CATANIA – La polemica sorta in seguito alle dimissioni dell’assessore Balsamo, cui vanno riconosciuti impegno e sensibilità, è altamente rappresentativa del grado di considerazione del mondo delle imprese da parte della classe politica catanese. Di fronte a un atto che accende i riflettori su questioni delicatissime – legate al rischio di non poter rinnovare le concessioni di suolo pubblico agli esercenti e le licenze agli ambulanti – e sulle ovvie ricadute di talune scelte sul tessuto socio-economico della nostra città, le parti politiche si sono limitate a spostare il focus del dibattito sulle prossime scadenze elettorali, senza spendere una sola parola per gli imprenditori colpiti da tali provvedimenti.
E così, mentre a Palermo si dispone il rinnovo automatico delle concessioni agli ambulanti, a Catania si parla di elezioni regionali e si opta per il bando di gara, mettendo a repentaglio la continuità aziendale di oltre duemila imprenditori. La cosa non ci sorprende, considerato come nel capoluogo etneo da anni non esista dialettica politica alcuna sui temi legati alla vita delle aziende. Basti pensare che il regolamento che ha subordinato il rinnovo di tutte le concessioni e le autorizzazioni di suolo pubblico concernenti attività produttive o commerciali alla regolarità del pagamento dei tributi locali (un risultato delle mere indicazioni del Decreto Crescita, serenamente ignorate dalla stragrande maggioranza di enti locali in Sicilia e in Italia e a Catania, invece, applicate senza tenere conto dei tanti mesi di chiusura obbligata e delle perduranti limitazioni delle attività, della lunga assenza di turisti stranieri con ovvia conseguente assenza di introiti e, da ultimo, dell’abnorme aumento del costo di bollette e materie prime) è stato approvato dal Consiglio Comunale senza un solo voto contrario.
E che dire del regolamento Tari? Modificato il 30 giugno 2021 in netto contrasto sia alla legge, in quanto non riconosce la possibilità per le utenze non domestiche di conferire al di fuori del servizio pubblico i propri rifiuti urbani, sia alle indicazioni ministeriali, che specificavano chiaramente che per le attività artigianali e industriali produttrici di rifiuti speciali e urbani andavano escluse dalla tassazione non solo le superfici dove avvengono le lavorazioni, ma anche i magazzini di materie prime, di merci e di prodotti finiti. Anche in questo caso, il Consiglio comunale ha approvato la proposta dell’amministrazione senza confronto con le parti sociali e, ancora una volta, senza voti contrari, costringendo le imprese a sopportare costi maggiori e a perdere potere competitivo nei confronti dei concorrenti ubicati in altri comuni.
Che dire inoltre dei controlli degli impianti termici resi obbligatori dalla Legge n. 10/1991? Una misura importantissima che avrebbe assicurato lavoro alle imprese, occupazione per tanti giovani, ma anche sicurezza dei cittadini e rispetto dell’ambiente. Per trent’anni l’amministrazione locale è riuscita a evitarne l’applicazione, finendo addirittura per farsi esautorare dalla Regione, non certo un campione di interventismo su simili tematiche. Come dire che l’elefante si è fatto battere in velocità dalla tartaruga.