Quello che sta accadendo in materia di Autonomia differenziata ha dell’incredibile, e rappresenta un vero e proprio atto di arroganza e di prevaricazione nei confronti del Mezzogiorno.
Ció perché, nonostante il disegno di legge confezionata dal ministro Calderoli continui ad incontrare forti contrasti e ostacoli, ultimi in ordine di tempo quelli espressi dal presidente dell’Anci Antonio De Caro, a nome degli ottomila comuni, va avanti come se nulla fosse il processo di cessione alle Regioni del Nord delle competenze dello Stato. Pubblicando al riguardo la ricognizione di tutti i poteri statali regionalizzabili, qualcosa come 500 funzioni che passerebbero dalle mani dello Stato a quelle delle Regioni, naturalmente di quelle regioni che ne faranno richiesta.
Tra le attività che si vogliono spacchettare, per fare qualche esempio, ci sono: la sicurezza dei cittadini e il futuro dei nostri figli; gli indicatori della qualità dei servizi e delle prestazioni sanitarie; la definizione e il controllo dei parametri di qualità dei servizi aeroportuali e del trasporto aereo; la pianificazione, programmazione e gestione della rete nazionale stradale e autostradale; le ferrovie; la vigilanza delle regioni in base a propri poteri su avvocati, notai, commercialisti, giornalisti, radiologi, biologi; nonché i criteri per individuare le zone a rischio sismico, per cui a parità di rischio un’area appenninica può essere considerata edificabile oppure no a seconda di dove corre il confine regionale . E dulcis in fundo il ministero dell’Istruzione verrebbe spogliato dalle funzioni di valutazione del sistema scolastico e di indire i concorsi; e il ministero dell’Università dovrebbe rinunciare persino a coordinare la partecipazione italiana a programmi internazionali di ricerca.
Ma Calderoli, oltre a marciare a spron battuto sul processo di cessione alle Regioni del Nord delle competenze dello Stato, accelera il percorso per raggiungere l’obiettivo dell’Autonomia differenziata tanto caro a Veneto e Lombardia, fregandosene del duro documento dei sindaci, delle perplessità delle province, del voto contrario di Emilia Romagna, Toscana, Puglia e Campania. Sorprende non poco che i presidenti delle regioni meridionali, con in testa l’onorevole Schifani, pur sapendo che il disegno di Legge del ministro leghista ammazza il Sud e aumenta le diseguaglianze tra il Nord e il Sud hanno votato a favore.
Di fronte a tutto questo mi chiedo, che senso ha parlare di Nazione, invocare ad ogni piè sospinto lo spirito di Patria, se poi alle parole non seguono i fatti?
Ma, nella pratica, che fare di fronte a questo disegno che sfascia l’unità nazionale e spoglia di funzioni importanti i comuni?
La manifestazione del 17 marzo indetta dall’Anci a Napoli e una prima importante risposta, ma a questa – se si vuole costringere il ministro leghista a più miti consigli – debbono seguirne altre. Dico questo perché trattandosi di una norma ordinaria al governo per farla passare in Parlamento basterà apporre la fiducia. Ecco perché debbono scendere in campo, ora e subito, sindacati, associazioni imprenditoriali, ordini professionali, studenti. Solo una mobilitazione generale può fare uscire dall’ambiguità alcuni partiti e costringere il governo nazionale a rinunciare a questo disegno della Lega. Un disegno che distrugge l’Unità nazionale, ammazza il Sud e calpesta il diritto dei cittadini meridionali a godere degli stessi servizi di cui godono i cittadini delle Regioni del Nord.