Il Welfare pubblico per le donne vittime di violenza – Rubrica “Lavoro e Welfare”

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Secondo i dati Istat, In Italia il 31,5% delle donne tra i 16 e i 70 anni ha subito una qualche forma di violenza fisica o sessuale nel corso della propria vita ed il 13,6% ha subito violenza fisica o sessuale da partner o ex partner. La maggior parte delle donne che avevano un partner violento in passato lo hanno lasciato proprio a causa della violenza subita (68,6%). Il Servizio analisi criminale del Dipartimento di pubblica sicurezza del Ministero dell’interno e Save the Children Italia hanno analizzato i dati ufficiali del 2023 derivanti dagli interventi effettuati dalle Forze di polizia per episodi di violenza di genere e violenza domestica. Dal report è emerso che nell’anno scorso in Italia le richieste di aiuto e intervento per episodi di “violenza domestica o di genere” subita dalle donne sono state 13.793. Nell’ambito degli interventi classificati per “presunte violenze domestiche/di genere” nel 61,5% dei casi l’autore risulta legato alla vittima da una relazione di tipo sentimentale, attuale o passata ed in più di due casi su cinque (42%) risultano esserci minori coabitanti. Questi i dati ufficiali, restano fuori tutti i casi non denunciati.

In Italia e a livello europeo negli ultimi dieci anni sono state introdotte novità legislative volte ad intervenire sulla protezione e sulla tutela delle donne vittime di violenza, si pensi ad esempio all’introduzione nel Codice penale del cosiddetto Codice Rosso (Legge n. 69 del 2019) che, tra le altre cose, introduce l’obbligo per il pubblico ministero di ascoltare la vittima entro tre giorni dalla denuncia. Tale intervento normativo fornisce alle vittime una sorta di “una corsia preferenziale”, riducendo i tempi per l’adozione di eventuali provvedimenti a tutela.

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Ma a livello economico, lo Stato cosa mette immediatamente a disposizione delle donne vittime di violenza in termini di sostegno? Chi è in grado di comunicare adeguatamente modi e tempi per accedere a queste possibilità? Queste domande sono inevitabilmente correlate anche alle reali possibilità e alle tempistiche di messa in sicurezza delle vittime.

I centri antiviolenza e la Polizia di Stato hanno fatto e continuano a fare in questi anni un lavoro importantissimo, così come i Sindacati. Grandi assenti risultano le Aziende, che in realtà potrebbero essere, forse più dei Sindacati, il primo canale di accesso ad una comunicazione sicura e informata.

Proprio per questo da qualche anno nelle direzioni del personale più attente si è sviluppato un dibattito riguardante l’identificazione dell’azienda come luogo ampio e articolato di tutela della salute e di promozione del benessere psico-fisico della persona. Ci vorrebbe davvero poco, utilizzando sia semplici strumenti fisici (l’ufficio del personale) che digitali (servizi appositi e intranet aziendali), perché l’azienda divenga luogo di diffusione di informazioni puntuali e tutela di base delle lavoratrici e dei lavoratori.

Di seguito le due principali misure di sostegno economico (quindi rientranti nel concetto di welfare pubblico) per le donne vittime di violenza oggi disponibili in Italia:

Reddito di libertà per donne vittime di violenza: Un contributo economico di massimo 400 euro al mese per un anno, destinato alle donne vittime di violenza seguite dai centri antiviolenza riconosciuti. Questo aiuto mira a sostenere l’autonomia abitativa e personale delle beneficiarie (qui maggiori informazioni).

Il congedo indennizzato per vittime di violenza: qui le Aziende possono essere davvero la prima porta di ingresso alla misura. Le lavoratrici vittime di violenza di genere possono usufruire di un congedo retribuito per un massimo di 90 giorni nell’arco di tre anni. Questo congedo è disponibile per diverse categorie di lavoratrici, incluse quelle del settore privato, pubblico e autonome (ulteriori informazioni)

Una menzione speciale va alla Regione Piemonte, che si è dotata di un Fondo per il patrocinio legale per le donne vittime di violenza e maltrattamenti, con lo scopo di coprire le spese di assistenza legale sia in ambito penale che in ambito civile. Una misura che potrebbe essere replicata in altre Regioni.

Bonura Giuseppe Emiliano

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