Questa settimana il Consiglio dei ministri varerà il Documento di economia e finanza per il 2024, tracciando il programma di finanza pubblica fino al 2027. Sul cruscotto della politica fiscale italiana vi sono alcune spie accese, che esaminiamo in questo articolo.
1/ Il deficit – L’Istat ha certificato un deficit per il 2023 del 7,2% del PIL, in discesa rispetto all’8,6% nel 2022, ma di quasi due punti superiore al 5,3% indicato nel Documento programmatico di bilancio inviato ad ottobre alla Commissione europea. Vedremo nel DEF 2024, anche in relazione alla contabilizzazione dei bonus edilizi, il profilo del disavanzo del bilancio pubblico, in attesa della riclassificazione di Eurostat prevista per giugno.
2/ In arrivo la procedura di infrazione – Da inizio anno è tornato in vigore il Patto di stabilità e crescita e, sulla base del deficit raggiunto, il ministro dell’economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti ritiene “scontato che la Commissione europea raccomanderà al Consiglio di aprire una procedura di disavanzo eccessivo nei confronti dell’Italia, come della Francia e di altri 10 paesi”. Nelle raccomandazioni di maggio del 2023 la Commissione riteneva opportuno per l’Italia un miglioramento del saldo strutturale di almeno lo 0,7 % del PIL per il 2024. L’aggiustamento richiesto condizionerà gli interventi della manovra di bilancio per il 2025 su cuneo fiscale e riduzione dell’Irpef
3/ L’applicazione delle nuove regole europee di bilancio – La riforma del Patto di stabilità e crescita prevede per i paesi ad alto debito, come l’Italia, una riduzione del rapporto debito/PIL dell’1% all’anno e un prudenziale limite del rapporto deficit/PIL dell’1,5%.
4/ Le elezioni europee – A giugno si vota per il rinnovo del Parlamento europeo. La Commissione guidata da Ursula von der Leyen è a fine mandato e potrebbe moderare le richieste di aggiustamento fiscale per Italia e Francia.
5/ La riduzione del debito pubblico – Nel triennio 2024-2026 era prevista una stabilizzazione del rapporto debito PIL. Nonostante il debito nel 2023 si collochi al 137,3% del PIL – in riduzione di 3,2 punti dal 140,5% del 2022 e inferiore alla previsione del 140,2% di settembre 2023 – è incerto se il DEF in uscita riuscirà a mantenere una apprezzabile riduzione del peso del debito pubblico.
6/ I ritardi del PNRR – Nel DEF di aprile 2021 si indicava che entro il 2023 dovevano essere spesi 85,9 miliardi di euro del PNRR, ma nel consuntivo contenuto nella quarta relazione sul Piano approvata dal Governo a fine febbraio 2024, la spesa sostenuta a tutto il 2023 si ferma a 45,7 miliardi di euro, ben 40,1 miliardi in meno di quanto previsto tre anni fa. La scarsa capacità amministrativa pesa sulla crescita: dalla completa e tempestiva realizzazione del Piano, infatti, è attesa per quest’anno una maggiore crescita di 7 decimi di punto di PIL.
7/ Una transizione green senza incentivi? – La direttiva sulle case green richiede una riduzione dell’energia utilizzata di almeno il 16% entro il 2030 e di almeno il 20-22% entro il 2035. Su 2,8 milioni di certificazioni energetiche di abitazioni residenziali emesse per passaggio di proprietà, il 37,1% è nella classe meno efficiente (G). Di conseguenza, su un parco di 25 milioni di abitazioni occupate, si stimano che siano 9,5 milioni le abitazioni con le peggiori performance energetiche. Si rischia il paradosso che l’aggiustamento di bilancio, reso necessario dalle regole europee, penalizzerebbe il sostegno alle famiglie con le detrazioni fiscali necessarie per raggiungere la riduzione dei consumi della case, sempre prevista da regole europee. Ulteriori incertezze e complessità burocratiche deriverebbero dalla sostituzione dei crediti di imposta con i contributi.
Sulla necessità di costruire strumenti certi, stabili, sostenibili per le casse dello Stato a supporto dell’efficientamento energetico degli edifici è intervenuto il Presidente di Confartigianato Marco Granelli su Il Foglio di sabato scorso.
8/ Il salvagente di transizione 5.0 – In prospettiva di una restrizione fiscale, diventa particolarmente prezioso il pacchetto di sostegno agli investimenti per la transizione 5.0, contenuto nel decreto PNRR dello scorso 2 marzo – qui le valutazioni di Confartigianato sul decreto, che prevede crediti di imposta per investimenti effettuati per 6,2 miliardi di euro nel biennio 2024 e 2025.
9/ La sincronizzazione delle politiche economiche – Se la governance fiscale per l’Italia diventerà restrittiva, sarà più che mai necessario un rapido cambio di direzione della politica monetaria, con un taglio dei tassi che andrebbe attuato fin dalla riunione del consiglio della BCE di giovedì prossimo.
10/ Il freno a mano della locomotiva europea – Il DEF 2024 indicherà il profilo della crescita dell’economia italiana, Le previsioni del 2024 oscillano tra il +1,2% previsto nella Nota di aggiornamento dello scorso settembre al +0,6% indicato dalla Banca d’Italia venerdì scorso. Una stretta fiscale comprometterebbe la buona performance dell’economia italiana che, nella ripresa post pandemia, ha cumulato una crescita del PIL tra il 2029 e il 2023 del 3,5%, facendo meglio di Spagna (+2,5%), Francia (+1,5%) e Germania (+0,7%).