Siccità in Sicilia: il quadro reale, tra “negazionisti” e soluzioni insufficienti e strampalate – Così è (se vi pare) 16

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Chi segue i nostri canali social e le nostre rubriche di attualità sa che siamo stati tra i primi a sollevare il dramma della siccità che affligge tante regioni del Sud e in particolare la Sicilia.

Abbiamo denunciato:

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  • gli effetti della siccità sull’agricoltura, sulla zootecnia e sul turismo;
  • la fatiscenza delle canalizzazioni e la dispersione del prezioso liquido;
  • le dighe realizzate per dare l’acqua agli agricoltori che si sono trasformate in oasi naturalistiche o in siti destinati ad attività sportive e a competizioni nautiche.
  • Abbiamo anche parlato di dighe da dove l’acqua scompare e di coccodrilli avvistati nelle acque di un invaso dell’agrigentino.

Considerato tutto ciò qualcuno, a ragione, dirà: visto che ne avete già parlato, e dopo di voi ne hanno parlato anche altri media (qualcuno in verità anche prima di voi), perché ritornate sull’argomento della siccità in Sicilia?

Riprendo a parlarne non solo perché non mi sembra condivisibile l’opinione espressa – a proposito di siccità – dalla ministra del turismo e da qualche esponente del mondo dei gestori turistici, ma anche perché non intendo sottacere su altri problemi che l’opinione pubblica deve conoscere.

Non condivido l’attacco sferrato dalla titolare del ministero del turismo con un post su X contro il New York Times, colpevole solo di aver fatto un’inchiesta sulla siccità dichiarando testualmente: “Nessuno nega il dramma della siccità, ma inaridire anche il turismo, colpevolizzandolo come fa il New York Times, aggiunge danno al danno“.

Non condivido questo tipo di dichiarazioni perché equivalgono a scaricare le colpe sui giornalisti, mentre le responsabilità di questa tragedia ricadono solo su chi ha governato l’Italia e la Sicilia in questi ultimi trent’anni. O peggio, sono soltanto un tentativo di nascondere il sole con il setaccio.

Dico questo perché chi ha governato il belpaese e l’isola delle meraviglie non poteva non sapere:

● Che la crescita del Sud è legata a tre comparti: l’agroalimentare, il turismo e la logistica, i quali necessitano di disponibilità continua e certa di approvvigionamento idrico. L’agroalimentare e il turismo producono annualmente e rispettivamente 38 miliardi di euro e oltre 24 miliardi di euro, che corrisponde al 28% dell’intero Paese;

● Non poteva ignorare anche che la quota di perdite sulle reti idriche è mediamente del 43% con picchi più alti nel Sud. Non a caso l’Istat, non Peppe nappa, ha rilevato perdite annuali dalle reti idriche di 4,5 miliardi di metri cubi di acqua potabile. In Sicilia viene disperso il 50,5% di acqua, in Sardegna il dato della dispersione della rete idrica raggiunge il 51,2%, perfino sull’Appennino centrale la media dell’acqua dispersa raggiunge il 48,4%;

● Ugualmente non poteva non conoscere che il divario italiano tra il Nord e il Sud si conferma anche sull’acqua, basti pensare che sui 14,9 miliardi di euro di fondi pubblici e privati che nei prossimi anni dovrebbero essere investiti nel settore su scala nazionale, solo 3,8 miliardi saranno destinati alle Regioni del Sud;

● Infine, non poteva certamente sconoscere che dopo l’esperienza della Cassa del Mezzogiorno (tanto vituperata da molti), l’unica azione organica volta a superare questa emergenza la si riscontra nella Legge Obiettivo del 2001 e nella legge 166 del 2002 che stanziano 1,5 miliardi di euro, una prima trance destinata al ripristino funzionale degli schemi idrici del Mezzogiorno.

Non mi si dica che i politici che abbiamo mandato in Parlamento o alla Regione o le classi dirigenti (partiti, sindacati, associazioni imprenditoriali, grandi funzionari pubblici e privati) potevano non sapere queste cose, perché sarebbe un’offesa al buonsenso e all’intelligenza.

Comunque, su questa questione recentemente il governo ha approvato un primo stralcio di un piano da 12 miliardi di euro, di cui però sono disponibili solo 946 milioni di euro, destinati per le gravi emergenze di alcune Regioni del Sud. In particolare vengono erogati: un importo di 113 milioni di euro per la Basilicata, 91,9 milioni di euro per la Sicilia, 55 milioni di euro per la Sardegna, 50 milioni di euro per la Puglia, 48,5 milioni di euro per la Campania e 32 milioni di euro per la Calabria.

Una goccia, a fronte di un fabbisogno di parecchi miliardi di euro. Basti pensare che alcuni studiosi, e lo stesso Commissario di Governo, stimano un fabbisogno di oltre 50 miliardi di euro.

Mi rendo conto che in un periodo di vacche magre non è facile per nessun tipo di Governo reperire una somma così importante, ma è assolutamente indispensabile, vista la sempre maggiore richiesta di acqua nei prossimi anni.

Acqua che servirà, oltre che per usi domestici e agricoli, anche per uso industriale: dal nucleare di quarta generazione alle aziende di intelligenza artificiale che richiedono, per l’appunto, una grande disponibilità d’acqua.

Considerato quindi che l’acqua è determinante, vitale non solo per l’uso umano, ma anche per tutti gli altri impieghi, ed è ovvio che deve essere vista come un volano di sviluppo; occorre pensare, ora e subito, come reperire le risorse economiche necessarie per scongiurare il problema della siccità in Sicilia e in tutta Italia.

Qualcuno, pensando che si possa ancora “ciurlare nel manico” dirà: ci sono tanti soldi nei Fondi di Coesione e Sviluppo e ci sono pure le risorse del PNRR.

Affermazioni in libertà che rappresentano mezze verità, e vere e proprie balle, se non altro perché dal PNRR sono stati già attinti, a questo fine, circa 4 miliardi di euro.

Considerato infine che il dramma della siccità riguarda prevalentemente il Sud, che oltre a pagare già un prezzo pesantissimo, rischia anche una crisi irreversibile per due comparti, il turismo e l’agroalimentare che insieme, ribadisco, garantiscono al Mezzogiorno e al Paese un’entrata di oltre 60 miliardi di euro l’anno; è assolutamente indispensabile agire con urgenza.

Dico questo in conclusione perché il problema della siccità in Sicilia non si risolve con azioni tampone e con risorse limitate e suddivise in interventi per singole regioni, prive di una visione organica e strutturale.

Né si risolve traslocando i pesci da qualche invaso, come se si trattasse di spostare dei pacchi da un luogo all’altro. Una soluzione, questa, abbastanza strampalata, anche perché per i pesci sarebbe difficile affrontare condizioni di temperatura e di profondità delle acque che differiscono da una diga all’altra.

E comunque si tratterebbe di una “soluzione“ molto parziale che nella migliore delle ipotesi potrebbe servire a dissetare per qualche giorno uno spicchio limitato di territorio.

Che fare dunque, per risolvere il problema della siccità in Sicilia?

Scopriremo tutto questo, e molto altro ancora, nella nostra puntata di questa sera di “Così è (se vi pare)” (l’ultima prima della pausa estiva di agosto)! Non ci resta che darvi appuntamento alle ore 20.00 con la nostra prima visione trasmessa sulla nostra pagina Facebook, sul nostro canale Youtube, e sui nostri altri canali social. Non mancate!

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