Ecco alcuni suggerimenti su come godersi lo spettacolo accompagnati da appunti di storia dell’astronomia, da Mercurio a Nettuno
Per lungo tempo si è pensato che il sistema solare fosse costituito da cinque pianeti, oltre ovviamente alla Terra. Qualunque fosse il modello cosmologico usato, da quello geocentrico, in cui si poneva il nostro pianeta al centro dell’universo, a quello eliocentrico copernicano, che invece spostava la Terra in una posizione un po’ più periferica, concedendo alla stella Sole la posizione centrale, i nomi degli oggetti in movimento, distinti dal cielo delle stelle fisse, erano sempre gli stessi: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno, a cui si aggiungeva la Luna. Il motivo era presto detto: in assenza di strumenti ottici in grado di ampliare le capacità visive, gli astronomi si affidavano alle capacità notevoli, ma comunque limitate, dell’occhio nudo, e quelli – definiti “pianeti”, termine che deriva dal greco e che significa “errante”, “vagabondo” – erano, assieme a qualche migliaio di stelle, gli unici oggetti luminosi visibili senza alcun ausilio per l’occhio.
Scorrendo la storia dell’astronomia, chi si accorse per primo che esistevano anche altri oggetti nel sistema solare fu Galileo Galilei, che, usando finalmente un cannocchiale, in una celebre osservazione datata 7 gennaio 1610 annotò alcune “stelle” in prossimità del disco di Giove. Queste “stelle” nei giorni successivi cambiarono posizione, tanto da spingere Galileo a definirli “astri erranti” (come si trova scritto nel Sidereus Nuncius, il trattato dello stesso anno in cui annunciò le sue prime scoperte astronomiche fatte grazie all’uso del cannocchiale autocostruito) e a formulare l’ipotesi che orbitassero attorno a Giove.
La scoperta delle quattro principali lune di Giove – poi battezzate Io, Europa, Ganimede e Callisto e definite in onore dello scopritore “satelliti galileiani” – fu fondamentale perché indirettamente supportava la teoria copernicana: il fatto che esistessero oggetti che orbitavano attorno a un altro pianeta significava che non tutto orbitava attorno alla Terra!
Il numero di pianeti rimase comunque fermo a sei fino al 13 marzo 1781, quando l’astronomo tedesco (ma naturalizzato britannico) William Herschel scoprì uno strano oggetto, diverso da una stella, e ne annotò l’osservazione. In un primo momento Herschel pensò di aver scoperto una nuova cometa, ma le osservazioni successive ne dimostrarono la natura di pianeta, a cui venne poi attribuito il nome di Urano. Incidentalmente il pianeta Urano – il settimo in ordine di distanza dal Sole – avrebbe anche potuto essere scoperto prima dell’avvento del telescopio, perché ha una luminosità apparente poco sopra il limite di visibilità a occhio nudo, ma nessuno, evidentemente, l’aveva notato in movimento rispetto alle stelle fisse.
Si dovette poi attendere il 23 settembre 1846 prima di scoprire quello che, al momento, è l’ottavo e ultimo pianeta del sistema solare: Nettuno. A differenza della scoperta di Urano, che fu del tutto casuale, quella di Nettuno fu invece il trionfo della meccanica celeste: la sua esistenza venne infatti dedotta dall’osservazione dell’orbita di Urano, il cui moto non era regolare come ci si attendeva. Il calcolo delle perturbazioni gravitazionali sulla traiettoria del pianeta permise di dedurre l’esistenza di un altro corpo di grandi dimensioni oltre la sua orbita e di calcolarne quasi esattamente la posizione in cielo. In pratica Nettuno è stato il primo pianeta scoperto prima “a tavolino” e poi osservato al telescopio.
L’osservabilità in cielo dei pianeti visibili a occhio nudo – ovvero dei cinque pianeti noti sin dall’antichità – è varia ed eventuale: i pianeti con orbite interne a quella della Terra, come Mercurio e Venere, sono visibili solo all’alba e al tramonto, perché angolarmente non si allontanano mai troppo dal Sole, mentre quelli esterni, Marte, Giove e Saturno (ma anche Urano e Nettuno), in alcuni periodi si possono osservare anche per tutta la notte. Ma vederli tutti quanti assieme sopra l’orizzonte in un colpo solo è un fenomeno piuttosto raro. Ancora più raro è vederli in fila ordinata, dal più vicino al Sole, Mercurio, al più lontano, Saturno, e infatti capita una volta ogni circa 20 anni. Il fatto interessante è che il mese di giugno 2022 è proprio il mese giusto per osservare questo spettacolo del cielo.
Già dall’inizio del mese, infatti, questi pianeti hanno iniziato una “danza” in cielo, che nei giorni a cavallo del solstizio estivo – che quest’anno cade il 21 giugno – li porterà a essere visibili in una sorta di “parata”, nello stesso ordine con cui si trovano alle varie distanze dal Sole: Mercurio, Venere, Marte, Giove e Saturno. Il momento propizio è poco prima dell’alba e la finestra di visibilità non è molto ampia (circa un’ora), perché più il Sole si avvicina all’orizzonte per sorgere, maggiore sarà la luce dell’aurora che inonderà il cielo, rendendo infine i pianeti invisibili. Ma per vedere Mercurio, che resta angolarmente sempre molto vicino al Sole, queste sono le condizioni, prendere o lasciare (infatti Mercurio è, fra i pianeti visibili a occhio nudo, il più elusivo e difficile da osservare).
Per scorgerli, uno in fila all’altro, occorre prima di tutto puntare i nostri occhi verso est, poco sopra l’orizzonte, ed è lì che troveremo Mercurio, pronto a essere “assorbito” dalla luce solare. Per questo motivo è importante individuare una postazione osservativa che abbia l’orizzonte est completamente libero, altrimenti c’è il rischio che Mercurio sia nascosto da qualche ostacolo naturale o artificiale (come un palazzo, se si osserva dalla città). Poi, piano piano, spostando il nostro sguardo verso sud e più in alto in cielo, troveremo Venere, estremamente brillante e quindi facile da individuare, poi Marte, Giove e, infine, Saturno.
Potremmo già essere soddisfatti di aver assistito a questa “parata di pianeti”, ma non è finita qui. Già, perché in questi giorni la parata viene passata in rassegna dalla Luna, che il 21 giugno è all’ultimo quarto, e si trova non lontana da Giove. Ma se abbiamo un binocolo o piccolo telescopio possiamo anche andare oltre e osservare Urano e Nettuno. Anche questi due pianeti saranno infatti sopra l’orizzonte nello stesso momento e nella stessa zona di cielo. Il primo si troverà fra Venere e Marte, quindi a est, mentre Nettuno sarà visibile a sud-est, fra Giove e Saturno. Certo, non saranno in fila ordinata come gli altri, ma in un solo istante avremo davanti ai nostri occhi tutti i pianeti del sistema solare, la Luna… e la Terra sotto i nostri piedi. (Per non parlare del Sole, che starà per sorgere.) Tempo meteorologico permettendo, è un’occasione da non perdere, anche perché la prossima ricapiterà nel 2040, al tramonto, poi l’anno successivo, nel 2041, di nuovo all’alba. Buone osservazioni!
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