I maestri orologiai di Bisacquino. Da Rosario a Paolo Scibetta cinque generazioni che hanno segnato il tempo

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Rosario arriva a Bisacquino agli albori del secolo diciottesimo dalla provincia di  Agrigento e impianta una piccola bottega artigiana per la costruzione di serrature per porte, e successivamente perfeziona la sua tecnica, sfruttando la sua spiccata intelligenza riesce a costruire armi, fucili e pistole. Sarà poi il figlio Calogero a convertire il vecchio mestiere di armaiolo in quello più pacifico di costruttore da orologi da torre a gabbia metallica; e il figlio di quest’ultimo Vincenzo che per genialità supera il padre e maestro diventa l’artigiano del tempo. Costruire un orologio, per Vincenzo Scibetta era come addomesticare il tempo, addolcirne gli esiti contro la brevità della vita umana. Vincenzo con il fratello Salvatore costruisce il primo tornio a pedale, un vero gioiello della meccanica di quei tempi, un forno per la fusione dei metalli, una piattaforma per dividere e fresare le ruote dentate e tutte le altre macchine e utensili per la costruzione degli orologi, trasformando l’azienda di famiglia da artigianale ad una a carattere semindustriale. Nasce cosi la Vincenzo Scibetta e figli e la produzione di orologi destinati all’intero territorio nazionale; da ricordare   l’orologio della chiesa Madre di Bisacquino dotato di una complicata suoneria è stato installato nel 1892 ma ancora oggi da l’ora esatta a tutti gli abitanti del paese. E’ un pezzo unico nel suo genere, infatti oltre alle normali suonerie delle ore, quarti, mezzogiorno e mezzanotte suonava anche l’entrata a scuola per gli alunni, e attraverso un meccanismo chiamato la “ruota di Archimede” anche il risveglio e le due ore di notte che con 150 rintocchi avvisavano i contadini che era ora di rientrare la sera e di alzarsi la mattina tenendo conto dell’accorciarsi e dell’allungarsi dei giorni nelle diverse stagioni.  

 La grande produzione, votata alla qualità di ingranaggi e movimenti, prosegue per tutto il secolo con la realizzazione di altri orologi nelle principali città siciliane e nelle principali province:  tra i quali l’orologio di palazzo Steri a Palermo, passando per Carini, Caltavuturo, Cinisi, Giuliana, Gratteri, Porto Empedocle, Ribera, Gibilmanna, Sciacca e così via. Una tradizione, quella della costruzione di orologi da torre, che si inoltra nel ventesimo secolo e con le nuove tecnologie, l’artigiano del tempo si trova davanti nuove sfide, sempre più interessanti. E così, i tre fratelli Scibetta Vincenzo, Paolo e Rosario creano un Orologio Geografico Universale, che riesce a sincronizzare il fuso orario di Roma con quello dei principali della Terra. Per la sua originalità è stato brevettato con il  n° 1715, persino riconosciuto alla terza fiera del Mediterraneo..

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Per realizzare un vero orologio da torre, occorrono circa quattro mesi di duro lavoro. Si parte dal disegno, per continuare con il quadrante in plexiglas opalino, i numeri, le lancette, il materiale elettrico.

I figli di Paolo non hanno portato avanti il lavoro del padre e dei loro avi, ma ne serbano la memoria e gli strumenti. Dal 2004  grazie all’intervento della Soprintendenza ai Beni Culturali di Palermo la bottega artigianale, è diventata un “MUSEO DELL’OROLOGIO”, un prezioso patrimonio della comunità bisacquinese, dove sono presenti tutti gli attrezzi per la costruzione degli orologi, i banconi da lavoro, alcuni esemplari di orologi, una cartina geografica della Sicilia fatta in lamiera dove è indica l’esatta ubicazione e la collocazione di tutti gli orologi costruiti dalla famiglia, nei vari paesi.

Cosa resta di questa antica tradizione.. il ticchettio degli ingranaggi misto al suono delle campane; resta un piccolo grande museo che riesce ancora a raccontarci  la storia di questi straordinari artigiani, geni inventori, sapienti costruttori delle macchine del tempo che nel chiuso del proprio laboratorio liberarono la loro arte contribuendo a realizzare un pezzo di storia siciliana, una storia d’altri tempi, di quando la manualità e l’inventiva dell’uomo avevano ancora il predominio sulla tecnologia.

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