Uno studio, frutto della collaborazione tra l’Istituto di fisica applicata “Nello Carrara” del Consiglio nazionale delle ricerche, il Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Firenze ed il Centro studi CAMNES, ha evidenziato come il “Deep Learning”, che utilizza algoritmi basati su reti neurali per l’analisi delle immagini, possa essere adoperato anche per classificare l’antica scrittura geroglifica egizia, gettando le basi per lo sviluppo di nuovi strumenti a supporto della traduzione di testi. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista IEEE Access
Nuova luce sulla comprensione dei testi dell’antico Egitto, anche da semplici scatti fotografici, grazie all’utilizzo del “Deep Learning”, che sfrutta algoritmi basati su reti neurali per l’analisi delle immagini. L’applicazione dell’intelligenza artificiale permette di classificare in modo automatico – con altissima accuratezza e precisone – i geroglifici, indipendentemente dal supporto su cui sono scritti (papiro, pietra, legno). Tale sperimentazione è oggetto di uno studio pubblicato sulla rivista “IEEE Access” da Andrea Barucci e Costanza Cucci dell’Istituto di fisica applicata “Nello Carrara” del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Ifac), Fabrizio Argenti e Marco Loschiavo del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Firenze, in collaborazione con l’egittologo Massimiliano Franci del Centro Studi CAMNES (Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies).
L’applicazione è la testimonianza del felice connubio tra metodologie utilizzate in ambito medico e le scienze umane. “Le tecniche basate sulle reti neurali profonde pervade ormai tutti i campi della conoscenza.” spiega Barucci del Cnr-Ifac ed esperto di analisi di immagini biomediche con tecniche di machine e deep learning. “Noi ci siamo chiesti se tale paradigma poteva essere traslato in un ambito apparentemente distante e diverso, come il riconoscimento di simboli antichi. La nostra esperienza nel campo delle immagini cliniche ci suggeriva che le reti neurali convoluzionali sono strumenti estremamente potenti e versatili, tuttavia la sfida era aperta”.
La ricerca non solo dimostra la possibilità della traduzione automatica di antichi documenti egizi, ma offre nuove prospettive per la risoluzione di questioni aperte quali la codifica, riconoscimento e traslitterazione dei segni geroglifici. L’uso dell’intelligenza artificiale corre in aiuto agli studiosi nell’approfondire diversi aspetti della scrittura. “La topo-sintassi dei segni geroglifici combinati per formare parole; l’analisi linguistica dei testi; il riconoscimento di segni corrotti, riscritti, cancellati; fino alla possibilità del riconoscimento della scuola dello scriba o alla mano dello scultore”, continua l’egittologo Massimiliano Franci. “L’intuizione dell’esperto è ancora fondamentale nell’integrazione delle complesse analisi fornite dagli algoritmi di intelligenza artificiale (AI) e il futuro impone una sempre maggiore armonizzazione fra l’analisi informatica e quella umana. Il nostro studio vuole mettere in luce come gli strumenti di analisi basati sull’AI possano supportare le indagini in campo egittologico, integrandosi col lavoro dell’archeologo (human in the loop)”.
“Questo studio nasce dalla tesi di laurea di Marco Loschiavo.” – prosegue Fabrizio Argenti del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Firenze – “Dal punto di vista ingegneristico eravamo sicuri delle potenzialità degli strumenti di analisi scelti, tuttavia questo era un banco di prova importante, essendo il tipo di applicazione completamente diverso. Abbiamo voluto esplorare un ambito di ricerca nuovo, che si è rivelato estremamente interessante e promettente”.
Il Cnr-Ifac ha nelle sue radici e nelle sue competenze un carattere altamente multidisciplinare. “Nel facilitare lo scambio e la cross-fertilizzazione fra campi di ricerca diversi, come è successo per questo lavoro, sono state unite competenze di egittologia, ingegneria informatica e fisica applicata”, aggiunge Costanza Cucci esperta in analisi di dati in ambito Beni Culturali.
“La speranza”, conclude Barucci, “è che questo primo studio apra la strada verso una stabile collaborazione fra le comunità che si occupano di archeologia e di intelligenza artificiale, per creare nuovi strumenti che facilitino il lavoro degli studiosi delle scritture delle antiche civiltà”.