CATANIA – Tempo d’estate e tempo di Cinema all’aperto. Le nostalgiche Arene luogo cult degli anni cinquanta e sessanta resistono all’inesorabile scorrere del tempo, anche nell’era dei social. Tre le arene superstiti nella nostra città: la storica Arena Corsaro, la spaziosa e moderna Arena Adua e l’intellettual chic Arena Argentina.
Con l’avvento del digitale anche i cinema all’aperto hanno dovuto adeguarsi alle nuove normative vigenti e alla tecnologia che ha preso il posto delle grandi e a volte rumorose bobine di pellicole cambiando in maniera irreversibile il lavoro del proiezionista.
“Con il digitale è cambiato tutto – racconta Nino Gallitto, cineoperatore da oltre sessant’anni – la visione, anche su schermi qualitativamente non ottimali, come quelli delle arene lasciati alla balia del freddo e della pioggia per tutto l’inverno,diventa migliore e il lavoro dell’operatore si è notevolmente semplificato, non c’è più il rischio che la pellicola s’infiammi o l’immagine salti e gli attori del film si vedano a metà, ma la poesiadel mestiere raccontato da Giuseppe Tornatore è oramai solo un vecchio ricordo e per lavorare ci si deve necessariamente aggiornare”.
In Sicilia sopravvivono solo venti strutture, che vivono grazie alla presenza di un pubblico sempre più affezionato. Non solo ragazzi, ormai brizzolati, che andavano con i genitori o i nonni a vedere le proiezioni dei tempi d’oro del cinema italiano ma anche giovani universitari, famiglie e coppie di fidanzati che preferiscono una serata da passare sotto le stelle.
Francesco Gallina, gestore dell’Arena Adua e del cinema Moderno di Mascalucia, pone l’attenzione non solo all’ambito catanese ma regionale: “È inutile nascondere la testa sotto la sabbia. I fedelissimi ancora esistono e resistono, sono lo zoccolo duro del nostro lavoro e del nostro pubblico. Catania offre tante possibilità, non è un piccolo centro; molti colleghi dell’entroterra vivono, per assurdo, meno questa crisi, perché ancora per molti il cinema è rimasto l’unica vera alternativa alla quotidianità. Noi da un quinquennio alterniamo cinema e teatro in modo da dare una scelta più ampia agli spettatorie, soprattutto, continuare a lavorare”. Ed ancora aggiunge: “Anche se il settore è in crisi e l’attività dei cinema all’aperto si può collocare tra i lavori stagionali i biglietti si vendono e il botteghino indipendentemente dai giorni con la tariffa ridotta è sempre affollato, ovviamente tutto dipende anche da una buona gestione, dalla cura delle struttura, dall’accoglienza del personale e dalla programmazione offerta”.
Dello stesso parere anche Lodovico Gallina, storico gestore di Cinema a Catania che attualmente ha lasciato tutto in mano al figlio Tony che cura l’Arena Corsaro e il Cinema Trinacria di Misterbianco: “Tecnologicamente ci siamo adeguati anche all’arena Corsaro, ma gli aiuti finanziari da parte dello Stato per comprare il digitale sono minimi per affrontare i reali costi che comporta rivoluzionare realmente la cabina di proiezione e causa del digitale molti cinema in Sicilia hanno preferito chiudere in quanto il costo minimo per comprare un proiettore di alta definizione supera i 50000 euro e l’assistenza da parte dello Stato è minima. Una volta con il guadagno di un’estate si riusciva a vivere anche per una parte cospicua della stagione invernale, oggi i tempi sono cambiati ed anche se il pubblico non ci ha abbandonato le tante offerte della televisione, internet e dei canali specializzati di cinema hanno in parte danneggiato il nostro mondo indipendentemente se all’aperto o chiusi ma ancora si può vivere dignitosamente di questo lavoro”.
Mentre Fabio Gaudioso, addetto stampa Cinestudi e porta voce della trentennale Arena Argentina aggiunge: “Cerchiamo sempre di soddisfare le esigenze del pubblico con una programmazione mensile sempre più attraente, variegata e diversa con giorni dedicati all’universo femminile o ai cult cinematografici ed è bello respirare un’atmosfera particolare, poter osservare le tante coppie di ragazzi abbracciarsi o scherzare davanti un film come se la frenesia della nostre città fosse qualcosa di lontano e diverso dal nostro quotidiano”.