendum Costituzionale del 2016 e le Politiche del 2018. Una strada in salita, sulla quale è piombato anche il macigno degli arresti domiciliari dei genitori. Pochi giorni di pausa, e il senatore semplice di Firenze – come si proclama fieramente anche nel risvolto di copertina – è ripartito con le iniziative pubbliche e le presentazioni. Comprese quelle in Sicilia, terra di facili entusiasmi renziani e di terribili batoste – come quella di Catania capitale del NO al referendum costituzionale, con Enzo Bianco sindaco.
Da allora acqua sotto i ponti ne è passata. E forse sono cambiati anche i ponti. Bianco è candidato all’Assemblea nazionale del partito con Nicola Zingaretti, il candidato più distante dal renzismo, e altri che negli anni di Governo stavano con il golden boy della politica italiana se ne sono andati. Forse colpiti da quella “sindrome del beneficiato rancoroso” teorizzata da Giulio Andreotti e citata sin dalle prime pagine del libro.
“Vengo in pace, per una volta non sono qui per chiedervi il voto”, scherza Renzi salendo sul palco dell’Istituto San Giuseppe di Catania – 480 posti a sedere, almeno altrettante persone in piedi – scortato dal Segretario regionale Davide Faraone e dai padroni di casa Luca Sammartino e Valeria Sudano. In platea, tra gli altri, i sindaci di Misterbianco Nino Di Guardo e di Militelllo Giovanni Burtone, gli ex Assessori Salvo di Salvo, Salvo Lombardo e Marco Consoli, l’ex Presidente del Consiglio Comunale Francesca Raciti.
Dopo l’introduzione di Sammartino, l’ex premier parte all’attacco: “Da Catania vorrei lanciare un messaggio al senatore catanese Giarrusso, per dirgli che non ci facciamo intimidire da chi ci augura l’impiccagione – dice – Dobbiamo reagire al clima infame che si sta creando in questo Paese, quel clima per cui un maestro di Foligno prende in giro un bambino di colore davanti ai suoi compagni, e per cui una cantante come Emma Marrone viene insultata per aver espresso un’opinione. E non sono soltanto troll della Lega, sono anche membri delle Istituzioni e del Governo. Dobbiamo costruire un’alternativa a questo becero populismo”.
Per Renzi questa reazione deve venire dal PD. A patto di non commettere gli stessi errori del passato, e qui entra in gioco l’ex Segretario: “Mi auguro che chi vincerà le prossime primarie non debba subire ciò che ho subito io – dice – che dopo aver vinto due volte con il settanta per cento sono stato bersaglio di una guerra interna. Abbiamo commesso degli errori? Certo, siamo stati mille giorni al governo, se non avessimo commesso errori saremmo stati Robocop. Ma avevamo un’idea di Paese, abbiamo rimesso in moto l’economia. Da quando sono arrivati questi siamo in recessione. O sono incompetenti o portano sfiga”.
C’è tempo per un passaggio sull’arresto dei genitori – “Mi sembra di vivere una vicenda kafkiana. Ma si vada in aula, si faccia il processo. Nei Tribunali, non sulle pagine dei giornali” – e per un aneddoto divertente su Coppi e Bartali. “Abbiamo il dovere di continuare a credere nel futuro – conclude l’ex premier – tornerà il tempo della politica contro il populismo, c’è un’altra strada che possiamo percorrere”. Il popolo renziano catanese ne è convinto.