I grandi problemi sociali che i cittadini italiani, in particolare quelli che vivono al Sud, avvertono sulla loro pelle sono: la mancanza di lavoro, il cattivo funzionamento della sanità, le pensioni troppo basse, i servizi sociali inefficienti, l’immigrazione.
L’immigrazione anzi é il tema più sentito dopo quello del lavoro.
I partiti, archiviata la fase delle promesse mirabolanti e delle proposte a effetto, contestualmente alla definizione delle liste, stanno approntando le possibili risposte ai problemi anzidetti con l’obiettivo di catturare il più ampio consenso possibile.
Quando questi programmi saranno definiti in tutte le loro parti e presentati, gli elettori potranno valutare se si tratta dei soliti libri dei sogni o se questa volta, invece, si tratta di proponimenti seri e concreti, accompagnati da indicazioni precise circa i tempi di realizzazione delle misure da adottare, le coperture finanziarie e la compatibilità con le norme internazionali.
Quindi c’è da augurarsi che in questa circostanza elettorale emerga – se c’è – quella cultura di governo che i partiti e chi li guida dovrebbero avere.
Di alcune questioni però non parla nessuno come se non avessero nessuna centralità o non incidessero sulla vita di ciascuno di noi, sul presente e sul futuro del nostro Paese.
Mi riferisco ai problemi della giustizia e della scuola.
Infatti nessun esponente politico intervistato dai media dice come risolvere il problema del riequilibrio dei poteri tra politica e giustizia; l’eventuale separazione delle carriere; l’obbligatorietà dell’azione penale; le garanzie dei cittadini. Insomma, tranne qualche battuta generica e fugace, di tutti quei problemi che campeggiano sulle prime pagine dei giornali ogni qual volta in Italia c’è un problema di mala giustizia i leaders dei partiti non ne parlano, nè tantomeno si cimentano nella ricerca delle possibili soluzioni.
Un’altro tema che sembra scomparso dai radar delle forze politiche è quello della scuola; eppure questo tema viene indicato, a ogni pie’ sospinto, come il rimedio di tutti i mali della società contemporanea, la panacea che potrebbe debellare la violenza giovanile, la diffusione delle droghe, il razzismo.
Alcuni autorevoli studiosi sembrano assecondare questa tendenza della politica a non parlare di giustizia e di scuola perché – a loro dire – tali questioni vanno discusse nelle commissioni legislative, nelle istituzioni deputate e nel Parlamento; sostengono cioè che vadano tenute al riparo della polemica elettorale.
Io non la penso allo stesso modo, ritengo invece che sia assolutamente doveroso parlarne, proprio per il rispetto che si deve agli elettori e alle elettrici che sono chiamati dalla Costituzione a rinnovare il Parlamento.
Sulla giustizia, al netto della riforma varata dal governo Renzi che rappresenta certamente un passo in avanti, restano aperti tanti problemi: il rapporto tra giustizia ed economia; il cattivo funzionamento della macchina giudiziaria che talvolta paradossalmente genera corruzione; la lentezza dei procedimenti civili e penali (che spesso frena la crescita di imprese e investitori esteri, oltre a rappresentare una fuga dalla giustizia medesima); i costi legali che sono notevolmente più alti rispetto agli altri Paesi: assistenza legale e spese processuali sul valore complessivo della causa incidono circa il 30 per cento, contro il 14,4 per cento della Germania, il 9,9 per cento della Norvegia.
Resta, infine, irrisolto il problema del pieno rispetto dei principi dello stato di diritto.
L’Italia, culla del diritto, non può accettare questa realtà anche per il rispetto che si deve a quei magistrati ed operatori del diritto – che sono la stragrande maggioranza – che ogni giorno fanno il loro dovere.
E che dire della scuola? Uno dei due pilastri del sistema educativo della nostra società (l’altro è la famiglia) dove gli insegnanti, che sgridano i bambini per una monelleria, che redarguiscono i ragazzi particolarmente esuberanti, che impediscono l’uso del cellulare in aula o danno un voto cattivo, spesso sono vittime di aggressioni violente da parte dei genitori.Per non parlare del fatto che gli insegnanti dopo una vita piegata sui libri a studiare e ad aggiornarsi hanno un trattamento economico mortificante: poco più della metà di quanto guadagnano i loro colleghi tedeschi, francesi e inglesi.
Quindi una società che aspira a crescere e ad intercettare capitali esteri per arricchire il suo tessuto produttivo deve investire nel sistema educativo e in quello giudiziario; perché destinare più risorse economiche e più attenzioni alla scuola e alla giustizia significa investire sul suo futuro.
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