Immaginate di svegliarvi presto, molto presto. Magari fa un pò freddo ed un giovedì, esattamente come oggi.
Siete ancora in dormiveglia, e probabilmente nella vostra mente stanno iniziando a passare dei pensieri su cosa potrete fare oggi. Come succede a tutti, ogni giorno.
Forse non sapete ancora che questo non sarà un giovedì qualunque. Ma lo scoprirete presto.
Perché a svegliarvi saranno degli sconosciuti che, senza alcun preavviso, butteranno le vostre cose in dei furgoni della spazzatura; e saranno accompagnati da degli altri, altrettanto sconosciuti, che vi chiederanno di cambiare vita immediatamente, sul posto.
Ecco, questo è esattamente quello che è successo giovedì scorso a 15 persone senza fissa dimora nei pressi di Piazza della Repubblica a Catania. Ma andiamo con ordine.
I fatti
E’ giovedì 17 marzo, e sono le 7 del mattino. Nei pressi di Piazza della Repubblica si avvicinano delle vetture da cui scendono agenti e ispettori della Polizia Municipale, insieme ad operatori della Dusty e dell’equipe dell’unità di strada.
Cosa avviene? Ciò che è già successo, in quell’esatto posto, almeno un’altra volta da luglio 2020 ad oggi: gli incaricati dal comune fanno sgomberare i senza fissa dimora che da anni si aggirano nei pressi di Corso Sicilia, quello che avrebbe dovuto essere il simbolo della “Catania bene”, della “Catania moderna”.
Quel che sappiamo per certo è che durante queste operazioni almeno alcuni degli oggetti personali dei senza fissa dimora sono stati buttati nel camion della Dusty. Tra questi ci sono, per certo, le tende e i materassi usati dai senzatetto per rendere più vivibile la loro condizione.
Le associazioni Auser Catania, Arbor unità di strada, Arci Catania e I Siciliani giovani affermano in una nota che “Ogni bene delle persone senza fissa dimora è stato gettato nei camion dei rifiuti, […] anche gli effetti personali. Solo l’intervento di alcuni attivisti e il buon senso di alcuni isolati funzionari ha impedito che anche le cose messe in salvo in altre zone della piazza venissero gettate”
Invece il comune di Catania nel suo comunicato stampa tiene a precisare che: “Il personale della Dusty dopo avere fatto raccogliere gli effetti personali alle persone, […] ha caricato diversi quintali rifiuti di vario genere sui mezzi della nettezza urbana”.
Ma, a prescindere dalla verità su questa “piccola grande” questione degli effetti personali dei senzatetto, che comunque dimostrerebbe l’umanità e l’approccio reale con il quale sono state condotte queste operazioni; cosa resta da dire?
Ricoveri, dormitori e strutture per senza fissa dimora a Catania
In tutti i comunicati stampa che abbiamo letto sulla vicenda (e che vi abbiamo riportato nei giorni scorsi integralmente per dar voce come sempre a tutti) si è fatto riferimento al fatto che, dopo l’operazione di sgombero gli assistenti sociali abbiano offerto alle persone soluzioni alternative per dove vivere.
Ma nessuna nota del Comune e di coloro che si sono dichiarati favorevoli all’iniziativa ha specificato con esattezza e precisione quali siano queste soluzioni, né i nomi di qualsiasi struttura.
Difatti nel comunicato stampa del comune troviamo la dicitura “un ricovero nelle strutture di accoglienza per l’emergenza”, e in quello della UGL “valide alternative”.
Ma a cosa si fa riferimento esattamente?
Cercando sul sito ufficiale del Comune di Catania la parola “Ricovero” scopriamo un documento, la cui ultima modifica risale al 2019, nel quale sono elencati i possibili punti di Ricovero per la popolazione in caso di emergenza; ma queste sono semplicemente della aree potenzialmente adibite dalla protezione civile per ospitare i cittadini in caso di necessità momentanea, come un terremoto ad esempio.
Tra queste figurano anche zone come la cittadella universitaria, il parcheggio dei due obelischi e numerosi campi di calcio dell’area comunale, che come sappiamo attualmente non sono certo adibiti a ricoveri; ma potenzialmente potrebbero diventarlo in caso di necessità.
Così come, semplicemente volendolo, potrebbero diventarlo stabilmente anche gli innumerevoli immobili di proprietà del comune di Catania, che attualmente sono vuoti ed in disuso, ma che con qualche migliaio di euro potrebbero essere risistemati.
Però, allo stato attuale, nonostante questi problemi, qualche soluzione per i senzatetto di Piazza della Repubblica ci sarebbe comunque, ed apparentemente è anche stata loro proposta più volte.
Allora perché la situazione non si è risolta, qual è il problema?
Dare una sistemata gli effetti, e non agire sulle cause
Come dichiarato dall’Assessore Andrea Barresi – deleghe dell’ambiente, della nettezza urbana, della polizia municipale e del decentramento – in suo post su Facebook: “tutto è stato rigorosamente eseguito rispettando i senza tetto in quanto gli stessi sono stati invitati per mesi e mesi ad andare presso le strutture convenzionate con il comune di Catania!!!, ma purtroppo nessuno di loro ha voluto accettare l’invito”.
Prima di entrare nel merito delle sue dichiarazioni ci chiediamo come mai sia proprio l’Assessore Barresi – approdato in Comune nel 2013 con la lista “Grande Catania” a sostegno di Stancanelli e poi riconfermato nel 2018 con la lista “In campo con Pogliese” – ad essersi occupato così attivamente di questa vicenda degli sgomberi.
Difatti questa delicata questione richiederebbe più che altro interventi di assistenza sociale di natura continuativa, e quindi ad essere coinvolto maggiormente dovrebbe essere l’assessore Giuseppe Lombardo, con deleghe appunto ai Servizi Sociali e alle Politiche per la Famiglia. Invece se né è occupato Barresi, un assessore con delega alla nettezza urbana. Come mai?
Questa è forse una scelta politica e di pensiero, che porta l’amministrazione ad affrontare la questione dei senza tetto di Piazza della Repubblica a partire dalle sue conseguenze, piuttosto che dalle sue cause?
Gli effetti sull’ambiente e sul decoro urbano del permanere di queste persone sono infatti solo una conseguenza dei loro problemi sociali, e non la causa ultima da cui partire per affrontare la questione…
Seguendo questo filo logico si può dire che davvero le persone senza fissa dimora siano state trattate letteralmente come spazzatura, perché è proprio questo l’approccio che si è adottato, è stato addirittura impiegato l’assessore preposto!
Ma com’è, come non è, ormai se ne è occupato Barresi, è un dato di fatto. E quindi torniamo al merito delle sue parole: se anche fosse vero che tutto si è svolto con rispetto, e che praticamente tutti i senza tetto della zona rifiutano, e hanno sempre rifiutato anche in passato, le sistemazioni offerte; per gestire le conseguenze delle scelte di questa ventina di persone quali soluzioni si sono attuate?
Gli interventi, come spiegato nel corso dell’articolo, sono stati due, identici tra loro: sgomberi forzati. E che risultati hanno dato? Vediamolo insieme.
La situazione attuale: una “non soluzione”
Ma in definitiva, ad una settimana da questo controverso sgombero, qual è la situazione?
La vediamo da queste foto, scattate proprio da me che scrivo questo articolo lungo il tragitto che percorro ogni mattina per andare in redazione.
I senza tetto sono rimasti esattamente lì, oggi, come ieri, come anche dopo il primo sgombero voluto dalla giunta Pogliese il 14 Luglio del 2020 – che, se fosse stato un giovedì, sarebbe stato ironicamente proprio perfetto per ricollegarci all’inizio del nostro articolo.
Ciò che è cambiato è semplicemente l’assenza di alcune tende e materassi, che almeno rendevano più vivibile la situazione delle persone senza fissa dimora. Per il resto loro ci sono ancora, così come i loro problemi.
Quindi una settimana fa si è semplicemente ripetuta un’operazione che aveva già fallito due anni prima. E come sappiamo, continuando a fare le medesime azioni, avendo il medesimo contesto e le medesime premesse, non si può che ottenere sempre lo stesso risultato.
Come spesso avviene si è pensato a correggere i sintomi di un problema, piuttosto che curare le cause; e invece di aiutare in modo continuativo i senza tetto, parlando con loro giornalmente (e non una tantum) per cercare di risolvere i loro problemi sociali – che li portano addirittura a rifiutare una sistemazione più comoda che vivere per strada – si è scelto di gettare la spugna, e letteralmente trattarli come rifiuti.
E se questa è l’esempio di società nella quale dovrebbero essere reinseriti, allora non ci sentiamo neanche di dare il 100% dei torti alla loro volontà di rimanere ai margini di questo modello.