Yuliya, fuggita dalla Bielorussia, a Palermo per raccontare la dittatura nel suo paese

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Il suo nome è Giulia. Meglio, Yuliya. Yuliya Yukhno Tarasevich. Bielorrussa poco più che trentenne, da qualche tempo gira l’Italia per testimoniare la sua vicenda e raccontare cosa sta accadendo nel Paese dal quale è riuscita rocambolescamente a fuggire. Perché in Bielorussia si vivono giorni drammatici da quando, nell’agosto 2020, il dittatore Aliaksandr Lukashenko ha annullato l’esito delle elezioni che avevano premiato Svetlana Tikhanovskaya e si è autoproclamato vincitore assoluto.

Restando così abbarbicato al potere che controlla ininterrottamente dal 1994: l’ultimo dittatore d’Europa, sopravvissuto persino alla caduta dell’Urss. I mesi successivi all’agosto di un anno fa hanno registrato la brutale cancellazione dei diritti umani. La repressione di ogni forma di dissenso. Hanno visto la perquisizione di media e l’arresto di decine giornalisti. Mentre di giorno in giorno aumentano i casi documentati di torture e carcere persino fino a dieci anni, solo per opinioni invise al regime. Ad oggi sono più di 800 i prigionieri politici. Ma il numero è destinato ad aumentare.

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E’ di tutto questo che Giulia, come usano chiamarla in Italia, parlerà lunedì 18 alle 15,30 nella sede della Cisl Sicilia (piazza Castelnuovo 35, Palermo) dove arriverà invitata da Cisl e Iscos, l’istituto cislino per la cooperazione allo sviluppo. “In Bielorussia – commenta il sindacato – repressione e censura sono attuati senza scrupoli. A tutti i livelli. Anche attraverso la rete. Per questo è importante manifestare solidarietà aperta al popolo bielorusso la cui preoccupazione principale è quella di rimanere senza voce.

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