Una beffa per la scuola del Sud Italia, ecco come l’autonomia differenziata potrebbe danneggiare il mezzogiorno – Comu veni si cunta #35

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Salve a tutti e ben ritrovati nella rubrica di Hashtag Sicilia “Comu Veni Si Cunta“.

Questa sera vi parlerò di autonomia differenziata: una questione che riguarda molto da vicino tutti noi che viviamo nel Sud Italia.

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Ma cos’è l’autonomia differenziata? E’ il frutto amaro – a mio giudizio – dei referendum del 2017 tenutesi in Veneto e in Lombardia, che mina alla base le fondamenta dello stato unitario, perché prevede la sottrazione, per alcune materie, di poteri allo Stato per trasferirle alle regioni.

Parliamo oggi di tutto ciò perché in questi giorni il Ministro per gli Affari regionali, il senatore Roberto Calderoli ha presentato una bozza di “Legge quadro”, fatta di sette articoli, che se viene approvata così come è, comporterebbe che le Regioni del Nord potranno chiedere più competenze, più personale e più soldi su 23 materie concorrenti con lo Stato, tra le quali c’è anche la scuola.

Una materia, la scuole, per la quale oggi lo Stato spende 50 miliardi di euro l’anno, di cui 35 regionalizzati, vale a dire attraverso le regioni.

Alcune Regioni settentrionali (Veneto e Lombardia), chiedono maggiori competenze, più personale e più soldi perché ritengono che per la scuola ricevono dallo Stato meno soldi rispetto a quanto ricevono le Regioni del Mezzogiorno d’Italia.

Le pretese di queste Regioni scaturiscono quindi da questo assunto, cioè  dal fatto che loro ricevono dallo Stato 3.800 euro l’anno per ogni studente, mentre la Basilicata ne riceve 5.600, la Sicilia 4.900, la Campania 4.600. Considerato che la media nazionale, standard è pari a 4.346 euro utilizzando questo parametro nella ripartizione delle risorse a tutte le Regioni, come chiedono i governatori Zaha e Fontana, il risultato sarebbe quello di togliere 1,4 miliardi di euro l’anno  al Mezzogiorno per stornarle  al Veneto e alla Lombardia.

Un taglio, a mio giudizio, che non ha ragione d’essere. Questo perché, se è vero che la scuola nel Sud Italia è più costosa sia in rapporto agli abitanti sia, come è più corretto conteggiare, in rapporto agli studenti; è anche vero che questo apparente maggior costo non è il frutto amaro di inefficienze e sprechi – come si ostinano a sostenere alcuni governatori del Nord – bensì la conseguenza di una situazione economica e sociale a tutti nota.

Una situazione che da un lato costringe i giovani insegnanti del Sud a partecipare ai concorsi nelle scuole del Nord (per la carenza di lavoro nel proprio territorio); e quindi dall’altro lato ovviamente favorisce la concentrazione di docenti più anziani (che hanno stipendi più alti) proprio al sud.

Ecco perché in Lombardia lo Stato spende 3.800 euro l’anno per studente, mentre  in Sicilia, in Campania e in Basilicata ne spende rispettivamente 4.900 euro – 4.600 – 5.600 euro l’anno per ogni studente.

Una differenza di costo che si spiega, come già accennato, con il fatto che la paga di un docente è molto bassa nei primi anni di insegnamento e poi gradualmente cresce fino a raddoppiare a fine carriera l’importo iniziale.

Quindi gli insegnanti che lavorano nel Sud Italia costano di più non perché la gente del Sud è sprecona e inefficiente , ma per un semplice meccanismo contrattuale, del quale non è responsabile nessuna Regione, né nessun istituto scolastico, né tanto meno il singolo professore.

Ne consegue che se venissero dati più soldi alle Regioni del Nord il risultato sarebbe che la Scuola del Nord migliorerebbe ulteriormente, mentre quella del Sud peggiorerebbe ancora di più.

Si determinerebbe, per dirla in parole povere, una situazione simile a quella che si è verificata con la regionalizzazione della Sanità.

Vale a dire  aumenterebbe la differenza già altissima tra la scuola delle Regioni del Nord e la scuola delle Regioni del Sud.

Questo accadrebbe senza avere stabilito prima quanto previsto dall’articolo 117 della Costituzione, senza cioè attuare i cosiddetti LEP, i Livelli essenziali delle prestazioni nei servizi sociali, tra cui appunto la scuola.

La logica infatti vorrebbe che prima si stabilisse lo standard minimo da garantire a tutte le Regioni, quindi a tutte le scuole, e solo dopo si potrebbe pensare all’autonomia differenziata!

Che fare dunque prima che si abbatta sul Mezzogiorno, a partire dell’anno scolastico 2024 – 2025, quest’altra mannaia?

Scopriamolo insieme questa sera! Appuntamento alle ore 21.00 in prima visione assoluta sulla nostra pagina Facebook e sul nostro canale Youtube. Non mancate!

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