Aprile è il Mese dell’Ambiente: in occasione della ricorrenza si è svolto ad Acireale il convegno “One Health”

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L’approccio “One Health” è stato il filo conduttore di un convegno che si è tenuto al Palazzo di Città, nell’ambito del “Mese dell’Ambiente”, su iniziativa della psichiatra acese Costanza Vecchio con il giornalista Mario Agostino che ha moderato i lavori. Modello sanitario che integra varie discipline, “One Health” si basa sulla interconnessione tra la salute umana, animale ed ambientale, uno degli aspetti del confronto che mirava anche a discutere delle nuove sfide poste dalla crisi climatica, dall’inquinamento e dalle emergenze sanitarie globali. Gea Oliveri Conti, docente di Igiene all’Università di Catania, ha spiegato come l’inquinamento dell’aria e dell’acqua possa mettere a rischio la salute umana. “Oggi – ha osservato – parlare di “One Health” significa considerare la salute dell’uomo, degli animali, dell’ambiente e dei sistemi sociali in modo integrato. Un aspetto sempre più rilevante è la salute urbana. Le città sono colpite da fenomeni come isole di calore, inquinamento e cambiamenti climatici, che impattano sulla salute pubblica. Le ondate di calore aumentano malattie cardiovascolari, respiratorie e neurologiche, in particolare tra i più vulnerabili e le disuguaglianze sociali amplificano questi rischi. “One Health” implica promuovere una cultura del rischio e della resilienza ambientale, educando i cittadini a riconoscere e ridurre i pericoli. È fondamentale investire nella percezione del rischio per adattarsi ai cambiamenti climatici. La salute mentale, compromessa dai cambiamenti ambientali, sta diventando una preoccupazione crescente, con aumenti di depressione e ansia climatica dopo eventi estremi. Le alte temperature e l’inquinamento – ha aggiunto – influenzano anche la salute riproduttiva e fetale. Bambini nati in ambienti urbani caldi o inquinati presentano più rischi di malformazioni e patologie. L’inquinamento da PM2.5 e il caldo aumentano il rischio di malattie cardiovascolari, come dimostrato da studi in Sicilia. Per affrontare questi problemi, sono necessarie politiche pubbliche integrate e città progettate per il benessere, con spazi verdi, mobilità sostenibile e accesso equo alle risorse. Il concetto di “città spugna”, che integra infrastrutture verdi e blu, può ridurre le isole di calore, mitigare i rischi idrogeologici e migliorare la qualità della vita. Infine, la transizione ecologica deve accompagnarsi a una transizione culturale: ognuno di noi ha la responsabilità di contribuire al cambiamento collettivo, mettendo la salute al centro dell’ambiente urbano”. Gian Luigi Spadoni, già docente all’Università Tor Vergata di Roma, ha illustrato i benefici del contatto con la natura: meno stress, sistema immunitario più forte, migliore sviluppo cognitivo. “La salute è un benessere fisico, mentale e sociale che si raggiunge con uno stile di vita sano, che comprende una dieta equilibrata, attività fisica e il contatto con la natura. Oltre ai farmaci, le terapie includono pratiche come fisioterapia, mindfulness, yoga e pet therapy. Gli interventi basati sulla natura, come il “forest bathing”, hanno effetti positivi sul benessere psicofisico. Stare in natura riduce lo stress, abbassa l’ansia e migliora la salute mentale, grazie all’esposizione a paesaggi naturali e ai suoni della natura. Studi scientifici mostrano che camminare in boschi e foreste ricche di biodiversità favorisce il rilassamento. Tecniche come la risonanza magnetica funzionale hanno rivelato che il contatto con la natura riduce l’attività cerebrale legata allo stress e stimola emozioni positive. L’immersione nella natura influenza anche il microbiota, migliorando il suo equilibrio, e l’inalazione di fitoncidi, sostanze naturali prodotte dalle piante, offre effetti anti-infiammatori, antiossidanti e neuroprotettivi. La foresta diventa, così, un luogo di rigenerazione, che coinvolge tutti i sensi e favorisce un benessere psicofisico completo, mostrando come il contatto con la natura sia un potente strumento di cura e prevenzione”. E rispetto alla cosiddetta “Terapia del bosco” Chiara Trifilò, presidente dell’associazione “Chiarìa”, ha presentato le attività dell’organizzazione, che promuove l’educazione ambientale e il diritto alla natura. Il sodalizio si occupa di ecologia affettiva e promuove la riconnessione con la natura, specialmente tramite attività pratiche nel bosco. La relatrice si è soffermata sul rischio di parlare solo tra persone già sensibili ai temi ambientali, sottolineando l’importanza di raggiungere anche chi ha perso il contatto con la natura. “La chiave per questo cambiamento – ha detto – è risvegliare la biofilia, il legame innato con altre forme di vita, e farlo attraverso esperienze emotive che coinvolgano i sensi”. L’associazione “Chiarìa” promuove l’educazione ecologica, soprattutto nelle scuole, attraverso esperienze dirette nella natura. In un luogo speciale, la “Casa della capinera”, si svolgono attività che abbattono barriere fisiche e culturali, rendendo la natura accessibile a tutti, indipendentemente da età, abilità o status sociale. La sua riflessione sul legame sacro con la natura ha portato alla creazione del primo sentiero di “land art” sull’Etna. Le discariche vengono trasformate in opere d’arte che celebrano la natura. Il progetto coinvolge scuole, minori stranieri non accompagnati e gruppi vulnerabili, sensibilizzando la comunità e creando un impatto positivo attraverso l’arte e l’ambiente. Sul fronte dell’impostazione didattica eloquente è apparsa la riflessione di Alfina Bertè, dirigente scolastica. “Non basta insegnare teoricamente – ha affermato la preside dell’istituto comprensivo “Giovanni XXIII” – ma è essenziale che i bambini vivano direttamente le esperienze naturali, tocchino, vedano e sentano la natura. L’obiettivo è applicare le conoscenze ambientali e urbane nei contesti di vita reali, sviluppando una consapevolezza attraverso la lettura della natura con gli “occhiali” giusti, ossia con il supporto delle discipline scolastiche. E in questo contesto – ha aggiunto – l’insegnamento non si limita alla mera trasmissione di contenuti, ma si estende alla capacità di trasformare le osservazioni degli studenti in azioni concrete, come la rigenerazione urbana. Questo approccio viene applicato anche in attività pratiche come il “service learning”, nell’ambito delle quali i bambini lavorano per restituire alla comunità ciò che ricevono dalla natura”. Infine, la “Casa di Momo”, attività presentata da Stefania Ferrara e Alba Seminara, frutto dell’azione di una cooperativa sociale che promuove progetti educativi in natura, supporto allo studio e iniziative socio-culturali. Il progetto, attivo dal 2013, nasce dalla collaborazione dell’associazione “Zero Storgus” e della cooperativa. Si propone come una rete di servizi, comprendente un polo educativo per bambini da zero a sei anni, una scuola primaria parentale e un centro specialistico per BES-DSA, tra gli altri. Il programma di educazione esperienziale in natura si sviluppa all’aperto, coniugando salute ed ambiente, in un agrumeto di 4mila metri quadrati, posto al centro di Acireale. I bambini partecipano a attività giornaliere immersi nella natura, con una struttura interna disponibile in caso di maltempo. Il progetto è stato riconosciuto dall’albo regionale per gli enti socio-assistenziali, permettendo ai bambini residenti nei Comuni di Acireale e Aci Castello di partecipare gratuitamente, come in un nido comunale.

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