La stagione musicale del Teatro Agricantus di Palermo si conclude martedì 11 giugno alle ore 21 con l’anteprima dal vivo di “Colmare d’argento”, raccolta di brani dal titolo evocativo del pianista e compositore Valerio Rizzo, brani che finiranno in un prossimo futuro in un album. Complici di questo viaggio onirico del musicista, compositore, filosofo e poeta del pentagramma sono il compositore, improvvisatore e liutaio Gabrio Bevilacqua al contrabbasso, ed il creativo sintetizzatore di linguaggi, di onde e di visioni sonore Ermanno Baron alle percussioni.
Un trio di matrice jazzistica che però non suonerà jazz puro. “Colmare d’argento”, infatti, è un progetto costruito attraverso un lungo lavoro di costruzione e decostruzione, sedimentazione, meditazione, ponderazione e osservazione da più prospettive, attraverso il munifico ed eterogeneo bagaglio esperienziale del 31enne artista di Castelvetrano ma palermitano d’adozione da 13 anni. “Colmare d’argento” è la sua visione istantanea di un’immagine incastrata in un tempo che non scorre, racchiude nella semplicità d’un mare argenteo un’impalpabile ricchezza di elementi riverberanti in una terra che non esiste, echi perduti e per un istante ritrovati. «E’ una raccolta di brani ispirata dal mare – spiega Rizzo -. Per molti le difficoltà vanno superate con l’acqua salata, che sia sudore, lacrime o acqua di mare che con la sua vastità ci ricorda tante cose che io esprimo attraverso il suono».
“La musica in fondo è un’arte ineffabile, non se ne può scrivere, non se ne può parlare – scrive Rizzo, citando il filosofo e musicologo Vladimir Jankélévitch – si può solo ascoltare, sentire nel profondo, vibrare con essa e così restare complici del suo mistero”. Ma nel mistero delle sette note una certezza per Rizzo esiste: «La musica per me è simile alla fede religiosa, contiene tanta spiritualità. Anche i filosofi parlavano di un’entità più alta, tutti i sistemi di pensiero hanno qualcosa che deve trascendere la banalità dell’umano».
Pianista di formazione classica, Valerio Rizzo è appassionato del melanconico romanticismo di Chopin, della raffinata ricerca del suono di Ravel e delle loro melodie di ampio respiro, ma è anche pianista jazz in equilibrio tra l’eleganza di Bill Evans e la spontaneità di Sonny Clark. Rizzo: «Anche la classica per me non vuol dire la fissità dello spartito ma capire cosa c’è scritto nello spartito: da ciò che scrisse Chopin si capisce la sua vena di grande improvissazione. La scrittura suppliva alla mancanza di tecnologia di registrazione dei tempi. Jazz e classico sono dei linguaggi ma il comune denominatore è la musica che è il linguaggio assoluto che esprime in maniera ineffabile e intangibile qualcosa di profondo».
Rizzo durante il concerto all’Agricantus ovviamente attingerà principalmente alla raccolta di brani di “Colmare d’argento” ma si permetterà anche un paio di brani competamente altri. «Una delle mie composizioni si intitola “Sarasvati” che era moglie di Brahma una delle divinità della Trimurti induista. Ci sarà la title track “Colmare d’argento” e il brano “Cieli di puro cristallo” ispirato al racconto “Vorrei che tu venissi da me in una sera d’inverno” di Dino Buzzati tra i miei scrittori preferiti. E poi quasi sicuramente suonerò “She Dances by the Light of the Silvery Moon”, un brano del compianto Harold Budd, un compositore americano di musica ambient. Anche qui c’è di mezzo il mare».
E se le parole volano, gli scritti restano, per Rizzo «le note sono magiche perché volano e si sfaldano nello stesso momento in cui vibrano». La musica come fede dunque con i suoi dogmi ma come si trasferisce ad un pubblico spesso disincantato e bombardato da musica senza qualità? «Al di là delle definizioni di musica bella e brutta, questa è certamente una bella scommessa – replica il pianista -. Non mi sento certo portavoce della musica bella ma solo un piccolo sacerdote che con impegno si dedica. Il mio obiettivo attraverso la musica è sondare il mio spirito e il mio animo e suonando per gli altri mi basta una sola persona che mi dichiara la sua emozione per sentirmi realizzato».