L’Osservatorio Imprese di CNA Catania: “3.203 imprese perse in quindici anni. Radicalmente mutato lo scenario artigiano, serve subito una nuova legge”

Floriana Franceschini Andrea Milazzo cna
Floriana Franceschini e Andrea Milazzo
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«In quindici anni, le imprese artigiane di Catania e provincia sono calate di 3.203 unità, passando da 19.645 a 16.442 (-16,3%). Il dato, già grave in sé, è poi da leggere anche considerando il boom dei servizi per il paesaggio (+78,25%) e l’ottimo risultato di quelli per la persona (+17,34%), senza i quali la situazione sarebbe ben peggiore. E anche volendo inserire nella valutazione le finestre di crescita del 2020 e del 2022, per il secondo anno consecutivo (prendendo come termine di paragone il secondo trimestre), il dato delle imprese artigiane registrate nel 2023 e nel 2024 è tornato a scendere. È palese come qualcosa non quadri, si è davanti a una decrescita socialmente pericolosa che non fa certo bene al mondo artigiano e alla comunità etnea tutta. In quindici anni, sarebbe stato legittimo attendersi ben altro sviluppo del territorio, non questa asfissia».Lo hanno dichiarato Floriana Franceschini e Andrea Milazzo, rispettivamente presidente e segretario di Cna Catania.«Di certo, al di là delle possibili considerazioni sulla crisi economica che da troppo tempo attanaglia la Sicilia, siamo davanti a non poche nuove tendenze», hanno proseguito Franceschini e Milazzo, «che condizionano già e condizioneranno sempre più nel prossimo futuro le abitudini di consumo dei cittadini. Basti pensare ai pochi segmenti in ascesa, anche forte. Le attività di servizi per edifici e paesaggio (il giardinaggio, per semplificare al massimo), registravano 253 imprese nel 2° trimestre del 2009 e sono 451 nel 2° trimestre del 2024, con un incremento di +198 unità, che corrisponde al +78,25%. Le attività di servizi per la persona erano 2.140 e sono 2.511, con un incremento di 371 unità (+17,34%).Ciò che allarma è la moria in segmenti storici per Catania, come quello del legno, ridottosi del 41% (-114 imprese), che ci fa interrogare sulle possibilità di futuro per i falegnami. Esisterà più questo mestiere fra 20 anni?».In base all’elaborazione dei dati di Movimprese effettuata dall’Osservatorio Imprese di Cna Catania, in misura meno preoccupante il medesimo ragionamento si può fare per chi fabbrica prodotti in metallo: erano 959, sono 757, -202 (-21%); per i piccoli trasportatori, che vedevano registrate 1.412 imprese mentre ora sono 984, con una perdita di 428 unità corrispondente al – 30,3%; per gli autoriparatori (erano 1.725, sono 1.524, -201 (-11,65%).Discorso a parte va invece fatto per l’edilizia, storica locomotiva dell’economia siciliana: erano 5.525 imprese registrate nel 2009 e sono oggi 5.017, con una perdita di 508 unità (-9,2%), ma ricresciute negli ultimi 5 anni di 445 unità (circa il 10%), trainate dagli effetti dei bonus fiscali. Finiti i quali, però, è lecito essere preoccupati per il futuro.Merita attenzione anche il dato inerente la produzione alimentare, il cui saldo nel quindicennio è ancora positivo, anche se di pochissimo (+1,9%), ma che dal 2018 è in costante decrescita (-10,5%), a testimonianza anche della perdita del potere d’acquisto da parte delle famiglie catanesi.«La legge italiana che regolamenta l’artigianato è vecchia di circa quarant’anni e certo non corrisponde più alle esigenze del comparto, in forte mutazione da anni e con una vistosa accelerazione negli ultimi tempi», hanno concluso Franceschini e Milazzo, «serve quindi una profonda innovazione legislativa per rimettere gli artigiani in sincrono con i tempi che viviamo, tempi in cui l’Intelligenza artificiale sempre più peserà, influirà, modificherà settori interi, comparti, segmenti. Non si possono affrontare le già pressanti sfide dell’oggi e del domani con norme antiche e ormai del tutto inadeguate. La speranza è che almeno la Regione Siciliana pensi a misure specifiche per l’artigianato, pressando sul governo centrale, ma soprattutto avvalendosi al meglio dei poteri conferiti dallo Statuto speciale per provare a rinnovare le norme sul vitale comparto e mettendo mano a una riforma organica della legge regionale n. 3/1986, un tempo vanto del nostro mondo, ma oggi quasi del tutto depotenziata»

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