Sottratti fondi ai pazienti per scopi personali. Arrestato l'avvocato Labisi, i suoi familiari e alcuni collaboratori

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CATANIA – Associazione a delinquere finalizzata all’appropriazione indebita di somme di denaro. Con questa accusa gli uomini della Dia di Catania diretta da Renato Panvino, coordinati dalla Procura guidata dal Procuratore Carmelo Zuccaro, hanno arrestato nelle scorse ore Corrado Labisi, 65 anni, già presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto medico Psico-Pedagogico Lucia Mangano. Ai domiciliari sono finiti la figlia Francesca Labisi, 33 anni, la moglie Maria Gallo, 60 anni, e i collaboratori Gaetano Consiglio, 39 anni, e Giuseppe Cardì, 57 anni.

Secondo gli inquirenti Labisi avrebbe distratto i fondi erogati all’Istituto dalla Regione Siciliana – dai 6 agli 8 milioni di euro l’anno, secondo gli inquirenti – per fini diversi, facendo raggiungere alla struttura un debito di 10 milioni di euro. Il solo Labisi avrebbe utilizzato 1.341.000 euro, mentre la moglie 384.000 euro. Tra le attività finanziate con fondi ottenuti illecitamente, secondo i magistrati, quella dell’Associazione “Saetta-Livatino”, dedicata ai magistrati uccisi da Cosa nostra, e quella dell’Associazione “Antonietta Labisi”, intitolata alla madre del medesimo. Ai funerali della quale, annotano gli inquirenti, sarebbe comparso un mafioso di grosso calibro come Giorgio Cannizzaro, esponente del clan Ercolano-Santapaola condannato a otto anni nel corso dell’Operazione “Fiori Bianchi”.

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Da questa doppia condotta – da una parte l’impegno antimafia, dall’altra i metodi illeciti e le amicizie equivoche – gli inquirenti hanno ricavato il nome dell’operazione. “Questa operazione, per la delicatezza dei soggetti coinvolti, è stata seguita personalmente ai vertici della Dia – ha detto in conferenza stampa Renato Panvino – Per chi vive in Sicilia, far parte di un comitato antimafia è qualcosa in più: c’è la partecipazione delle coscienze e al sangue pagato dagli eroi, tra cui Falcone, Borsellino e Livatino. Parlare di antimafia qui richiede un pizzico di umiltà e di rispetto per le vittime e le loro famiglie”. Proprio il contrario di quanto avrebbe fatto l’animatore del premio “Livatino”. Che anzi, all’indomani di una perquisizione disposta dagli inquirenti, avrebbe cercato di utilizzare la sua rete di conoscenze per intervenire.

In particolare, pochi giorni dopo, Labisi è stato intercettato in colloquio con un amico già appartenente al Ministero della Difesa, cui avrebbe parlato di un interessamento di un uomo dei servizi la suo caso. “Dobbiamo capire a 360° se c’è qualcuno che deve pagare, perché questa è la schifezza fatta ad uno che si batte per la legalità… vediamo a chi dobbiamo far saltare la testa”, sono le parole registrate dagli inquirenti. A fronte delle quali l’amico non mostra di prendere le distanze.

Ma l’indagato avrebbe goduto anche di altrui contatti: “Sono stati accertati contatti di altissimo profilo nell’ambito della massoneria – ha detto il Procuratore Zuccaro – È lo stesso Labisi che rivendicava questi contatti che avrebbero dovuto aiutarlo a mettere bastoni tra le ruote all’indagine. Parla dei pubblici ministeri che si stanno occupando dell’inchiesta. Parlava di questi contatti importantissimi, e avendo saputo dell’indagine avrebbe provato ad ostacolarla”. 

LA NOTA DELLE ASSOCIAZIONI – “Piena ed incondizionata Gratitudine e Stima esprimiamo nei confronti di quanti, Magistrati e Forze dell’Ordine di Catania, hanno lavorato alla realizzazione dell’operazione “Giano bifronte” di questa mattina che ha visto l’arresto di Corrado Labisi e dei suoi sodali, pur facendo salvo sempre il presupposto d’innocenza sino a condanna definitiva”. Lo scrivono le Associazioni d’Impegno Civico Antimafia per la Giustizia “TECNOPOLIS” e “Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino”.

“Non siamo, non siamo mai stati e mai lo saremo in seguito “giustizialisti” e non auguriamo il carcere ad alcuno ma è pur vero che ad una violazione di legge deve seguire anche una riparazione… soprattutto quando si strumentalizzano figure adamantine. Da tempo le Associazioni denunciavano le stranezze intorno al sedicente e girovago “comitato antimafia” prima intitolato solo al Giudice Rosario Livatino e dopo le diffide del dottor Vincenzo Livatino e querele delle Associazioni, anche al Presidente Antonino Saetta e al Giudice Gaetano Costa per avere maggiore credibilità presso l’opinione pubblica e le Istituzioni, alcuni dei quali rappresentanti hanno continuato ad avere rapporti nonostante essere stati avvisati ritirando anche un secondo ulteriore premio”.

“Nei due esposti-querela presentati da Vincenzo Gallo nel febbraio 2010 e nel maggio 2014 si denunciavano “stranezze” ed addirittura l’esistenza di una presunta cugina “Rosaria Livatino” (che così non si chiama) fatta entrare all’interno del carcere “Bicocca” di Catania per un’altra puntata del “premificio”. Tutto archiviato e senza controquerela da parte degli “animatori” del premio sui quali forse è opportuno approfondire le indagini proprio per il coinvolgimento della massoneria”.

“Questo comunicato non vuole essere un atto formale ma piuttosto un concreto atto di vicinanza che culmina nella richiesta da parte del primo sottoscrittore della presente di riprendere le querele presentate attraverso i carabinieri della Stazione di Canicattì (Agrigento) e di fare chiarezza su tutto e su tutti, facendo salva l’eventuale costituzione di parte civile in giudizio per i danni all’immagine dell’Associazione “Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino”.

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