Tante sono le questioni sulle quali vorrei parlare e ricamare: dalla vittoria in Cile del candidato di Apruebo Dignitad, che riunisce il Frente amplio di sinistra e il partito comunista, Gabriel Boric, un leader di 35 anni che si è richiamato a Salvador Allende, al fatto che l’Italia è l’unico paese nel quale, tra il 1990 e il 2020, i salari dei lavoratori sono diminuiti del 2,90 per cento, mentre in Germania sono aumentati del 33,70 per cento, in Francia del 31,10 per cento, in Grecia del 30,50 per cento, in Irlanda del 85,50 per cento.
Su tutto questo non dico nulla parlerò, invece, della Questione delle Camere di Commercio siciliane o meglio della norma, approvata dal Parlamento nazionale su iniziativa degli onorevoli Stefania Prestigiacomo di FI, Paolo Ficara e Filippo Scerra dei 5/Stelle, Nino Minardo della Lega e Fausto Raciti del PD, che scorpora Siracusa e Ragusa dalla Camera di Commercio di Catania, istituisce un’altra Camera di Commercio e mette, per intanto, le due province scorporate insieme a Caltanissetta, Agrigento e Trapani. Una iniziativa quella portata avanti dai parlamentari anzidetti divenuta Legge, che va ricordato, non è frutto di un capriccio, bensì da un esigenza del territorio, in particolare di Siracusa e Ragusa a cui il vestito confezionato dalla cosiddetta Riforma del sistema camerale va troppo stretto.
Una novità, quella di istituire un’altra Camera di Commercio che avrebbe dovuto essere accolta da tutti positivamente e aprire un confronto costruttivo tra tutte le associazioni imprenditoriali partendo da una valutazione seria sul modo di essere delle Camere di Commercio in questi anni e sulla loro capacita di rispondere ai problemi del sistema delle imprese. Questa novità legislativa, invece, è stata accolta:
● con contrariatà e fastidio, da parte di qualche associazione imprenditoriale come se qualcuno avesse rotto loro le uova nel paniere;
● con ipocrisia e spirito di conservazione da parte di chi vorrebbe che restasse sempre tutto fermo, come se quello che fu scritto nella cosiddetta Riforma del sistema camerale fosse una sorta di totem, di testo sacro immutabile;
● e con una certa scompostezza, visto che qualcuno si è spinto ad accusare di aver commesso un reato penale, una legge dello Stato e un’ iniziativa parlamentare. Un’enormità per la quale si potrebbe dire: al ridicolo non c’è mai fine!
A questa sorta di controffensiva di chi vuole che resti tutto fermo hanno fatto da corollario le dichiarazioni di Unioncamere siciliana e di alcuni sindaci che si sono detti contrari all’applicazione della legge sostenendo, udite udite, di parlare entrambi a nome degli imprenditori, senza aver ricevuto nessun mandato da parte della maggioranza delle associazioni imprenditoriali né tanto meno dagli imprenditori medesimi, se non forse da qualche associazione o da qualche cortigiano abituato a sostare nelle segreterie dei primi cittadini.
Dico questo perché leggendo le cronache risulta che tutte e quattro le associazioni artigiane (Cna- Uplaclai- Casartigiani-Confartigianato), Confesercenti, le due Centrali Cooperative (Confcooperative e Lega delle Cooperative) e la Confagricoltura si sono dichiarate d’accordo con la Legge, anzi hanno sollecitato un confronto con il governo regionale affinché sia applicata subito la legge.
Ma perché si vuole che resti tutto fermo, che non si disturbi il manovratore e che non si risponda alle esigenze dei territori?
Si vuole lasciare le cose come stanno per mantenere il controllo assoluto della SAC, della società di gestione dell’aeroporto di Catania. Si di quell’aeroporto, per il quale si diceva, mentre stava per quotarsi in Borsa, che la strada maestra era quella della vendita mediante gara, aggiungendo – gonfiandosi il petto – che la gara si poteva fare subito, nel giro di qualche mese.
Solo che sono trascorsi quasi 5 anni e della gara e della privatizzazione sembra che si siano perse completamente le tracce.
Ma a prescindere dalle opinioni che si possono avere sulla privatizzazione mi chiedo : cosa c’entra l’aeroporto con un diverso assetto delle Camere di Commercio siciliane ? Perché su una questione che tocca la vita concreta delle imprese non si discute, invece, se le Camere di Commercio siciliane in questi anni hanno risposto alle aspettative suscitate dalla riforma o ai problemi derivanti dalla pandemia ?
Poiché alle imprese, piccole, medie o grandi che siano interessa che le Camere di Commercio si dimostrino all’altezza dei loro problemi e capaci di aiutarli a risolverli penso che sarebbe meglio smetterla di menar il can per l’aia e di sedersi tutti attorno a un tavolo per trovare la quadra.
Dico questo perché chi si gonfia continuamente il petto per apparire invincibile mi fa pensare alla favola del bue e delle rane.
Una favola con la quale Esopo voleva dire solo una cosa: “la presunzione può indurre all’autodistruzione“.
Quindi la si smetta con le prove di forza e il governo e i partiti, in particolare quelli che ambiscono a governare l’Isola, escano dalla latitanza e diano una mano a trovare una soluzione ragionevole che soddisfi le esigenze del territorio e dia un assetto al sistema camerale rispondente ai bisogni delle imprese e di chi ci lavora.
Di tutto questo e della favola di Esopo parleremo questa sera alle ore 20.00 nella rubrica di Hashtag Sicilia “Comu Veni Si Cunta“. Seguiteci in prima visione sui nostri canali social.