Sanità: i criteri delle nomine nelle ASL siciliane e le “migrazioni” verso le strutture ospedaliere del Nord – Cosi è (se vi pare) #1

- Pubblicità -

Buonasera a tutti, come vi avevo preannunciato con questa puntata inizia la nuova rubrica denominata: “Così è (se vi pare)“, che sostituisce la fortunatissima rubrica precedente, chiamata “Comu veni si cunta“.

Il titolo di questa nuova rubrica l’abbiamo preso da un testo teatrale tratto dalla novella di Luigi Pirandello: “La signora Frola e il signor Ponza, suo genero”, il cui significato è che la conoscenza della realtà è relativa: nel senso che ognuno di noi ha una propria visione unica del mondo e dei fatti, per cui non esiste davvero un’unica realtà fattuale.

- Pubblicità -

Ma, poiché noi siamo più tenaci del tempo, non ci rassegniamo, sia perché siamo convinti che la realtà esista, naturalmente, se è suffragata da fatti e dati precisi; e sia perché pensiamo che il giornalismo sia appunto la spinta a raccontare ciò che accade a beneficio di tutti, senza riportarlo come un mero atto notarile, ma interpretando gli eventi con la propria sensibilità.

Ciò detto, vi dico a bruciapelo che questa sera mi occuperò di Sanità, e nello specifico delle nomine nelle ASL siciliane, e che parlerò anche di migrazione sanitaria che, purtroppo, è tornata a crescere.

Partendo dal primo punto, ovvero dalle nomine, penso che al cittadino comune, sia esso un operaio, un artigiano, un professionista, un imprenditore, non interessi se il direttore del Civico di Palermo, del Cannizzaro di Catania o di qualsiasi altra struttura sanitaria sia espressione del partito X o del partito Y.

Né interessa se sia amico di un personaggio potente o se l’abbia indicato a quella carica ad esempio Schifani, Cuffaro, Lombardo o Sammartino.

Al cittadino normale interessa sapere solo se chi viene chiamato a dirigere un ospedale abbia prodotto risultati nelle sue esperienze precedenti, e abbia magari contribuito a ridurre le liste d’attesa chilometriche, e più in generale a migliorare le prestazioni del servizio sanitario nel territorio di riferimento.

Questo perché, su chi deve occuparsi di sanità e delle cure delle persone, non possono pesare le appartenenze partitiche, le parentele o le amicizie.

Al cittadino normale non interessa un fico secco se al partito della Meloni, di Schifani, di Cuffaro o di Lombardo e di qualsiasi altro politico di governo, o di opposizione, gli tocca un direttore sanitario in più o uno un meno.

La bussola che deve guidare chi governa questo tipo di scelte deve essere quella dei risultati conseguiti in carriera e del merito.

Quindi è auspicabile che i nostri governanti la smettano con il balletto dei rinvii e con la logica di nominare i propri sodali, gli amici degli amici e chi ha santi in paradiso.

Insomma, per essere ancora più chiaro la politica deve essere buttata fuori dalle scelte che riguardano l’organizzazione della sanità.

Con riferimento alla migrazione sanitaria dico subito che il flusso di malati, di sofferenze, di speranze che si dirige verso gli ospedali del Nord è aumentato, raggiungendo nel 2022 la cifra di 4,25 miliardi di euro.

Parliamo solo di trasferimenti monetari in senso stretto, vale a dire senza l’indotto generato dalle migrazioni sanitarie.

Questo significa che si è ingrossato il  fiume di denaro che esce dalle casse delle Regioni del Sud (Sicilia compresa) per entrare nei forzieri delle Regioni del Nord, in particolare di Emilia Romagna, Lombardia e Veneto; e ciò ha determinato dei saldi variabili tra le Regioni del Nord e quelle del Sud.

Per capirci, il saldo a cui faccio riferimento è la differenza tra mobilità attiva, ovvero l’attrazione di pazienti provenienti da altre Regioni, e quella passiva, cioè la migrazione dei pazienti dalla Regione di residenza.

Leggendo attentamente questi dati viene fuori che Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, Regioni capofila della cosiddetta autonomia differenziata, raccolgono il 93,3 per cento del saldo attivo, mentre il 76,9 per cento del saldo passivo si riscontra in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio, Puglia, Abruzzo.

Per capirci solo dalle casse della Regione Siciliana, nell’anno preso in esame, sono usciti 177,4 milioni di euro, dalla Calabria 252 milioni di euro e dalla Campania 220 milioni di euro. Queste moli di denaro si sono dirette verso le regioni del Nord.

A sostenere tutto questo non è Peppe Nappa, ma il report di Gimbo, la Fondazione che analizza i flussi della migrazione Sanitaria, presieduta da un siciliano, dal dottor Nino Cartabellotta.

Ma qual è il parere di quest’esperto nel dettaglio? E cosa si potrebbe fare per garantire i Lep – i livelli essenziali delle prestazioni – in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale (così come, per altro, vorrebbe la nostra Costituzione Italiana)? Scopriamolo insieme questa sera!

Non ci resta che darvi appuntamento alle ore 19.45 con la nostra prima visione trasmessa sulla nostra pagina Facebook, sul nostro canale Youtube, e sui nostri altri canali social. Non mancate!

- Pubblicità -