È certamente azzardato trarre da elezioni amministrative grandi indicazioni generali perché gli elettori, a dispetto delle indicazioni dei partiti, quasi sempre premiano il buon governo a prescindere dal colore politico dei candidati che scendono in campo e, sempre più spesso, scelgono quei candidati che non obbediscono ai diktat dei partiti e si presentano con idee e programmi che coinvolgono i territori e i cittadini.
Ma di fronte alla netta vittoria del centro-destra, o forse è più corretto dire della destra-centro, penso che qualche riflessione si possa fare.
La prima: la vittoria dell’onorevole Giorgia Meloni e della coalizione che l’ha sostenuta alle ultime elezioni politiche generali non è stata un incidente di percorso legato all’incapacità del partito democratico di costruire il cosiddetto “campo largo“, né un caso a sé, come l’ha narrata certa stampa e come l’ha vissuta e la vive il centro-sinistra, bensì il frutto di un radicamento in ampi settori della società italiana. Ciò, a mio giudizio, è dimostrato dalla riconquista da parte del centro-destra di alcune città storicamente di sinistra come Siena, Pisa, Massa Carrara e dalla vittoria ottenuta ad Ancona, il capoluogo di una regione dove il centro-sinistra governava da decenni.
La seconda: il voto ci dice anche che il centrodestra vince, ma non stravince. Non solo perché dove perde il centro-sinistra ottiene comunque percentuali che sfiorano o superano il 45 per cento, ma anche perché, per fare qualche esempio, il centro-sinistra in Lombardia riconquista i quattro comuni che governava e vince a Cologno Monzese, storica roccaforte del centro-destra. Vince anche in Campania i ballottaggi , con una alleanza imperniata sul partito democratico e i cinque stelle, conquistando Torre del Greco, Cercola, Marano e Campagna. Incassa una vittoria, dopo quella di Verona dell’anno scorso, in un’altra città veneta a Vicenza, un centro importante di una Regione dove tre anni fa Zaia, il presidente leghista aveva superato il 75 per cento. Una vittoria ottenuta però con una proposta politica incentrata sui problemi del territorio e senza l’aiuto dei dirigenti nazionali del PD. In Sicilia invece il centro-sinistra subisce un’altra sonora batosta perdendo malamente a Catania dove tutte le liste del centro sinistra si attestano su una percentuale che supera appena il 23 per cento (La lista Con Bianco per Catania ottiene appena il 2,5 per cento, la metà dei voti occorrenti per superare la soglia di sbarramento fissata al 5 per cento), mentre le liste del centro-destra sfiorano il 70 per cento e il loro candidato alla poltrona di primo cittadino supera il 66 per cento. Il PD perde anche a Ragusa, Licata, Modica, Comiso, Gravina, Belpasso, Biancavilla. In quest’ultimo centro il candidato del centro-destra ottiene l’81,4 per cento dei consensi con la conseguenza che il candidato sindaco del PD non avendo superato la soglia minima d’ingresso del 20 per cento non ottiene neppure il seggio per diritto di tribuna. A Siracusa e ad Acireale poi i candidati del centrosinistra addirittura non vanno neppure al ballottaggio. A Taormina, dove governava il PD con il professore Mario Bolognari, vince con il 64 per cento dei consensi Cateno De Luca, leader di Sud chiama Nord: per lui si tratta del quarto mandato di sindaco in quattro comuni diversi. L’unica consolazione per il partito democratico è la conquista di qualche piccolo comune dove si è votato con il sistema maggioritario e la vittoria al primo turno a Trapani, da parte di Giacomo Franchina, sindaco uscente del centro-sinistra, complice però il sostegno di un pezzo significativo della Lega di Salvini.
La terza: l’astensionismo non accenna a diminuire, infatti ai ballottaggi ha votato solo il 49,6 per cento degli aventi diritto al voto. Questo significa che vanno a votare, ad esempio, alle elezioni amministrative solo gli amici e gli amici degli amici e chi ha ottenuto o si aspetta di ottenere qualcosa in cambio e quella parte di elettorato più “ acculturato “ che crede nella possibilità che con il voto si possa cambiare qualcosa. La metà della popolazione non vota più perché pensa che l’offerta politica sia inadeguata rispetto ai propri problemi e alle proprie aspettative e perché non crede più nella possibilità che possa cambiare qualcosa. Ecco perché i partiti nel loro insieme farebbero bene a concentrarsi nella conquista dei consensi e sulle cose da fare, senza perdersi in chiacchiere inconcludenti. La quarta: nelle città governate dal centro-destra, in particolare in quelle toscane, non so se siano state premiate esperienze di buon governo o abbiano goduto prevalentemente del cosiddetto effetto Meloni, personalmente penso che nel voto di quelle città ci siano entrambe le cose. Se guardo, invece, al voto di Catania l’unica cosa che mi sento di dire è che il centro destra stravince non perché abbia dato prova di buon governo, bensì perché si è avvalso della “luna di miele“ di cui continua a godere il governo Meloni, perché ha messo in campo un esercito di candidati in grado di catturare un larghissimo consenso e perché il candidato sindaco Trantino è stato percepito come una persona per bene .
In conclusione, con riferimento al voto del partito democratico e del centro-sinistra, non credo che si possono trarre conclusioni negative sulla direzione politica dell’onorevole Elly Schlein, se non altro perché tre mesi sono un tempo assolutamente insufficiente per dare un giudizio definitivo, mentre per quando riguarda i cinque stelle è risaputo che le elezioni locali non hanno mai premiato questo movimento, ad eccezioni del primo periodo quando conquistarono città anche molto significative come Livorno, Parma, ecc…
Comunque guardando a caldo il voto delle città toscane e marchigiane penso che il partito democratico se vuole invertire la tendenza, a partire dalle prossime elezioni europee, deve prendere atto del fatto che il mito del riformismo democratico progressista ha forse esaurito la sua spinta propulsiva; quella spinta che ne aveva fatto un modello di buon governo e di sviluppo basato anche sull’impresa diffusa. Dico questo perché non si può pensare di durare a lungo regnando senza governare, senza cioè rispondere ai nuovi problemi dello sviluppo e ai bisogni dei cittadini e dei territori. E ancora, penso che se questo partito vuole davvero tentare di risalire la china deve lasciarsi alle spalle anche i dubbi e le resistenze che manifesta rispetto alle scelte che riguardano alcune importanti infrastrutture, schiodarsi da posizioni eccessivamente politicistiche e, al tempo stesso, spezzare la corda che lo tiene legato a tanti piccoli notabili locali che appaiono agli occhi dell’opinione pubblica completamente appiattiti sulle proposte degli altri partit , sempre più slegati dalla realtà e sempre più lontani dai bisogni dei cittadini. Che dire dunque ancora rispetto a quest’ultima tornata elettorale?
Forse solo una cosa che riguarda tutti, in particolare i vincitori : “i chiacchiri non linchiunu a pignata”, quindi alle parole fate seguire i fatti altrimenti aumenterà ancora l’esercito degli astensionisti con la conseguenza di delegittimare ulteriormente il sistema elettorale e la democrazia.