Nelle prime ore di oggi 9 novembre, su delega di questa Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – personale della locale Squadra Mobile e della Squadra Investigativa del Commissariato di P.S. di Adrano ha eseguito un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali, emessa in data 02.11.2021 dal GIP presso il Tribunale di Catania su richiesta dell’Ufficio del pubblico ministero che ha coordinato le indagini, a carico di 12 soggetti, accusati, a vario titolo, dei delitti di associazione per delinquere di stampo mafioso, associazione per delinquere con l’aggravante di aver favorito un clan mafioso finalizzata alle truffe aggravate ai danni dello Stato e ai falsi ideologici, truffe e falsi.
Il provvedimento restrittivo, accogliendo la richiesta cautelare, ha applicato a carico di:
- LAZZARO Pietro nato l’11.06.1977;
- DI STEFANO Vito, nato ad Adrano il 15.08.1955, già detenuto per altra causa;
- TOMASELLI Angelo, nato ad Adrano il 22.04.1969;
la misura cautelare della custodia in carcere, in quanto gravemente indiziati di essere associati al clan mafioso “Santangelo–Taccuni”, operante prevalentemente nel territorio di Adrano e costituente un’articolazione territoriale del clan “Santapaola-Ercolano”, nonché di essere capi e promotori dell’associazione per delinquere finalizzata alle truffe aggravate ai danni dell’INPS ed ai falsi ideologici.
Inoltre, con la stessa ordinanza, sono state cumulativamente applicate le misure cautelari dell’obbligo di presentazione alla P.G., dell’obbligo di dimora nel territorio del comune di dimora abituale, con ulteriore obbligo di non allontanarsi dalla propria abitazione per alcune ore del giorno a carico di altri nove indagati, in quanto accusati del delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di una serie indeterminata di delitti di truffa e falso in danno dell’INPS e dei connessi delitti di truffa e falso.
Le indagini sono state effettuate dall’anno 2018 sino a tutto il 2020. All’esito delle stesse emergeva l’esistenza di un radicato ed organizzato sodalizio stabilmente dedito ad organizzare, mediante falsa documentazione, una serie di truffe ai danni dell’INPS al fine di fare conseguire benefici ed indennità a numerosissimi soggetti che venivano fatti risultare – contrariamente al vero – quali braccianti agricoli. In pratica, attraverso delle ditte compiacenti o addirittura costituite proprio a tal fine, si facevano risultare falsamente a favore di soggetti compiacenti un numero di giornate lavorative nel settore dell’agricoltura idoneo a far percepire, indebitamente, le indennità di disoccupazione, nonché di maternità e malattia, da parte dell’INPS.
Le indagini consentivano di ricostruire l’esistenza di una vera e propria struttura criminale, che, attraverso la collaborazione di soggetti che si prestavano ad intestarsi fittiziamente ditte operanti nel settore agricolo, predisponeva e trasmetteva all’INPS le domande per ottenere le indennità di disoccupazione e dei connessi benefici fiscali, previdenziali ed assistenziali, corredate da una serie di false dichiarazioni, a favore di compiacenti falsi braccianti agricoli i quali poi, come da accordi, versavano una quota delle somme ricevute dalla Stato agli stessi organizzatori del sodalizio criminale. Nell’occasione è stato individuato anche un ragioniere, anch’egli destinatario dell’odierna misura, accusato di controllare e curare la corretta tenuta della falsa documentazione.
Il sistema prevedeva, tramite dei procacciatori appartenenti al sodalizio, l’individuazione dei soggetti da fare risultare quali “falsi braccianti agricoli”, i quali erano poi tenuti a versare direttamente all’associazione criminale una quota delle indennità che, a vario titolo, ricevevano dallo Stato in proporzione al numero di false giornate lavorative che la consorteria segnava a loro vantaggio. Il dato di rilievo è dunque che le indennità versate dall’INPS a soggetti che non ne avrebbero avuto comunque diritto andavano poi in parte dirottate a vantaggio degli organizzatori del gruppo criminale che a loro volta, quali appartenenti al clan mafioso “Santangelo-Taccuni”, ne riversavano parte proprio alla famiglia mafiosa, che in tale modo accresceva il proprio radicamento territoriale ed acquisiva potere economico, sottraendo alla naturale destinazione di sostegno a soggetti indigenti rilevanti sovvenzioni pubbliche elargite dallo Stato.
Il collaudato sistema criminale consentiva negli anni all’organizzazione mafiosa di introitare enormi capitali illeciti, per un danno allo Stato di centinaia di migliaia di euro, in considerazione del fatto che all’esito dell’attività investigativa sono allo stato indagati per i delitti di truffa aggravata e falso più di 80 falsi braccianti agricoli.