Rapporto del Centro studi di Unimpresa: si sgonfia l’effetto delle garanzie statali sugli impieghi bancari. I finanziamenti alle imprese sono scesi del 2,6% nell’ultimo anno, da 677 a 659 miliardi: -20 miliardi i crediti di breve periodo, -19 miliardi quelli fino a 5 anni e +22 miliardi quelli di lungo periodo. In netta controtendenza il credito alle famiglie (+20 miliardi) trainato dal boom dei mutui (+17 miliardi). Prosegue la pulizia dei bilanci bancari dalle sofferenze, calate di 18 miliardi tra ottobre 2020 e ottobre 2021. Il vicepresidente Spadafora: «Gli istituti snobbano il paracadute dello Stato, dopo averlo usato, durante la pandemia, per sostituire i vecchi finanziamenti con quelli nuovi, coperti dallo scudo del Mediocredito Centrale o della Sace»
Si sgonfia l’effetto delle garanzie statali sui prestiti bancari: negli ultimi 12 mesi, infatti, sono diminuiti di oltre 18 miliardi di euro i crediti alle aziende italiane. Da ottobre 2020 a ottobre 2021, lo stock degli impieghi delle banche verso le imprese è calato da 677,5 miliardi a 659,2 miliardi con una contrazione che sfiora il 3%. Va decisamente meglio sul versante dei finanziamenti alle famiglie, saliti di 20,6 miliardi (+3%), da 638,5 a 659,2 miliardi, trainati dalla crescita dei mutui, aumentati di oltre 17 miliardi (+4%). Questi i dati principali del rapporto mensile sul credito realizzato dal Centro studi di Unimpresa, secondo il quale nell’ultimo anno è proseguita la diminuzione delle sofferenze: il totale dei prestiti non rimborsati è passato da 64 miliardi a circa 46 miliardi, in discesa di oltre 18 miliardi (-28%). «È evidente che il paracadute dello Stato non interessa più le banche. Adesso gli istituti snobbano questa misura, dopo averla usata, durante la pandemia, per sostituire i vecchi finanziamenti con quelli nuovi, coperti dallo scudo del Mediocredito centrale e della Sace» commenta il vicepresidente di Unimpresa, Giuseppe Spadafora. «Il settore bancario ha tratto un enorme beneficio da quell’aiuto pubblico, che in teoria era nato per assicurare liquidità alle imprese in un periodo particolarmente avverso. Il risultato finale, però, è assai deludente: anzitutto perché di denaro fresco ne è arrivato ben poco, al netto delle sostituzioni di prestiti; e poi perché i rischi delle banche sono stati scaricati sulle finanze pubbliche e quando le linee di credito coperte da Mediocredito Centrale e Sace non verranno più rimborsate con regolarità, a pagare saranno, come sempre, i contribuenti. Il solito giochetto che porta a socializzare le perdite e privatizzare i profitti» aggiunge Spadafora.
Secondo il rapporto del Centro studi di Unimpresa, per quanto riguarda le imprese, sono in ripresa i finanziamenti di lungo periodo (oltre 5 anni, saliti di 22,2 miliardi (+6,54%), passando da 339,6 miliardi a 361,8 miliardi, mentre quelli di medio periodo (fino a 5 anni) sono calati di 19,5 miliardi (-10,94%), da 178,6 miliardi a 159,1 miliardi e si è registrata una contrazione di 20,8 miliardi (-13,12%) di quelli a breve periodo (fino a 1 anno), scesi da 159,1 miliardi di ottobre 2020 a 138,3 miliardi di ottobre 2021. In totale, lo stock di impieghi alle aziende è sceso di 18,2 miliardi (-2,69%) passando da 677,5 miliardi a 659,2 miliardi. Tale andamento è in netta controtendenza rispetto a quanto osservato tra settembre 2019 e settembre 2020, periodo nel quale i finanziamenti bancari alle imprese – sostenuti dalle garanzie statali introdotti con i vari decreti approvati per far fronte all’emergenza Covid – erano aumentati di 60 miliardi, con una variazione positiva del 13%. «Questo tipo di lettura non viene condiviso dalle associazioni delle banche, che, tuttavia, si limitano a fornire il solo dato relativo alla variazione percentuale, sostenendo che il calo dello stock sarebbe legato anche alle cartolarizzazioni e altre cessioni di crediti deteriorati: si tratta di una impostazione che, tuttavia, allo stato, consente di scattare una fotografia parziale rispetto alla dinamica degli impieghi e che, pertanto, potrà eventualmente essere presa in considerazione, soltanto quando sarà eventualmente fornita la più ampia informazione su queste operazioni. Ciò al fine di mettere a disposizione dell’opinione pubblica un confronto omogeneo fra statistiche comparabili, evitando di offrire una ridda di numeri poco utile» osservano gli analisti del Centro studi di Unimpresa.
Diverso l’andamento registrato, negli ultimi 12 mesi, sul versante dei finanziamenti alle famiglie: in totale, lo stock di impieghi, è salito di 20,6 miliardi (+3,23%), passando da 638,5 miliardi a 659,2 miliardi. La crescita è legata prevalentemente all’incremento dei mutui casa per 17,6 miliardi (+4,54%), saliti da 389,7 miliardi a 407,4 miliardi. Positivi, ma con meno enfasi, invece, sia il credito al consumo (più 2,3 miliardi, in crescita del 2,20% da 109,2 miliardi a 111,6 miliardi) sia i prestiti personali (più 560 milioni, in aumento dello 0,49% da 139,6 miliardi a 140,2 miliardi). Complessivamente, il totale dei prestiti bancari al settore privato è salito di 2,4 miliardi (+0,18%), dai 1.316,1 miliardi di ottobre 2020 ai 1.318,5 miliardi di ottobre 2021.
Prosegue la pulizia dei bilanci bancari dal credito ammalorato. Le sofferenze, nell’ultimo anno, sono diminuite di 18,6 miliardi (-28,74%), da 64,7 miliardi a 46,1 miliardi. Le rate non pagate dalle aziende sono scese di 14,3 miliardi (-33,15%) da 43,1 miliardi a 28,8 miliardi; quelle non pagate dalle famiglie sono calate di 1,8 miliardi (-13,65%), da 13,2 miliardi a 11,4 miliardi; gli “arretrati” delle imprese familiari, poi, sono scesi di 2,08 miliardi (-36,79%), da 5,6 miliardi a 3,5 miliardi; mentre le altre sofferenze (pubblica amministrazione, onlus, assicurazioni e fondi) sono lievemente calate di 411 milioni (-15,28%), da 2,6 miliardi a 2,2 miliardi. Le sofferenze nette (ovvero quelle non coperte da garanzie reali), sono calate di 7,7 miliardi (-31,54%), da 24,5 miliardi di ottobre 2020 a 16,7 miliardi di ottobre 2021. Nell’ultimo anno, il rapporto tra sofferenze e prestiti è migliorato, passando dal 4,92% al 3,50% (dall’1,86% all’1,27% considerando le sole sofferenze nette). «Per quanto riguarda i crediti deteriorati, è possibile una inversione di tendenza il prossimo anno, quando scadranno le garanzie statali sui finanziamenti: uno stop che, vista ancora la situazione incerta a livello globale, potrebbe mettere in seria difficoltà le imprese del nostro Paese. Auspichiamo pertanto, in linea con il suggerimento del presidente dell’Abi Patuelli, che il governo possa intervenire con una misura specifica nella legge di bilancio all’esame del Parlamento» osserva ancora il vicepresidente di Unimpresa.