Continuano gli appuntamenti con la nostra rubrica “Comu veni si cunta”, in aperta ostilità contro tutti quei fatti e opinioni che non condividiamo e contro quei personaggi che dovessero assumere decisioni in contrasto con gli interessi della Sicilia, delle piccole e medie imprese e con l’impresa diffusa, con l’etica e la legalità.
Questa sera parleremo di Ecobonus, il meccanismo ideato dal secondo governo Conte per risanare il patrimonio edilizio italiano e favorire la transizione ecologica.
Un meccanismo che prevede la concessione di un credito di imposta a favore dei proprietari di immobili e di condomini; che, a seconda che si tratti di ristrutturazioni, bonus facciate e/o eliminazione anche del rischio sismico, poteva arrivare all’origine sino al 110 per cento.
Il credito d’imposta secondo il governo di allora sarebbe stato ripagato da un maggiore gettito fiscale. Insomma si trattava, e si tratta, di un meccanismo del quale avrebbero beneficiato tutti:
- proprietari di immobili, singoli e in condominio;
- imprese di tutte le dimensioni, compresi gli artigiani, incaricati di eseguire i lavori;
- ingegneri, architetti, geometri impegnati nella progettazione delle opere; operai, naturalmente.
Grazie anche e soprattutto a questo meccanismo, il PIL italiano dopo la pandemia ha fatto registrare una crescita considerevole, un vero e proprio boom, manifestatosi anche con un incremento di oltre 60 mila nuovi occupati nell’edilizia.
Un meccanismo che ha prodotto i suoi effetti grazie alla cessione del credito alle banche o alle assicurazioni, visto che gran parte dei committenti non avrebbero potuto anticipare le somme né godevano di una situazione tale da garantire loro la possibilità di beneficiare dell’agevolazione nell’arco di uno o due anni.
Poiché con questa norma ci hanno guadagnato tutti qualcuno si chiederà, legittimamente, perché ne parlo.
Ne parlo perché quella che è stata, e può essere ancora, una grande opportunità rischia di trasformarsi in un vero e proprio fallimento.
Un vero e proprio calvario perché, dalle informazioni in nostro possesso, pare che il 70 per cento di questi crediti sia bloccato (si tratta insomma di soldi che le ditte non riescono più a trasformare in liquidità), con la conseguenza che migliaia di imprese sono al collasso, centinaia di cantieri sono interrotti, migliaia di operai sospesi o licenziati, architetti, ingegneri e geometri non pagati.
Ma a perderci da questa situazione è anche lo Stato che non incassa il maggior gettito fiscale previsto.
Ma perché si è inceppato un meccanismo ritenuto da tutti perfetto?
Secondo alcuni perché le banche hanno esaurito la capacità di recuperare i bonus.
Il governo d’altra parte ritiene che il meccanismo si sia bloccato a causa delle truffe e della necessità di varare nuove norme in grado di evitarle.
Secondo altri – e noi siamo tra questi – perché il governo ha operato una stretta introducendo delle limitazioni al numero delle cessioni di credito alle banche.
Una misura ,quest’ultima, dettata dalla volontà di scovare e combattere le truffe e dall’esigenza di far fronte all’aumento dei costi delle materie prime.
La questione quindi risiede nel blocco delle acquisizioni dei crediti d’imposta delle aziende e della possibilità della loro conversione; blocco che non sembra però legato solo all’esaurimento della tax capacity, vale a dire alla capacità di recuperare i bonus, visto che alcuni istituti continuano ad acquisire il credito mentre altri si rifiutano.
Ma se il problema – come a me pare – non è solo questo, a cosa è dovuta la frenata del governo e perché non si sblocca la situazione nonostante qualche correzione fatta?
Secondo me la frenata e un certo ripensamento del meccanismo del Superbonus accennato dal presidente Draghi sono riconducibili al fatto che il governo non immaginava che sarebbero maturati 40 miliardi di crediti tra la fine del 2021 e i primi mesi del 2022 (secondo l’ENEA, l’Ente Nazionale per l’Efficientemento Energetico sarebbero 27 5 i miliardi richiesti in Italia per tutti cantieri legati al Superbonus, alle ristrutturazioni e al bonus facciate; mentre i lavori eseguiti ammonterebbero a19 miliardi. Di questi, circa 2 miliardi sono stati richiesti solo in Sicilia).
Che fare di fronte a una situazione che rischia di gettare sul lastrico migliaia di imprese, maestranze, tecnici e lasciare in bilico migliaia di condomini?
Scopritelo insieme a noi questa sera! Appuntamento alle ore 20.00 sui nostri canali social. Non mancate!