Per molti l’origine delle festa dell’8 marzo risale ad una tragedia avvenuta nel 1908, che avrebbe avuto come protagoniste le operaie dell’industria tessile “Cotton” di New York, rimaste uccise da un incendio.
In verità però questo evento viene confuso con un altro incendio, avvenuto a Chicago nel 1911, dove si registrarono 146 vittime, fra cui molte donne.
Realmente il primo festeggiamento ufficiale della giornata nazionale della donna risale al 23 febbraio del 1909; e si verificò negli Stati Uniti d’America, per iniziativa del Partito Socialista.
L’anno dopo questa ricorrenza sbarcò in Europa, a Copenaghen, dove al Congresso dell’Internazionale Socialista si decise, per l’appunto, di istituzionalizzarla allo scopo di promuovere i diritti delle donne e sostenere la campagna in favore del suffragio universale. Austria, Danimarca, Germania e Svizzera nel 1911 furono i primi Paesi del Vecchio Continente a celebrare la festa della donna.
Successivamente l’8 marzo del 1917, a S. Pietroburgo, un nutrito gruppo di donne diede vita ad un’imponente manifestazione per chiedere la fine della guerra.
In seguito, per ricordare quest’ultimo evento, durante la Seconda Conferenza Internazionale delle donne comuniste a Mosca nel 1921, si decise che l’8 marzo fosse la giornata internazionale della donna.
In Italia, nel 1944, quando imperversava ancora la guerra, dopo la costituzione dell’UDI (Unione donne Italiane) si decise di celebrare la giornata della donna proprio giorno 8 marzo, naturalmente solo nelle zone liberate.
Nel 1946 venne scelto il simbolo ufficiale di questa festa, diventato ormai iconico per tutti: la mimosa. Fiore perfetto, anche per via della stagione della sua fioritura, venne scelto sulla base di una proposta di Teresa Noce, Rita Montagnana e Teresa Mattei.
Tre donne accumunate dall’essere state partigiane, membri dell’Assemblea Costituente della Repubblica Italiana e, le prime due, mogli di due leader storici del PCI, ovvero Luigi Longo e Palmiro Togliatti.
Ma che significato assume oggi, in Sicilia e a Catania, celebrare la giornata internazionale della donna?
C’è davvero da festeggiare in una Regione dove meno di una donna su tre ha un lavoro (il 73% è part-time) e in una città (Catania) dove lavora solo il 21% delle donne?
Che non ci sia nulla da festeggiare é dimostrato dal fatto che, oltre al problema del lavor,o le donne vivono sulla propria pelle la mancanza di sicurezza, l’assenza di asili e di servizi per l’infanzia, di consultori.
Quindi, se si vuole dare un senso a questa giornata, che come abbiamo visto è frutto di una storica e sofferta battaglia delle donne, occorre dare concretezza alle ragioni delle donne e alle loro lotte; e questo non puó riguardare solo le donne, ma tutti.
E per dare concretezza alle loro ragioni occorre prendere di petto tre questioni:
- La prima: affrontare il tema dei diritti di tutti, e questo prescinde dal dibattito sui generi. Diritto al lavoro, alla scuola, al rispetto della dignità, alla sicurezza.
- La seconda: sradicare dal modo di pensare e di educare un senso comune, quello secondo il quale se una donna non lavora non é un dramma, tanto ci sarà sempre la possibilità di farle accudire un anziano o confinarla ad un lavoro di cura, spesso irregolare.
- La terza: non tergiversare rispetto alla questione dei linguaggi oggi dominanti, spesso a sfondo sessuale, screditanti della persona e violenti che colpiscono maggiormente le donne, in quanto soggetti più “fragili” e maggiormente esposti a rischi rispetto agli uomini.
Se la politica e le istituzioni celebreranno la giornata internazionale della donna con questo approccio, e al tempo stesso assumeranno rispetto alle questioni anzidette impegni precisi, allora avrà un senso festeggiare.
Se invece si proseguirà nel rituale del passato si darà un altro schiaffo ai diritti delle donne e alle loro lotte. E questo non lo meritano, anche per il grande contributo che hanno dato e continuano a dare alla cultura, alla scienza, all’arte, all’economia, alla pace, alla famiglia.