Sapete tutti, amici e amiche di Hashtag Sicilia, che l’estate dei siciliani e dei turisti che avevano scelto la nostra Isola per trascorrere le ferie è stata funestata da diversi eventi, a partire dall’incendio sviluppatosi all’aeroporto di Catania a causa del filo difettoso di una stampante, arrivando ai numerosi roghi divampati in molte zone dell’isola.
A questi due accadimenti si sono aggiunte, in alcune città (Catania e Palermo in testa), anche l’interruzione dell’energia elettrica e dell’erogazione dell’acqua; causando enormi disagi alle popolazioni, soprattutto agli ammalati e a quella parte di popolazione più fragile.
Sapete anche che per colpa di quel maledetto filo difettoso si è bloccata, o ridotto al minimo, l’operatività dell’aeroporto Fontanarossa, causando danni al sistema economico, e in particolare al turismo, quantificati in 40 milioni di euro al giorno.
Sapete pure che in Sicilia i roghi, molti dei quali dolosi, hanno fatto cinque vittime e divorato migliaia di ettari di boschi e di terreni coltivati a frutteti, provocando danni all’agricoltura siciliana per circa duecento milioni di euro.
Sugli incendi lo Stato, la Protezione civile, la Regione, hanno evidenziato i medesimi problemi di sempre, vale a dire l’assenza di una benché minima programmazione nell’opera di prevenzione e Vigili del fuoco e Forestali privi di mezzi e di personale adeguato.
Ma se sul fronte degli incendi il peggio sembra essere passato, almeno in Sicilia, sul fronte del trasporto aereo, a distanza di quindici giorni dal fuoco divampato in una zona dell’aeroporto catanese, non si vede ancora la luce alla fine del tunnel.
Ciò nonostante durante tutti questi giorni non sono mancate denunce sulle inefficienze evidenziatesi nel sistema di allarme, nella gestione dell’emergenza e nella stessa azione degli operatori, privi di una formazione adeguata.
Si è anche puntato il dito sulla governance della società di gestione dello scalo, ovvero la SAC, perché prima ha minimizzato annunciando urbi et orbi il ritorno all’operatività dell’aeroporto per il mercoledì successivo all’incendio, e dopo ha avallato la corbelleria di far partire gli aerei da Sigonella proposta dal Presidente della Regione Schifani e sostenuta dal ministro della difesa Crosetto.
L’idea di utilizzare Sigonella è stata una sciocchezza, non solo perché in quella sede non sarebbe stato possibile effettuare i check-in, ma anche perché una tale scelta avrebbe posto problemi di sicurezza non indifferenti: bagagli e passeggeri dovevano essere scortati per evitare eventuali “intromissioni“ che si sarebbero potute verificare lungo il percorso che separa l’aerostazione di Fontanarossa dal luogo di decollo degli aerei.
Rispetto a quello che è accaduto all’aeroporto sappiamo che sono state aperte delle inchieste che accerteranno – se c’è un giudice a Berlino, come io mi ostino a credere – le eventuali responsabilità della Sac e dell’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), ma su chi dovrà pagare i danni devastanti all’immagine dell’Isola e agli operatori economici non si sa ancora nulla.
Naturalmente come succede in queste circostanze si sono registrate un fiume di dichiarazioni da parte di rappresentanti del sistema imprenditoriale, da esponenti del mondo politico, dai vertici delle più importanti istituzioni. Dichiarazioni quasi tutte centrate, come è normale che sia, sui danni subiti dagli imprenditori, sui disservizi, sulla mancanza di assistenza, sui disagi dei passeggeri sballottati da un aeroporto all’altro, sull’assenza di indicazioni ai vettori che non sapevano dove atterrare e da dove ripartire, sulle enormi carenze del sistema dei trasporti interno alla Sicilia.
Grazie a questa abbuffata di dichiarazioni abbiamo scoperto l’acqua calda, vale a dire il gap infrastrutturale tra la Sicilia e il resto del Paese; e abbiamo anche scoperto che per percorrere in autobus Catania Trapani occorrono 5-6 ore, che per recarsi in treno da Trapani a Siracusa non bastano 12 ore, che le due autostrade siciliane che collegano la capitale dell’isola con Catania e Messina sono delle vie crucis, che l’Autonomia siciliana si è trasformata da risorsa a un paravento dietro cui nascondere privilegi, ruberie e incapacità.
Un festival di ovvietà che tutti ci ripetiamo da trent’anni, per poi dimenticarcene dopo ogni tragedia e senza denunciare mai le responsabilità di chi ha governato e di chi governa a Roma e a Palermo.
Un festival di ovvietà e di amenità che ha raggiunto il culmine sulla governance della società di gestione dell’aeroporto con il silenzio assordante dei partiti di governo, con il tentativo come si dice in gergo sportivo di “buttare la palla in tribuna” chiedendo prima conto , come ha fatto un importante esponente dell’opposizione, a soggetti istituzionali che non hanno nessuna competenza in materia e poi sollecitando Salvini a commissariale la Sac facendo finta di non sapere che a nominare i signori che siedono nel consiglio di amministrazione dell’aeroporto non è stato il Ministero delle Infrastrutture, ma i rappresentanti della Camera di Commercio del Sud Est (la quale detto per inciso da sola detiene il 62,5 delle azioni), delle ex provincia di Siracusa e di Catania e dell’Irsap, istituzioni siciliane quasi tutte governati da commissari nominati dalla Regione Siciliana.
Timidezze, ipocrisie e omertà che non hanno risparmiato nessuno: partiti politici, sia di governo che di opposizione, sindacati, quasi tutti muti come pesci; un mutismo generale dettato forse, come sostiene Città Insieme, dal fatto che hanno tutti il carbone bagnato, o dal fatto penso io che tutti tengono famiglia.
Ma a farmi incazzare non è solo questo, ma anche il silenzio di quella parte di società civile che una volta si chiamava coscienza critica, vale a dire gli intellettuali, di destra, di sinistra e di centro.
Intendendo con questa espressione non solo i “litterati“, ma anche il medico, il giornalista, l’avvocato l’imprenditore, lo stesso parroco.
Non so se non parlano perché molti identificandoli con le elité non li ascolta più nessuno o perché sono impegnati a inseguire un briciolo di notorietà.
Personalmente non chiedo loro di schierarsi con chi si oppone al potere, chiedo solo di non essere asserviti a nessuno e di mescolarsi con la vita pratica di ogni giorno.
Chiudo con un’altra denuncia e con un auspicio. La denuncia è riferita:
a ) all’ennesimo aumento dei prezzi di tanti generi di largo consumo e dei carburanti che hanno fatto registrare, la benzina verde, picchi di 2,5 euro al litro e la pasta aumenti negli ultimi due anni del 32 per cento;
b) alla revoca del reddito di cittadinanza a 169.000 soggetti ritenuti occupabili (37 mila dei quali solo in Sicilia), senza che nel frattempo si sia trovata una soluzione;
c ) alla rimodulazione dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza che consiste in un taglio di 16 miliardi di euro con la conseguenza di spostare fondi per progetti già avviati e di eliminare una serie di opere soprattutto nel campo idrogeologico e della viabilità.
L’argomento utilizzato dal governo consiste nel fatto che quei progetti non sarebbero stati completati entro il 2026, e che comunque si troveranno altri soldi attingendo da altri capitoli finanziari, dal Fondo di Sviluppo e Coesione, cioè da risorse destinate al Sud e all’edilizia ospedaliera che vengono tagliate per essere spalmate sul Piano nazionale dunque non al Sud. È questo mi sembra un’altra rapina di soldi destinati al Mezzogiorno.
L’ auspicio rispetto a queste tre questioni è quello di un ripensamento da parte del governo, anche perché le lune di miele prima o dopo finiscono.
È quando finiscono inizia il declino. Questo vale per tutti, anche per il governo Meloni.
Per questi, e numerosi altri temi, vi diamo appuntamento alle ore 20.00 sui nostri canali social con questa speciale puntata estiva di “Comu veni si Cunta”. Buona visione!