Il 75% dei comuni siciliani è classificabile come area interna e in essi risiede oltre il 40% della popolazione, pari a 2.068.045 persone. Nonostante i numeri, queste aree sono sempre più marginali, con infrastrutture e servizi essenziali ridotti e tessuto produttivo fragile, soggette dunque a un progressivo spopolamento e invecchiamento demografico. Sono tuttavia zone che presentano grandi potenzialità, secondo Cgil e Cna Sicilia, che hanno presentato oggi a Troina una piattaforma congiunta di analisi e richieste di intervento raggruppate in un decalogo. Secondo le due organizzazioni “occorrono misure di sistema nell’ambito di una strategia regionale. Questo rende opportuna anche la creazione di una ‘cabina di regia’ con il coinvolgimento delle parti sociali”. La Strategia nazionale per le aree interne, sostengono infatti, “rappresenta un importante punto di partenza ma rischia – sottolineano – di non risultare sufficiente a ridurre i divari”.
“Le aree già individuate e gli altri territori fragili a rischio di crescente marginalizzazione”, sostiene la segretaria confederale della Cgil Sicilia, Gabriella Messina, “sono una parte fondamentale dello sviluppo della Sicilia. Per questo non possono essere destinatarie di interventi isolati ma devono rientrare nell’ambito di una strategia regionale condivisa; bisogna che le aree interne facciano sistema pur nella valorizzazione delle peculiarità di ciascuna”. “Da anni”, afferma Piero Giglione, segretario di Cna Sicilia, “chiediamo una strategia politica integrata di investimenti, a partire dalla viabilità; una fiscalità di vantaggio che sostenga le imprese esistenti e ne favorisca l’insediamento di nuove; un potenziamento dei presidi sanitari, in particolare ambulatori e ospedali. Sono questi i punti essenziali su cui fare qualcosa in tempi rapidi. Auspichiamo la costituzione di un tavolo di confronto tra le istituzioni regionali e le parti sociali per utilizzare al meglio le risorse comunitarie e del Pnr”.
Per Cgil e Cna, la strategia regionale per le aree interne deve puntare, secondo il decalogo stilato, al potenziamento della viabilità e dei servizi pubblici di mobilità, al potenziamento dei servizi essenziali e delle opportunità di occupazione per giovani e donne, con l’individuazione anche di un governo di area vasta per superare frammentazione e resistenze e stabilire linee di sviluppo condivise. Altre richieste riguardano l’incremento delle risorse ai territori, la creazione di hub dei servizi e dell’innovazione per stimolare le imprese all’utilizzo delle tecnologie, la fiscalità di vantaggio e incentivi stabili, azioni per favorire le politiche di cooperazione tra imprese e filiere corte, le semplificazioni amministrative, una strategia di comunicazione mirata a valorizzare le aree interne.
Cgil e Cna rilevano che tra le aree classificate dal ministero come “significativamente distanti dai centri di offerta di servizi essenziali”, non classificabili dunque come “poli”, rientrano anche capoluoghi come Enna. In queste aree, il gap infrastrutturale “è sempre più rilevante. In Sicilia nel 2021, secondo i dati Openpolis, il 41% della spesa per la viabilità e le infrastrutture è avvenuta nei 10 comuni ‘poli'”. Il “Digital Divide” è ancora marcato. Oggi le aree interne, rilevano Cgil e Cna nella piattaforma, sono ancora scarsamente “sensorizzate”. Penalizzato questo territorio anche per quanto riguarda l’istruzione. In generale, nel 2020 un terzo dei meridionali (32,8%) in età 25-49 anni ha al massimo la terza media (27,6% nel centro nord). Nelle aree interne nel 2017 le classi sottodimensionate erano il 36,8%, quasi il doppio della media nazionale (20%) e di conseguenza alto il numero delle pluriclassi. Poche opportunità di formazione determinano l’emigrazione della fascia più giovane della popolazione.
Altra forma di emigrazione è quella sanitaria: i ricoveri al di fuori della regione sono il 9,6% di quelli interni (6,2% nel centro nord). Cgil e Cna rilevano che “nonostante questa situazione le aree interne hanno grandi potenzialità inespresse da sviluppare e valorizzare”. Queste riguardano le risorse naturalistiche, la biodiversità e i suoi effetti sull’agricoltura, i processi artigianali di produzione di cibi e manufatti. I settori produttivi, osservano, scontano difficoltà dovute alla micro dimensione aziendale, che vede gli imprenditori spesso concentrarsi solo sulla produzione. Con due perimetrazioni tra loro successive sono state individuate come “aree interne” complessivamente 11 territori: Calatino, Madonie, Nebrodi, Sicani, Simeto-Enna, Troina, Santa Teresa Riva, Palagonia, Corleone, Mussomeli, Bronte. Secondo Cgil e Cna, sono tuttavia anche altri i territori fragili e scartati. E su tutti bisogna puntare con la strategia integrata che le due organizzazioni propongono alla Regione.