Alla scoperta della Giordania/1 "Pensare troppo fa invecchiare"

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Il giorno del nostro arrivo ad Amman sembra lontano anni luce, quando invece sono passate appena un paio di settimane. Le sensazioni di calore e conforto e allo stesso tempo di nostalgia che questo Paese provoca rendono molto difficile la partenza.

Io e la mia compagna di viaggio, Sofia, veniamo avvolte giorno dopo giorno dal calore della cultura giordana, forse solo paragonabile alla Sicilia e al Meridione di un tempo, prima che la diffidenza e il dubbio prendessero il sopravvento.

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I Giordani sono un popolo molto accogliente e caloroso, tanto da risultare a volte soffocante. Sono persone allegre, che vivono ogni giorno nella sua unicità e semplicità.

La frase che più ci si sente rivolgere è “Welcome to Jordan” (Benvenuto in Giordania), ripetuta fino allo sfinimento centinaia di volte al giorno. I saluti giordani tipici sono “Salam Alecum”, una specie di augurio di pace che usano all’entrare nella casa o nel negozio di qualcuno, e il meno formale “Mahabar”.

I momenti importanti della giornata sono scanditi dai riti del tè e del caffè. Il caffè giordano, molto simile a quello turco, viene arricchito dal gusto pungente del cardamomo tostato e pestato, che a quanto pare inibirebbe il potere eccitante della caffeina.

I profumi e i colori di questa terra catturano lo sguardo e il pensiero e travolgono in un vortice di esperienze da cui si viene risvegliati solo alla partenza.

La Giordania si trova geograficamente e politicamente in una posizione difficile, tra Israele, Palestina, Siria, Iraq, Arabia Saudita ed Egitto, posizione che ancora oggi costa al Paese una serie di difficoltà economiche notevoli. La situazione economica giordana iniziò a peggiorare negli anni Novanta con la guerra del Golfo e poi negli anni della guerra in Siria, che scoraggiò gran parte del turismo, una delle principali fonti di ricchezza del Paese (nel 2010 arrivavano in Giordania 8 milioni di turisti, mentre nel 2014 il numero era sceso già a 3 milioni). Il contrasto tra la città di Amman e luoghi unicamente turistici come Petra è evidente.

Nonostante tutto, il PIL della Giordania è cresciuto del 2% nel primo trimestre del 2018 e tale si è mantenuto fino ad oggi. L’agricoltura, settore molto importante per l’economia giordana, ha risentito parecchio della chiusura delle frontiere con i mercati di riferimento come Iraq e Siria.

Nonostante le difficoltà economiche, l’accoglienza è sacra per questo popolo. Quando chiediamo il numero degli abitanti della Giordania, ci viene risposto nove milioni, includendo in questo numero i due milioni di rifugiati siriani.

La prima sera ad Amman conosciamo Rami ed Amr, i nostri compagni di viaggio durante la permanenza nella capitale. Amr ci racconta delle difficoltà culturali che ancora oggi costruiscono barriere tra le etnie e i popoli presenti in Giordania: arabi, armeni e circassi, con una buona parte di abitanti di origini palestinesi e siriane e un 25% di Beduini, che dalla Penisola arabica si stabilirono in Giordania in seguito alla Rivolta Araba. Parliamo della situazione politica della Giordania e dei Paesi limitrofi. Di grande rilevanza per l’equilibrio del Paese, raccontano, sono ancora oggi i rapporti tra la monarchia e le tribù beduine. Tra i problemi principali, la corruzione e il favoreggiamento nel mondo del lavoro, provocati generalmente da questioni culturali o religiose, la disoccupazione e spesso il mancato rispetto dei diritti del lavoratore.

La conversazione si sposta da argomenti di attualità ai gusti musicali. Scopriamo la cantante egiziana Umm Kulthum, leggenda musicale a partire dagli anni 30, la cui voce accompagnerà il mio ritorno in Europa, rendendo la partenza meno amara.

Il quarto giorno in Giordania inizia con il viaggio verso sud. Sul pullman per Petra tutti parlano animatamente in arabo dietro di noi. Una ragazza discute per una buona mezz’ora con un tassista, sostenendo di averlo pagato e non avere ricevuto il resto corretto. Tutti si intromettono finchè uno degli autisti della compagnia non decide di dare all’uomo cinque dinari (circa 6,25 Euro) di tasca propria pur di concludere la discussione. Alle sei e mezza partiamo dalla stazione di Abdali. Vediamo scorrere questa città accanto a noi che vi corriamo dentro nel traffico di quest’ ora mattutina. Tutti gli edifici sono molto chiari, costruiti in pietra bianca o cemento. Le colline di Amman sembrano enormi Favelas, le case e i palazzi costruiti uno sopra l’altro, con una densità incredibile. Il grigio è il colore che prevale nel paesaggio di questa città che si staglia contro il cielo roseo di quest’ora dell’alba.

“Pensare troppo fa invecchiare”, ci dice Farech, uno dei beduini che ci accompagna nella scalata per arrivare al punto panoramico sul Tesoro di Petra. Dopo averci accompagnato fino a su, a volte dovendoci tirare di peso sul sentiero impervio in salita, ci accolgono nel loro piccolo mondo, la pietra rossa tappezzata di tappeti, con un bicchiere bollente di tè zuccherato. Mangiando pane giordano e fumando narghilè ci raccontano della loro vita di beduini, di giovani del deserto, sostenuti da un motto di felicità e pace, in cerca di mogli occidentali con passaporti “forti”per potergli permettere di viaggiare con più facilità. Farech e Emad rallegrano poi la discesa con scherzi e cantilene, “Un italiano vero, un beduino falso”, parafrasando Toto Cotugno.

Quello che di questa cultura di uomini e donne del deserto più affascina è la loro fiducia innata, la voglia di aiutare chi lo chiede. I beduini non percepiscono altri esseri umani come nemici. Tutti sono potenziali amici, “dopo quarantaquattro giorni trascorsi insieme si è un membro della famiglia”.

Ecco dunque da dove ha origine l’ospitalità dei Giordani.

I Nabatei, popolo nomade proveniente dalla Penisola Araba che raggiunse il suo apice dopo la morte di Alessandro Magno, costruirono presumibilmente la città di Petra e la mantennero segreta al resto del mondo fino al 1812, quando l’esploratore svizzero Burckhardt, travestito da beduino, scoprì la posizione della città.

I beduini sono un popolo poliglotto. Riescono a parlare inglese, spagnolo, italiano e a volte anche russo. I nomadi non sono più cosi tanti, ma la loro natura di esploratori li trasforma oggi in viaggiatori insaziabili e ricercatori instancabili.

Tornate da Petra, il corpo ci chiede riposo. Dopo una cena a base di brodo di pollo, Hummus, insalata di pomodoro, cetrioli e coriandolo, e pollo con riso ci accingiamo a dormire. Il nostro taxi per il Deserto verrà a prenderci alle sei del mattino. Bisogna preparare il corpo e lo spirito per ciò che ci attende a Wadi Rum.

Fine prima parte

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