Comu veni si cunta #21 – Il prezzo economico della guerra in Ucraina. Come sostenere famiglie e imprese?

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Buona sera e ben ritrovati nella rubrica di Hashtag Sicilia “Comu Veni Si Cunta“ questa sera, anche se sono tentato di intrattenervi sui rischi che corre il Mezzogiorno d’Italia sui Fondi del Recovery, vi parlerò sul prezzo economico della guerra e sul dovere di sostenere famiglie e imprese.

Lo farò però dopo avervi detto che i rischi che corre il Sud sulle risorse del Recovery emergono leggendo le 154 pagine della Relazione predisposta dal Dipartimento per le politiche di coesione; rischi che sono riconducibili:

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● alla mancanza di indirizzi precisi nel PNRR circa il ruolo che può avere il Mezzogiorno nella crescita dell’economia italiana;

● nel fatto che ogni testa è un tribunale, vale a dire che ciascun ministero sta utilizzando i criteri che ritiene più opportuni per territorializzare gli interventi, a prescindere se viene rispettato il vincolo di legge che assegna il 40 per cento degli investimenti al Sud;

● nella difficoltà da parte delle istituzioni locali del Sud a predisporre i progetti per i tantissimi bandi.

Ecco perché il Ministero dell’università e della ricerca si permette di non rispettare il vincolo del 40 per cento nel bando per i progetti di ricerca di interesse nazionale.
Ministeri dunque che avrebbero il dovere di rispettare per primi i vincoli di legge e di aiutare quegli enti locali del Sud che hanno difficoltà a progettare per l’assenza di valide professionalità e che, invece, non lo fanno.

E se non lo fanno il presidente Draghi non può stare a braccia conserte, deve intervenire, “dicennu chi non si po’ iucare a futti cumpagnu” e facendo capire a tutti – con le buone o con le cattive – che se non si investe al Sud l’Italia non ci si salva e non si cresce.

Detto questo vengo subito al prezzo economico di questa guerra tanto inaspettata quanto insensata e al dovere da parte di chi ci governa di tutelare famiglie e imprese.

Capisco che l’ansia di chi governa è di tranquillizzare l’opinione pubblica che è sconvolta e impaurita davanti al pericolo di una terza guerra mondiale e tuttavia nelle situazioni complesse e difficili si ha anche il dovere di dire la verità, di dire come stanno le cose, di dire che siamo alla vigilia di una drammatica recessione economica.

Questo perché se la guerra scatenata da Putin non si ferma si arriverà sia al blocco delle forniture petrolifere (o perché l’Europa interromperà le importazioni per piegare la Russia o perché Putin deciderà di rispondere alle sanzioni dell’Occidente con la rappresaglia di non fornire più gas), sia al blocco degli approvvigionamenti di alcune materie prime provenienti dall’Ucraina, come il grano e l’argilla.

Con la conseguenza che si bloccheranno o si ridurranno in modo consistente le produzioni dell’industria alimentare e della industria delle piastrelle.

Il problema maggiore, dunque, non è dover subire il caldo in estate, o soffrire il freddo il prossimo inverno, bensì la chiusura di tanti stabilimenti e di molte attività artigianali, e della disoccupazione dei dipendenti.

Di tutto questo si discute poco, partiti e media parlano esclusivamente delle distruzioni, delle atrocità della guerra, delle responsabilità dei massacri, come purtroppo è giusto che sia, ma occorre nel contempo dire senza infingimenti come stanno le cose.

Dire cioè che nonostante lo sforzo diplomatico fatto con l’appoggio dell’Eni, finalizzato ad aumentare le forniture delle importazioni del gas dall’Algeria e dalla Libia e l’aumento del gas liquefatto americano avremo comunque bisogno almeno di altri 15 miliardi di metri cubi di gas, la metà dei 30 miliardi che ogni anno importiamo dalla Russia.

Se così fosse i prezzi già altissimi che raggiungerebbe il costo del metano il prossimo inverno subirebbe un rialzo del 10per cento, superando 220 euro al MWh (Megawattora) e i prezzi delle bollette raddoppierebbero.

Lo stesso discorso vale ovviamente anche per la luce. Oggi infatti il Pun, il prezzo unico nazionale sulla borsa elettrica è di circa 250 euro al MWh (Megawattora).

Quindi se la guerra non finisce gli acquisti di gas e petrolio, e di grano in particolare, saranno condizionati dal conflitto e la stabilità di famiglie e imprese, cioè dei due più importanti operatori economici, subirà effetti devastanti.

Di tutto questo, di come il governo intende fronteggiare questa emergenza, e degli sforzi diplomatici in atto, parleremo questa sera durante la nostra prima visione!
Appuntamento alle ore 20.00 sui nostri canali social. Non mancate!

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