“Noi siamo Giorgia”. Questa mattina noi italiani ci siamo svegliati così: con l’incipit del celebre tormentone della Meloni che si è manifestato in prima persona plurale, come una grande affermazione collettiva e democratica. Per alcuni è un sogno, per altri un incubo; ma piaccia o non piaccia è comunque tempo per tutti di svegliarci e guardare la realtà.
E capire che, in fondo, questa non è una sorpresa. In realtà tutti lo ripetiamo da anni, questo tormentone. In un modo o nell’altro, per scherzo oppure no, ce lo abbiamo avuto tutti almeno una volta sulle labbra.
E non ha senso essere scontenti oggi del risultato elettorale, perché a prescindere dallo slogan, i messaggi, le idee, i modi di fare e di pensare di Giorgia Meloni fanno parte di noi italiani da tempo – anche da prima che lei nascesse. E lei è potuta emergere, a cent’anni quasi esatti dalla marcia su Roma del movimento con la “fiamma” che lei ha nel simbolo del partito – solo perché è il prodotto di ciò che siamo noi come società. In un certo senso è il risultato più puro della democrazia da anni a questa parte, è lo specchio di ciò che siamo, e soprattutto di ciò che non siamo riusciti a migliorare in noi.
E anche per questo non ha senso lamentarsi oggi. Se vogliamo davvero la democrazia, la democrazia è questa. Ma c’è chi rifiuta questa verità, chi si sente in qualche modo “superiore” alla Meloni e a ciò che esprime, e arriva a credere che “la colpa” (perché la vedono come una colpa) che lei abbia avuto successo sia degli altri, quando invece bisognerebbe semplicemente guardarsi allo specchio.
Perché è molto più facile puntare il dito contro i “fascisti” (diventati uno stereotipo vero e proprio), contro gli italiani arrivisti e gli arrampicatori sociali, contro gli stupidi, i bigotti e i frustrati e contro qualsiasi altra categoria estremamente semplificata si interpreti come colpevole. Ma questo è un errore, mi dispiace deludervi – e deluderCi perché io stessa ero caduta in questo errore fino a qualche tempo fa -, la “colpa” è nostra. La “colpa” è tua.
E’ quando una persona a te vicina dice una cosa razzista o sessista ma tu non dici nulla per evitare di fare discussioni.
E’ quando sei nel traffico e mandi a quel paese qualcuno nella tua esatta situazione perché ti ha fatto perdere dieci secondi in più di tempo.
E’ quando senti crescere in te il disappunto per qualcuno che si veste e si mostra diversamente da ciò che la società ritiene accettabile, e poi non ti sforzi di superarlo.
E’ quando stai per buttare qualcosa e te ne freghi della differenziata.
E’ quando parcheggi senza pensare alle regole e senza tenere conto se dai fastidio a qualcuno.
E’ quando un amico ti dice un qualcosa di scomodo, ma al posto di rifletterci ti offendi e lo attacchi.
E’ quando qualcuno per strada ti sta iniziando a parlare per proporti qualche prodotto, per intervistarti, o per qualsiasi altro motivo ma tu parti già con l’idea di svicolarti il più velocemente possibile per non farti “deviare” dal percorso che segui con i paraocchi.
E’ tutte quelle volte che ti accontenti, è tutte quelle volte che pensi che dovresti cambiare lavoro, partner, situazione, e poi non lo fai mai.
Tutto questo, tutta queste serie di scelte personali e di interazioni con gli altri crea la nostra realtà; ed è chiaro che al momento del voto va ad emergere una persona che è lo specchio di queste nostre decisioni.
Quindi se vuoi evitare la Meloni devi migliorare te stesso, non puntare il dito sugli altri. Nel frattempo, in bocca al lupo a Giorgia, in bocca al lupo a noi, in bocca al lupo all’Italia.