Economia, migliora la previsione PIL 2022 (+0,5 punti), ma pesano rischi e bolletta energetica. Ecco i dati di Confartigianato Studi

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Le previsioni d’estate della Commissione europea confermano gli effetti negativi della guerra di aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina, avviando l’economia europea su un percorso di crescita più bassa e inflazione più elevata rispetto a quanto indicato nelle previsioni di primavera. Nel 2022 l’economia dell’UE dovrebbe registrare una crescita del 2,7%, che nel 2023 i riduce all’1,5%. La crescita nella zona euro dovrebbe attestarsi al 2,6% nel 2022, per poi scendere all’1,4% nel 2023, mentre in Italia il tasso di crescita del PIL del 2022 sarebbe del 2,9% per poi flettere allo 0,9% nel 2023. Si prevede che l’inflazione media annua raggiunga i massimi storici nel 2022, attestandosi al 7,6% nella zona euro e al 7,4% in Italia, per poi scendere rispettivamente al 4,0% e al 3,4% nel 2023. Le ultime previsioni Banca d’Italia pubblicate venerdì scorso nel Bollettino economico, nello scenario base indicano una crescita del 3,2% nel 2022 e dell’1,3%nel 2023.

Rispetto alle previsioni di primavera pubblicate a maggio, la crescita prevista per il 2022 si riduce di 0,1 punti nell’Eurozona, di 0,2 punti in Germania, di 0,7 punti in Francia, mentre in Italia aumenta di 0,5 punti. Al contrario, per il prossimo anno per l’Italia la crescita di ferma allo 0,9%, più che dimezzando l’1,9% previsto dalla Commissione a maggio; la revisione è ampia anche per Germania (1,1 punti in meno, da 2,4% di maggio a 1,3% di luglio), mentre è più contenuta per la Francia (0,4 punti in meno, da 1,8% a 1,4%).

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Le cause del rallentamento – La riduzione della crescita nell’Unione europea è determinata dalla concretizzazione di eventi negativi: la prolungata invasione dell’Ucraina da parte della Russia, le pressioni al rialzo sui prezzi dell’energia e delle materie prime alimentari che alimentano le tensioni inflazionistiche, la riduzione del potere d’acquisto delle famiglie e una accentuazione del profilo restrittivo della politica monetaria.

Cina e bolletta energetica – L’economia europea e quella italiana rimangono vulnerabili all’elevata dipendenza dai combustibili fossili russi e all’indebolimento della crescita mondiale. L’analisi dei dati pubblicati ieri dall’Istat evidenzia due fattori di rallentamento del ciclo economico italiano: la frenata dell’economia cinese e il forte aumento della bolletta energetica.

In Cina la politica ‘zero Covid’ e i lunghi e diffusi  lockdown stanno determinando una caduta delle importazioni: a maggio l’export verso la Cina crolla del 9,1% (dopo il -15,9% di aprile) con una perdita complessiva del 4,3% nei primi cinque mesi del 2022 a fronte di un aumento medio del 22,6% delle vendite del made in Italy nel mondo.

A maggio 2022 i prezzi all’importazione di petrolio e gas risultano pressochè raddoppiati (+93,2%), portando il valore cumulato degli ultimi dodici mesi delle importazioni di energia a 91.860 milioni di euro, il 163,3% in più rispetto ad un anno prima. Prosegue la salita della bolletta energetica  che arriva, nell’ultimo anno, a 71.148 milioni di euro, pari al 3,8% del PIL, avvicinando il precedente picco del 4% registrato nell’autunno del 2012. Il saldo import-export di energia sale di 45.775 milioni in dodici mesi, equivalente a 2,4 punti di PIL in più, peggiorando il trend registrato in precedenza e rappresentando la crescita su base annua più rapida di sempre.

A febbraio 2022, prima dello scoppio della guerra, il saldo import-export di energia su base annua era di 54.332 milioni di euro: in tre mesi di guerra è salito di 16.816 miliardi, ad un ritmo di 5.605 miliardi al mese.

I rischi – Sul quadro macroeconomico permangono rischi elevati, dipendenti dall’evoluzione del conflitto e dall’approvvigionamento di gas in Europa. Un ulteriore consolidamento dei prezzi del gas farebbe aumentare ulteriormente l’inflazione, rallentando la crescita. Secondo lo scenario avverso stimato da Banca d’Italia, nel quale la guerra, a partire dal terzo trimestre del 2022, porti ad una completa sospensione delle forniture di materie prime energetiche dalla Russia della durata di dodici mesi, la crescita si porterebbe al di sotto dell’1% nel 2022, mentre registrerebbe una contrazione di quasi il 2% nel 2023.

Un inasprimento delle condizioni finanziarie comporterebbe anche maggiori rischi per la stabilità finanziaria, mentre una maggiore incertezza tende a comprimere gli investimenti. Ulteriori effetti recessivi potrebbero derivare da una recrudescenza della pandemia. Va peraltro considerato che nell’analisi della Commissione europea sono ipotizzati possibili segnali espansivi: “le recenti tendenze al ribasso dei prezzi del petrolio e di altre materie prime potrebbero intensificarsi, determinando un calo dell’inflazione più rapido di quanto attualmente previsto. Inoltre, grazie a un mercato del lavoro forte, i consumi privati potrebbero rivelarsi più resilienti all’aumento dei prezzi se le famiglie utilizzassero maggiormente il risparmio accumulato.

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