SICILIA – La Sezione riunite della Corte dei Conti ha sospeso il giudizio di parificazione del rendiconto della Regione per il 2020 contestando numerose irregolarità nel conto economico e nel conto patrimoniale oltre che il risultato di amministrazione e ha deciso di sollevare la questione di legittimità costituzionale del ripiano del disavanzo di 2,2 miliardi che era stato spalmato in dieci esercizi finanziari mentre per i giudici andava fatto in tre anni.
Dunque nel prossimo bilancio il governo regionale dovrebbe accantonare 866 milioni di euro in attesa del pronunciamento della Consulta.
«Abbiamo ascoltato il pronunciamento della Corte e la questione della legittimità costituzionale che è stata sollevata a proposito del decreto legislativo firmato dal presidente del Cdm e dal Capo dello Stato, che consentiva alla Regione di spalmare il proprio debito in dieci anni. Pur non condividendo tale iniziativa che, a onor del vero, avrebbe potuto essere portata avanti un anno fa e non lo è stata, ci attiveremo perché il Governo e il Parlamento nazionali possano confermare tale facoltà. Riguardo alle altre partite che sono state contestate, le valuteremo per apportare i dovuti correttivi», ha dichiarato il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, al termine dell’udienza pubblica della Corte dei Conti per la parificazione del rendiconto generale della Regione per l’esercizio finanziario 2020.
«Sollevare la questione di legittimità costituzionale – ha osservato l’assessore all’Economia Marco Falcone – non è paralizzante per l’attività amministrativa e finanziaria della Regione Siciliana. È doveroso in questa fase rassicurare i cittadini, i dipendenti, le imprese e gli attori sociali a vario titolo sul fatto che la tenuta economica della Regione non è in discussione. Rimaniamo convinti della piena legittimità del decreto legislativo che consente il ripiano del disavanzo in dieci anni ma, per dirimere e velocizzare la soluzione della questione, ci confronteremo con il Governo nazionale e il Parlamento per ottenere in tempi brevissimi la condivisione di una norma che risolva il problema e il conflitto tra poteri dello Stato (Corte costituzionale e Governo nazionale), sollevato oggi dalla Corte dei conti».
Non sono mancati i commenti politici a quanto stabilito dalla Corte dei Conti: “Il PD – ha dichiarato il segretario regionale e deputato PD all’Ars, Anthony Barbagallo – ha denunciato più volte, in questi anni, che i conti della Regione non tornano. Abbiamo detto e ripetuto che le operazioni messe in atto dal governo Musumeci erano soltanto artifizi per camuffare lo stato disastroso dei conti. Ora Schifani, prendendo spunto dalla pronuncia di oggi, avvii una fase di confronto parlamentare che miri veramente alla messa posto del bilancio e dei conti. Lo faccia partendo da una politica di gestione oculata e senza la mano larga e la leggerezza avute dal governo Musumeci”.
“Una parifica che non arriva da parte della Corte dei Conti è il peggior segnale che poteva esserci, ha detto il deputato regionale di Forza Italia Nicola D’Agostino. Nessuna colpa del governo Schifani, solo responsabilità dell’amministrazione Musumeci. Non ci convince la sottovalutazione del problema da parte dell’assessore Falcone: dichiarare di richiedere una norma apposita significa ammettere le ragioni della Corte dei Conti, dunque che il buco c’è, creando un allarme sociale sulle condizioni del bilancio che richiedono addirittura la necessità di “salvare la Sicilia”. Segnali pessimi, sarebbe stato più intelligente una discontinuità con il passato per tentare di ottenere clemenza. Siamo nei guai perché la Corte dei Conti ha ragione. L’unica soluzione è chiedere al Governo nazionale un miliardo di euro cash!”.