CNA: in Sicilia troppe tassazioni e nessun controllo all'abusivismo imprenditoriale

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L’artigianato e la piccola e media impresa siciliana, sono settori da valorizzare e promuovere ma che troppo spesso si trovano ad affrontare numerosi ostacoli dovuti alla burocrazia, che non crea un terreno favorevole, alle pesanti tassazioni fino alla battaglia contro l’abusivismo imprenditoriale. Abbiamo chiesto ad Andrea Milazzo segretario provinciale del CNA Catania un quadro sull’attuale situazione.

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Dopo la crisi che ha attraversato il nostro paese, qual’è l’attuale stato della piccola e media impresa, vi è una ripresa?

La ripresa è un concetto composito, in Italia è lenta e la definirei asimmetrica sia nei settori che nei territori, e questo vale anche per la Sicilia. Sta crescendo il numero complessivo di imprese, ma più del 60% della crescita è  riconducibili a solo 3 settori che sono il turismo, il commercio e i servizi, quindi la produzione non cresce. i settori tradizionali come le costruzioni o la produzione metalmeccanica, sono ancora in negativo da trimestre in trimestre i dati cambiano di poco, l’unico positivo nella produzione è il comparto alimentare. Invece il turismo è in crescita anche perché al momento stiamo beneficiando della paura del terrorismo che ha colpito altri paesi. Se parliamo di turismo dobbiamo parlare di beni culturali, in Sicilia è presente il 40% del patrimonio nazionale se lo confrontiamo ad un altra regione come la Toscana, lì, di certo l’80% di questi beni sarebbero stati ristrutturati mentre da noi è stato ripulito solo il 20%, ciò significa che tante imprese che potrebbero lavorare in questo settore sono impossibilitate e questo perché al governo regionale manca una programmazione dei fondi europei.

E per quanto riguarda l’imprenditoria giovanile, può fornirci qualche dato?

Molti giovani scommettono sul settore imprenditoriale, uno dei dati camerali del 2016 registra il +10,2% nelle imprese under 35 e questo ha determinato la crescita complessiva dell’imprenditoria nazionale, tra il 2015 e il 2016 ci sono state +41 mila imprese e il saldo positivo è legato sia al basso livello di cancellazione, sia al boom di imprese giovanili e questo è accaduto anche nella nostra regione.

Le piccole imprese vivono uno stato che possiamo definire precario. Quanto influiscono, in questa situazione, la burocrazia e le eccessive tassazioni?

Oggi viviamo una serie di limitazioni e di freni che non ci permettono di essere competitivi con le altre nazioni e con le imprese europee, il dato principale che emerge è il peso della pressione fiscale. Nel nostro centro studi, che ogni anno analizza il Total Task Raid, cioè il prelievo complessivo dello stato sul reddito d’impresa, Catania è una delle città peggiori in Italia. Il fattore determinante sono le imposte locali quindi l’Imu e Tari che fanno registrare il dato complessivo nel paese di 61,2% mentre Catania arriva al 68,8% la più virtuosa città è Trento che è al 54% quindi tra un’impresa catanese e una trentina ci sono 14 punti di prelievo in più dello stato. Ma già in Sicilia esistono realtà con differenze enormi, un artigiano catanese tra Imu e Tari paga 11mila euro di tasse, mentre uno ennese ne paga 5mila, a soli 100 km di distanza, questo comporta anche una concorrenza sleale perché un’impresa di Enna nel nostro territorio diventa più competitiva. Parliamo di due imposte odiose, l’Imu sui capannoni, per esempio, è assurda perché è un bene strumentale e non di lusso, la Tari ha un problema atavico perché i regolamenti dei comuni nel nostro territorio, non vengono modificati alla luce di una sentenza della cassazione, di un chiarimento ministeriale, che presupponeva il diritto a non pagare la Tari alle aziende che smaltiscono a proprie spese i rifiuti speciali.

Voi portate avanti da anni una dura lotta contro l’abusivismo imprenditoriale, un fenomeno che purtroppo sembra inarrestabile.

Il problema dell’abusivismo c’è sempre stato ma con la crisi è aumentato esponenzialmente, noi non vogliamo fare una guerra, pensiamo solo sia una battaglia di legalità e civiltà e se pagassimo tutti, le tasse sarebbero di certo minori e crescerebbe invece la qualità dei servizi. L’abusivismo imprenditoriale non è affrontato come si dovrebbe dalle amministrazioni locali che, attraverso il corpo dei vigili urbani, avrebbero il potere di controllare e sanzionare. Oggi c’è un esercito di autoriparatori, impiantisti, muratori, parrucchieri, estetisti che operano sotto gli occhi di tutti ma nell’indifferenza, senza alcuna preoccupazione e non pagano nulla ne si pongono il problema dello smaltimento dei rifiuti, quindi inquinano il territorio. Purtroppo il problema dell’abusivismo è strettamente legato al mancato controllo, che invece è troppo forte e presente per chi è messo legalmente in regola, quindi un artigiano subisce controlli per l’uso del suolo, per l’evasione degli scontrini, per l’aggiunta nel registro dei rifiuti, per la soglia dei decibel nell’inquinamento acustico, mentre chi opera i nero può far quello che vuole e agire indisturbato. Infine il risultato che passa è quello che è meglio stare dall’altra parte, ciò comporta un numero crescente di cancellazioni nel nostro campo. Catania oggi è un far west dell’abusivismo imprenditoriale, continuiamo questa battaglia chiedendo però un maggiore aiuto al personale addetto al controllo.

di Agnese Maugeri

 

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