«Il sistema dell’assistenza all’autonomia e alla comunicazione per gli studenti con disabilità è un “sistema malato” che va regolato con una regia unica a livello provinciale, per garantire condizioni uniformi di accesso e opportunità di reale inclusione. Non si riesce a comprendere se a prevalere sia il diritto allo studio e all’integrazione della persona (com’è giusto che sia) oppure il considerare questo servizio come un costo per le economie pubbliche». Lo affermano Lucrezia Quadronchi, segretaria territoriale della Cisl di Catania, e Rita Ponzo, segretaria generale Fisascat Cisl Catania, alla luce delle tante anomalie lamentate da molte famiglie e lavoratrici e lavoratori ASACOM (Assistenti All’Autonomia e alla Comunicazione) e da quanto il sindacato sta registrando nei vari Comuni della provincia etnea.
«Avvertiamo un certo grado di tensione – spiegano Quadronchi e Ponzo – perché il sistema pare andato in fibrillazione e attualmente non garantisce equità di trattamento in tutto il territorio catanese, come invece dovrebbe, a causa del comportamento ondivago di tante amministrazione comunali che applicano ciascuna formule diverse. A regolare l’accesso al servizio, infatti, appare essere il caso, o meglio la fortuna, di risiedere in un Comune meglio organizzato, anche economicamente, rispetto a un altro. A subirne le conseguenze sono l’alunno e il sistema stesso dell’inclusione che vede vanificato ogni sforzo di programmazione. Anche i lavoratori sono penalizzati. sia per l’applicazione di contratti “spazzatura”, sia per le ambiguità sorte dal nuovo modello progettuale dei Comuni che applicano una errata co-programmazione dei servizi».
«L’inclusione c’è ed è garantita – sottolineano le due dirigenti sindacali della Cisl – solo se effettivamente vengono assicurate tutte quelle condizioni previste per rimuovere qualunque barriera di ordine ambientale, della sfera della comunicazione e dell’integrazione ai processi di apprendimento e socializzazione».
C’è poi il caso del Comune di Catania, dove in tre anni si è passati da circa 200 assistiti a 700. «Ciò accade – spiegano Quadronchi e Ponzo – sia perché sussiste una maggiore consapevolezza del complessivo sistema inclusivo Istruzione-socio-sanitario e della significativa importanza della funzione della figura Asacom, prevista dalla legge 104, e di altre figure di assistenza. Sia, anche, per la scelta di tante famiglie che hanno la “sfortuna” di risiedere in Comuni limitrofi dove non trovano adeguate risposte e, per ottenerle, preferiscono rivolgersi al sistema del capoluogo, dove trasferiscono persino la residenza, poiché confidano in una dotazione finanziaria superiore, ma mettendo così in difficoltà l’intero sistema».
«Si può mai immaginare che l’inclusione si traduca solo sulla disponibilità finanziaria? O che abbia bisogno di una programmazione, di una presa in carico diversa da comune in comune? Possibile che su tale questione nessuno veda niente, nessuno si accorga di niente? Infine, ci chiediamo: ma è così “ingombrante e fastidiosa” per qualche amministratore la presenza delle organizzazioni sindacali e delle rappresentanze delle famiglie quando si concerta la programmare e organizzazione del servizio all’inizio dell’anno scolastico?»
C’è poi la nota dolente della co-programmazione. «Come può accadere che gli stessi soggetti che partecipano alla co-programmazione degli interventi siano poi gli affidatari del Pid?» si chiedono Quadronchi e Ponzo. «Non è arrivato il momento di mettere la parola fine a tale situazione? oppure di mettere mano a un chiaro regolamento sui servizi sociali che vieti la partecipazione all’affidamento diretto dei servizi a chi partecipa alla co-programmazione? È giunto il tempo di analizzare e discutere sull’applicazione, pedissequa, dei dettami della legge, senza interpretazioni singole, uniformando il modello delle politiche sociali, sia in ambito provinciale che in quello regionale».
«Ecco perché – concludono le due rappresentanti sindacali cisline – riteniamo sia giunto il momento che l’accesso degli alunni con disabilità all’assistenza debba basarsi su una programmazione su scala provinciale, con una regia unica nella provincia, per evitare che tutto sia demandato al caso. Per evitare che le famiglie, sfinite dalle difficoltà, arrivino a rinunciare all’assistenza e preferiscano ritirare i propri figli dalla scuola. Sarebbe un fallimento per la famiglia, per il diritto all’inclusione e per il diritto allo studio dei giovani con disabilità. Come diciamo da sempre, per noi della Cisl ci sarà una piena inclusione dei ragazzi disabili quando la scuola inizierà lo stesso giorno per tutti gli studenti».