Sociosanitario, la denuncia delle associazioni di categoria (Confcooperative Sicilia, ConfcooperativeSanità, Uneba Sicilia, CORESI-AIAS): «Le case di cura private si confermano ‘asso pigliatutto’ dei fondi regionali. L’assessorato alla Salute aumenta il budget per la riabilitazione, ma continua a dimenticare i centri riabilitativi, che attendono da anni l’adeguamento delle rette per le prestazioni»
CATANIA – «Siamo agli sgoccioli della diciassettesima legislatura regionale, con le elezioni alle porte, e l’assessorato alla Salute emana un decreto con cui assegna un cospicuo aumento di budget e prestazioni, a beneficio esclusivo delle case di cura private. Una mossa che avvantaggia solo alcuni, a danno di tutte quelle realtà che non sono case di cura, ma che operano da decenni nel settore della riabilitazione e costituiscono imprescindibili presidi di salute sul territorio». La denuncia arriva dai presidenti delle associazioni di categoria Confcooperative Sicilia, Confcooperative Sanità, Uneba Sicilia,CORESI-AIAS, rispettivamente Gaetano Mancini, Adolfo Landi,Santo Nicosia e Armando Sorbello, che rappresentano enti riabilitativi e assistenziali siciliani, cosiddetti “ex art. 26”, contando una forza lavoro di migliaia di operatori e un bacino di altrettanti utenti con disabilità. «Con il decreto assessoriale n. 720 dell’8 agosto scorso, pubblicato in Gurs, vengono autorizzatitrattamenti ambulatoriali di fisioterapia e altre specializzazioni affini, per importi tariffari che variano da 90 a 170€ – spiega Gaetano Mancini –; si tratta di cifre notevoli, che assicurano alle case di cura private ampi margini di guadagno, con cui sostenere l’assunzione di alte professionalità sanitarie e assorbire, in regime di oligopolio, l’utenza attualmente in carico presso i centri di riabilitazione». Gli fa eco Adolfo Landi: «Tale decreto crea condizioni di concorrenza sleale ed è concreto il rischio, per gli ex art. 26, di trovarsi sguarniti sotto il profilo professionale: si verificherà certamente un travaso di operatori verso le case di cura, allettati da condizioni contrattuali ed economiche che i cdr, impoveriti dal mancato adeguamento delle rette per le prestazioni erogate, non potrebbero mai sostenere». Una mossa, questa dell’assessorato regionale alla Salute, che svuota di valore e contenuti l’attività ultracinquantennale dei centri di riabilitazione per persone con disabilità. La interpreta così Santo Nicosia, che mette l’accento sull’aggravamento delle difficoltà patite dalle realtà assistenziali, complice la pandemia: «Non solo l’emergenza Covid, cui, pur con grandi disagi, abbiamo fatto fronte con lo spirito di servizio che ci contraddistingue. Adesso, con queste nuove disposizioni assessoriali, siamo costretti a fare i conti, da un lato, con un ingiustificato allargamento delle maglie, a beneficio di pochi top player; dall’altro, con una prevedibile emorragia di personale e assistiti. I centri di riabilitazione che rappresentiamo non operano a scopo di lucro e, senza il necessario sostegno del Servizio sanitario, non possono migliorare e ampliare l’offerta».
Di “disparità di trattamento”, nei confronti degli enti ex art. 26,parlano anche 45 centri di riabilitazione AIAS, e i loro consorzi presenti in tutte le provincie siciliane, rappresentati da Armando Sorbello: «Ci occupiamo, da oltre 50 anni, di riabilitazione di soggetti fragili, erogando servizi di qualità alla nostra utenza. Da quasi 20, chiediamo a gran voce, inascoltati, il necessario adeguamento delle rette per le prestazioni, cosa che si riflette negativamente sui livelli occupazionali e retributivi, creando evidenti disparità di trattamento tra gli operatori del settore». Le associazioni di categoria chiedono un incontro urgente con l’assessore Razza: «Riteniamo inaccettabile – concludono i presidenti delle sigle – che i cdr vengano tagliati fuori da operazioni così sbilanciate».