Scongiurare il rischio dell’autonomia differenziata, nunc et nunc!

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Il progetto leghista dell’Autonomia differenziata che si ostina a proporre il ministro Roberto Calderoli è una porcheria.

Un colpo di piccone all’unità del Paese e un oltraggio alle popolazioni del Sud, declassate al rango di cittadini di serie B su alcuni diritti fondamentali come sanità, istruzione, infrastrutture materiali, ecc…

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Ad esprimere giudizi più o meno tranchant sulla creatura del ministro Roberto Calderoli non sono solo io, ma anche la Commissione europea, la Banca d’Italia, la Svimez (l’associazione per lo sviluppo dell’industria nel Mezzogiorno, la Commissione parlamentare di Bilancio, la Confindustria, la CGIL, la UIL e tantissime altre istituzioni locali e regionali.

Basti pensare che su 58 audizioni, la stragrande maggioranza dei soggetti interpellati ha espresso seri dubbi sul progetto portato avanti dai leghisti.

Questo perché, se venisse approvato il progetto leghista il Veneto e la Lombardia sarebbero chiamate a gestire funzioni statali su ben 23 materie (istruzione, sanità, ricerca scientifica e tecnologica, grandi reti di trasporto e di navigazione, governo del territorio, porti e aeroporti civili, ecc…), con la conseguenza che lo Stato dovrebbe cedere quote di Irpef o di Iva per coprire le spese. Per cui nell’ipotesi che il gettito di queste imposte anno per anno aumentasse e superasse le spese delle materie trasferite si porrebbe il problema del soggetto a cui destinare l’extra gettito, allo Stato o alle Regioni?

E questo non è un rebus di scarsa importanza, visto che vengono prospettati due modelli uno “autonomista“ e l’altro “cooperativo“.

In quello “autonomista“ sarebbero le Regioni a incamerarsi l’extra gettito, e potrebbero usarlo secondo le proprie convenienze (anche per tagliare le tasse sul proprio territorio ). Mentre in quello “cooperativo“ l’extra gettito tornerebbe allo Stato che potrebbe usarlo per ridurre i divari con gli altri territori.

Il disegno di legge dell’Autonomia differenziata è quindi nefasto perché non sceglie esplicitamente il secondo modello, vale a dire quello “cooperativo“, ma lascia la porta spalancata al modello “ autonomista“.

Dire questo non è fare un processo alle intenzioni, considerato che tutte le dichiarazioni fatte dai presidenti di Veneto e Lombardia e da tutti i dirigenti leghisti lasciano intendere che il progetto che hanno in testa è, per l’appunto, quello “autonomista“.

A dirlo a chiare lettere è anche Andrea Giovanardi che, oltre ad essere stato indicato come membro della delegazione trattante per conto del governatore del Veneto Zaia, è stato anche scelto dal governo Meloni a far parte, contemporaneamente, sia della commissione dei Lep (Livelli Essenziali di Prestazioni, ossia le soglie minime di qualità dei servizi ) che della commissione tecnica fabbisogni standard, che sono il nuovo parametro tramite cui valutare la ripartizione dei trasferimenti statali.

Rispetto a queste considerazioni, difficilmente confutabili, qualcuno sostiene che avendo il governo legato l’Autonomia differenziata alla determinazione dei Lep questo rischio non ci sarebbe.

Purtroppo però le cose non stanno esattamente così, perché non ci sono certezze che i Livelli Essenziali di Prestazioni – i LEP appunto – vengono raggiunti su tutto il territorio nazionale, visto che non viene detto con quali soldi portarli avanti.

Concretamente per dare un senso compiuto delle questioni di cui parlo riporto i calcoli e le considerazioni della Svimez, che ci dicono: “se il Veneto ottenesse le 23 materie richieste potrebbe trattenere il 90 per cento del gettito Irpef maturato sul suo territorio, lasciando allo Stato solo il 10 per cento“. Insomma si determinerebbe una sorta di mondo alla rovescia, in cui non sarebbe lo Stato a incassare le tasse, lasciando così alla Regione una “compartecipazione“; e allo stato in questo modo si starebbe riservando solo una piccola parte, la mancia.

Conseguentemente, considerato ed acclarato che il disegno di legge dell’Autonomia differenziata non prevede nessun stanziamento di Bilancio per coprire i divari territoriali e non dà nessuna assicurazione che, una volta che una quota rilevante del gettito fiscale dello Stato sarà trasferita alle 2 Regioni, restino soldi sufficienti per garantire che la macchina statale abbia ancora abbastanza benzina per camminare, la strada obbligata sarebbe quella di emettere nuovo debito pubblico.

Di fronte a tutto questo, e visto che è inimmaginabile fare altro debito pubblico, se non altro perché graverebbe sui nostri figli e nipoti, mi chiedo: perché alcuni partiti nazionali (Fratelli d’Italia e Forza Italia), che nei loro acronimi fanno esplicito riferimento alla loro italianità, fanno di tutto per assecondare i desiderata della Lega?

E ancora perché il Partito democratico e la galassia di partitini e movimenti che si collocano alla sua sinistra, pur dichiarando la loro avversione, si limitano solo a una battaglia che ha il sapore della testimonianza?

E, infine, con riferimento alla pausa di riflessione che si sono presi alcune organizzazioni dell’artigianato e del commercio, mi chiedo: è davvero così complicato dichiararsi a favore o contro?

In conclusione, poiché sono convinto che senza il Sud l’Italia non cresca – e poichè non mi rassegno all’idea che si possono fare altri torti alle popolazioni meridionali su alcuni diritti fondamentali come quelli della scuola, della sanità, delle infrastrutture, dei trasporti -; penso che tutti soggetti che sono contro il disegno leghista dell’Autonomia differenziata farebbero bene a dare battaglia apertamente, ora e subito.

Ricorrendo, nell’ipotesi nefasta di una sua approvazione, a promuovere nunc et nunc un Referendum abrogativo.

Salvatore Bonura

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