Da qualche settimana tanti sostengono che l’Italia sia in presenza di una crescita economica strepitosa, e aggiungono che la ripresa sarebbe estesa a tutti i settori; che stanno tornando gli investimenti; che l’export va a gonfie vele e che molti imprenditori dichiarano di non riuscire più a stare dietro agli ordini della committenza.
La crescita è talmente poderosa che si pensa possa superare il 7% del Pil, più alta di quella di Francia e Germania, superiore alla media europea e a quella della stessa Cina. Tanti analisti aggiungono ancora che grazie al green pass – che però non sarà operativo prima di metà ottobre – l’economia avrà una nuova impennata.
Data l’autorevolezza delle fonti sono portato a non nutrire dubbi in proposito, faccio però due osservazioni:
· la prima: la ripresa non è assolutamente omogenea, in quanto la ristorazione, la caffetteria, i trasporti, l’abbigliamento e altre attività indotte non hanno ancora recuperato pienamente;
· la seconda: gli effetti della crescita sono meno forti al Sud per il fatto di avere un tessuto industriale più debole e per una tipologia di imprese meno proiettate verso l’export.
Comunque se le cose stanno come ci vengono raccontate non si può che gioire, in considerazione del fatto che un andamento migliore dell’economia ha un effetto diretto sui conti pubblici perché libera risorse.
Per dare un’idea: se il Pil nella prossima Nota di aggiornamento sarà fissato già al 6% il deficit pubblico scenderebbe dall’11,8 % previsto ad aprile al 10%. Il che concretamente significa una trentina di miliardi di euro di deficit in meno del previsto.
Con un duplice effetto, il primo consiste nella possibilità del governo di avere più spazio per finanziare alcune misure nella Legge di Bilancio, come una prima riduzione delle tasse a lavoratori e imprese; l’altro soddisfare qualche appetito della sua variegata maggioranza.
La necessità di utilizzare bene le risorse che si libereranno con la riduzione del deficit scaturisce dal fatto che la crescita dell’economia non è un dato acquisito per sempre, e che non sappiamo come si evolverà l’aumento del prezzo delle materie prime.
Ciò significa che la ripresa va resa strutturale. Da questo punto di vista le misure approvate nell’ultima riunione del Consiglio dei ministri vanno certamente nella direzione giusta perché: azzerano gli effetti del futuro aumento delle bollette per le famiglie che hanno un ISEE inferiore a 8.265 euro annui oppure nuclei familiari numerosi (con un ISEE di 20 mila euro annui con almeno 4 figli); per percettori di reddito o pensione di cittadinanza e per utenti in gravi condizioni di salute. Vale per tutti, invece, lo sconto sugli oneri generali relativi al gas. Importante anche il taglio dell’Iva al 5% rispetto al 10% per chi consuma meno di 480 metri cubi all’anno, e rispetto al 22% previsto per consumi che superano questa soglia. Inoltre saranno di fatto azzerate le aliquote relative agli oneri generali di sistema per 6 milioni di piccolissime e piccole imprese con utenze in bassa tensione e per 26 milioni di utenze domestiche fino a 16,5 Kw.
Gli Interventi tamponi varati dal governo vanno nella giusta direzione, ma non sono affatto sufficienti per determinare la ripresa strutturale dell’economia.
Per accelerare su questo fronte è indispensabile recuperare il ritardo accumulato sulle riforme e sugli investimenti previste dal Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Questo perché sinora riforme ne sono state approvate solo 8 delle 19 , che in valori percentuali significa il 30 per cento di quelle previste entro fine anno, cosi come definito dal contratto con l’Europa. Per gli investimenti la quota è ancora più bassa : quelli che sono stati definiti sono solo 5 su 24 previsti (21 %)
Per essere ancora più chiari: entro dicembre 2021 l’Italia dovrà raggiungere 51 obiettivi tra riforme e investimenti (attualmente sono stati raggiunti solo 13 obiettivi), altrimenti la prossima tranche di 22 miliardi di euro che dovrà trasferirci l’Europa è a rischio e di conseguenza sono a rischio anche i primi risultati attesi dal Pnrr.
Il presidente del consiglio, oltre ha chiedere a tutti i ministri di accelerare, ha convocato una serie di riunioni della Cabina di regia sul Pnrr. Per capirci di quell’organismo politico che sovrintende al Piano e che , tra l’altro, può attivare la “Leva d’emergenza” ossia sostituirsi alle amministrazioni pubbliche che dovessero ritardare l’attuazione del Piano.
Il presidente Draghi a questo proposito ha le idee chiare e sembra determinato a raggiungere gli obiettivi concordati con l’Europa, quindi c’è da augurarsi che sia in grado di imporre la propria leadership alla sua variegata maggioranza e di sbloccare le riforme. Altrimenti la ripresa di cui si parla sarà breve. E il Piano nazionale di ripresa e resilienza sarà un’altra occasione persa. E gli squilibri territoriali e sociali piuttosto che ridursi si accentueranno ulteriormente.
Salvatore Bonura